
Il mito che plasma
Scritto da Danilo Pette il . Pubblicato in Voci Aperte.
Ereskigal e la Mesopotamia.
Il Potere dell’Ombra tra Mito della dea dell’oltretomba del Medio Oriente, come l’eredità culturale mesopotamica continua a modellare identità, conflitti e risorse in una regione strategica
La Mesopotamia, definita da sempre come la culla della civiltà, rappresenta un crogiolo di cultura, che ha plasmato non solo l’umanità antica, ma continua a riverberare con forza nel presente contemporaneo. All’interno del vasto pantheon mesopotamico emerge con particolare rilievo la figura di Ereskigal, la dea sovrana dell’oltretomba, un archetipo di potere oscuro e misterioso che simboleggia l’inevitabilità del destino, la dualità della vita e della morte, la luce e l’ombra. Questa divinità non è solo un residuo mitologico, ma un simbolo ricco di significati che riflette e interpreta le dinamiche complesse di una regione strategica che ancora oggi è teatro di conflitti, lotte per il controllo delle risorse naturali e delle rotte commerciali, e di profondi processi identitari.
Il territorio che un tempo era la Mesopotamia si estende oggi principalmente su Iraq, Siria, parte dell’Iran e della Turchia, aree che da millenni rappresentano il nodo cruciale di interazioni tra culture, poteri e economie. Questa regione, attraversata dai fiumi Tigri ed Eufrate, è stata il teatro di nascita di molte delle prime forme di organizzazione statale e di sviluppo urbano, ma anche di narrazioni mitologiche che ancora oggi permeano il tessuto culturale e politico locale. La dea Ereskigal, che regna sul regno dei morti, incarna un principio di controllo invisibile e imprescindibile: la morte come confine ultimo, ma anche come simbolo di potere assoluto, di controllo su ciò che sfugge all’umano. Questo archetipo trova un parallelo nella complessità contemporanea delle relazioni di potere nella regione, dove la gestione delle “ombre” sociali, economiche e politiche rappresenta una sfida costante.
La figura di Ereskigal è strettamente connessa a quella di Inanna o Ishtar, dea dell’amore e della guerra, con cui condivide un dualismo essenziale che riflette le tensioni presenti nell’area: contrasti tra forze opposte, tra costruzione e distruzione, tra vita e morte, pace e conflitto. Questo dualismo si manifesta nei complessi intrecci di rivalità regionali e internazionali che ancora oggi attraversano la Mesopotamia storica, alimentando conflitti civili, crisi economiche e lotte per il controllo di territori ricchi di risorse naturali, in particolare petrolio e gas.
Il mito mesopotamico non è dunque un semplice retaggio archeologico da custodire in musei o siti di scavo, ma un elemento vivo che si intreccia con le narrative politiche ed economiche attuali. La memoria storica di una civiltà tanto antica viene riscoperta e valorizzata come strumento di legittimazione politica, di costruzione identitaria e di resistenza culturale. Stati come l’Iraq e la Siria, dopo decenni di guerre, instabilità e influenze esterne, stanno cercando di riorganizzare la propria narrazione nazionale attraverso il richiamo alle radici storiche comuni, utilizzando figure mitologiche come Ereskigal per rafforzare il senso di appartenenza e la continuità storica. Questi richiami sono spesso elementi di soft power e diplomazia culturale, utilizzati per costruire ponti di dialogo e per promuovere un’immagine internazionale positiva, che possa contribuire a stabilizzare e rilanciare la regione.
Negli ultimi decenni, il Medio Oriente, e in particolare la zona mesopotamica, è stata teatro di eventi cruciali che hanno profondamente modificato gli equilibri geopolitici e socio-economici. La guerra in Siria, la destabilizzazione dell’Iraq dopo l’invasione americana del 2003, la lotta contro l’ISIS e la rivalità crescente tra potenze regionali come Iran, Turchia e Arabia Saudita, ma anche l’ingresso di attori globali come Stati Uniti, Russia e Cina, hanno alimentato una competizione feroce per il controllo delle risorse energetiche, delle rotte commerciali e delle infrastrutture strategiche. In questo contesto, la figura di Ereskigal assume un significato metaforico potente: come dea dell’oltretomba gestisce il confine tra la vita e la morte, così le forze politiche e militari si confrontano sui limiti della sovranità statale, cercando di amministrare non solo territori, ma anche “oltretombe” sociali ed economiche quali povertà, disoccupazione, corruzione e divisioni etniche e religiose.
