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Il dolore invisibile

Scritto da Ottavia Scorpati il . Pubblicato in .

A cura di Ottavia Scorpati

Sei milioni di italiani convivono con l’emicrania, una patologia cronica e invalidante che colpisce soprattutto le donne, con un impatto rilevante sulla produttività, sul sistema sanitario e sulla tenuta sociale. Tra ritardi diagnostici, costi sommersi e disuguaglianze di genere, servono politiche pubbliche efficaci, formazione diffusa e un nuovo modello di presa in carico.

In Italia sei milioni di persone convivono con l’emicrania. Due terzi sono donne, spesso giovani, alle prese con una patologia che si manifesta già in età prepuberale o puberale e che incide profondamente sulla vita quotidiana fino a oltre i 50 anni, quando, per molte, i sintomi iniziano ad attenuarsi. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, è la terza malattia più frequente a livello globale, con un’incidenza particolarmente elevata tra le donne. E non è un caso: come sottolinea Piero Barbanti, presidente dell’Associazione Neurologica Italiana per la Ricerca sulle Cefalee, il ruolo degli ormoni sessuali femminili nella patogenesi dell’emicrania è cruciale.

Ma questa non è una semplice cefalea. È una malattia neurologica cronica, invalidante, dagli elevati costi umani, sociali ed economici. Troppo spesso sottovalutata, è percepita anche dai pazienti stessi come “invisibile”, prigioniera dello stigma che la banalizzazione del mal di testa comune le ha cucito addosso. Stephen D. Silberstein, esperto del Sidney Kimmel Medical College, la definisce “una cefalea primaria episodica”, che si manifesta con attacchi ricorrenti, dolorosi, imprevedibili.

Il racconto dei pazienti parla chiaro. Martina, nome di fantasia, ricorda i pomeriggi passati sul divano a vomitare, trascinando l’ansia dei compiti e delle lezioni fino a sera. “Vomitavo lo spavento e l’insicurezza”, dice. Michela confessa: “Non mollo solo perché ho una figlia di 5 anni. Altrimenti vi assicuro che farei a meno di una vita vissuta a metà”. Giulia descrive l’emicrania come una presenza costante: “Dolore e paura sono i padroni. È come se dormissero dentro di noi, pronti a esplodere, divorando ogni nostro pensiero. Questa è la sofferenza dell’anima”.

Gli attacchi, che possono durare da 4 a 72 ore, si accompagnano a un dolore pulsante e spesso unilaterale, che peggiora con lo sforzo fisico. Fotofobia, fonofobia, nausea, vomito e, nel 25% dei casi, aura, completano il quadro clinico. Eppure, nonostante i progressi scientifici e le terapie innovative, il riconoscimento tempestivo dell’emicrania resta un problema. Fondazione Onda, impegnata nel promuovere la salute femminile, lancia un appello: serve costruire una cultura dell’emicrania, abbreviare i tempi della diagnosi e garantire percorsi terapeutici personalizzati e accessibili.

L’Italia è il primo Paese in Europa ad aver riconosciuto la necessità di un approccio di genere alla medicina. La legge 3/2018 impone l’integrazione della medicina di genere in tutte le specialità mediche, inclusa la sperimentazione clinica. Nel 2020, un ulteriore passo avanti: con la legge 81 la cefalea cronica primaria è stata riconosciuta come malattia sociale. Ma la sua attuazione è ancora incompleta. Marialucia Lorefice, presidente della Commissione Affari Sociali della Camera, chiede un decreto attuativo che consenta la sperimentazione di metodi innovativi per la presa in carico dei pazienti, con accesso omogeneo ai farmaci innovativi, in primis gli anticorpi monoclonali.

Fondazione Onda ha riunito associazioni, istituzioni e professionisti nel Manifesto Uniti contro l’emicrania, dieci punti chiave per un’azione concreta. Dalla promozione di campagne di consapevolezza all’accesso tempestivo ai percorsi di cura; dal rafforzamento della formazione dei medici alla promozione dell’innovazione terapeutica; fino alla richiesta di garantire l’applicazione della legge 81/2020. Un approccio multi-stakeholder, che chiama a raccolta tutti gli attori del sistema sanitario e sociale.

La senatrice Paola Boldrini insiste sulla centralità della formazione per medici di base, pediatri, farmacisti e studenti in medicina: il primo contatto con i pazienti è fondamentale per una diagnosi precoce. E per farlo, serve una rete. Istituire tavoli permanenti, aumentare il numero dei centri cefalee, integrare i servizi territoriali e ospedalieri: questi i pilastri per una gestione efficace della patologia.

I numeri parlano chiaro. Il progetto IRON ha rilevato che, in media, servono 20 anni tra l’esordio dell’emicrania e il primo accesso a un centro specializzato. Nel frattempo, l’80% degli esami diagnostici eseguiti è risultato inutile. Il paziente medio consulta tra gli 8 e i 18 specialisti nel corso della sua vita: un pellegrinaggio estenuante alla ricerca di una qualità della vita che troppo spesso sembra un miraggio.

Sul piano economico, l’emicrania costa all’Europa tra i 18 e i 27 miliardi di euro all’anno. In Italia, secondo My Migraine Voice, i costi legati alla perdita di produttività in chi ha almeno 4 giorni di emicrania al mese ammontano a 7,6 miliardi. Il Gema Study dell’Università Bocconi fissa il costo medio per paziente a 4.352 euro annui, di cui il 36% dovuto alla perdita di produttività, il 34% all’assistenza informale, e solo il 25% a spese sanitarie dirette.

Ancora una volta, sono le donne a pagare il prezzo più alto. La malattia colpisce loro in forma più grave, con impatto maggiore sulla qualità della vita. Nonostante ciò, si registrano 51,6 giorni di “presentismo” all’anno (presenza al lavoro nonostante il malessere) contro i 35,6 degli uomini. E nel tempo libero, molte diventano anche punto di riferimento nei gruppi di auto-mutuo-aiuto.

L’emicrania è, secondo Barbanti, “il prezzo pagato da un cervello troppo veloce per sopravvivere a se stesso”. Una manifestazione crudele di eccesso di autodifesa. Per cambiare le cose, le parole non bastano: servono politiche sanitarie coraggiose, interventi strutturati e una rete solida che accompagni ogni paziente, dalla diagnosi alla cura. Solo così il dolore invisibile di milioni di persone potrà trovare finalmente ascolto, risposte e, soprattutto, sollievo.

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