La regione deve affrontare sono infatti tra le più complesse e urgenti del mondo contemporaneo. La dipendenza quasi esclusiva dalle risorse naturali tradizionali, petrolio e gas, pone la Mesopotamia al centro di una contesa globale, ma anche di una crisi di sostenibilità. La crescente instabilità politica e militare rende difficoltosi gli investimenti, rallenta la crescita e incrementa le disuguaglianze sociali. A queste difficoltà si aggiungono le conseguenze della crisi climatica: la desertificazione, la scarsità idrica e l’aumento delle temperature sono fenomeni che aggravano le condizioni di vita delle popolazioni locali e mettono ulteriormente sotto pressione le risorse naturali. Questi elementi climatici rappresentano nuove “ombre” che, se non affrontate, rischiano di minare ulteriormente la stabilità socio-politica e la capacità di sviluppo della regione.
La valorizzazione del patrimonio storico, che comprende anche la mitologia e le testimonianze archeologiche della Mesopotamia, rappresenta quindi non solo un atto di tutela ma anche un’opportunità economica e diplomatica. Il turismo culturale, se ben gestito, può contribuire alla crescita sostenibile, offrendo occasioni di lavoro e rilanciando le economie locali. Tuttavia, questo patrimonio è esposto a rischi enormi: la distruzione causata dai conflitti armati, il saccheggio e il commercio illegale di reperti archeologici alimentano un mercato nero che sottrae risorse preziose al patrimonio collettivo, mentre le reti criminali che operano nel traffico di antichità contribuiscono a destabilizzare ulteriormente la regione.
Nonostante queste sfide, la resilienza delle popolazioni mesopotamiche emerge come una caratteristica fondamentale, incarnando la capacità di adattamento, resistenza e innovazione culturale. Proprio come Ereskigal, dea dell’oltretomba, che governa con autorità il mondo oscuro, queste comunità affrontano le difficoltà non solo sopravvivendo, ma anche cercando di costruire nuovi modelli di sviluppo inclusivo e di riconciliazione sociale. Le radici profonde e la consapevolezza storica offrono un terreno fertile per iniziative di coesione, che mirano a superare le divisioni etniche, religiose e politiche.
La questione energetica rappresenta una delle problematiche più cruciali per il futuro della Mesopotamia e del Medio Oriente in generale. Il passaggio globale verso le energie rinnovabili e la necessità di diversificare le fonti energetiche mettono in discussione il tradizionale ruolo della regione come centro petrolifero mondiale. Le politiche energetiche locali sono quindi soggette a forti pressioni geopolitiche e economiche, con l’urgenza di attrarre investimenti in settori innovativi e sostenibili. Questa transizione energetica non è solo una sfida tecnologica ed economica, ma anche una trasformazione che incide sulle dinamiche di potere interne ed esterne alla regione.
In questo contesto, il simbolismo di Ereskigal trascende il mero mito per diventare un paradigma interpretativo della realtà contemporanea. Il suo dominio sull’oltretomba simboleggia le forze nascoste e i meccanismi profondi che governano i rapporti di potere, le fragilità sociali e le tensioni economiche. La sua oscurità, che non è solo negazione della vita ma anche parte integrante del ciclo esistenziale, rispecchia le contraddizioni e le complessità di un’area che è al tempo stesso luogo di morte e di rinascita, di distruzione e di speranza.
La storia millenaria della Mesopotamia, con i suoi miti e le sue divinità, diventa così una lente potente per interpretare le sfide attuali, che spaziano dalla gestione dei conflitti alla tutela delle risorse, dall’integrazione sociale alla costruzione di un’identità condivisa. Questo intreccio tra antico e moderno conferisce alla regione una dimensione unica, in cui il passato non è mai completamente separato dal presente, ma continua a influenzarlo profondamente, sia sul piano simbolico che materiale.
Gli effetti di queste dinamiche si propagano ben oltre i confini del Medio Oriente, con ripercussioni globali che coinvolgono i mercati energetici, i flussi migratori e le strategie di sicurezza internazionale. La destabilizzazione di aree chiave come l’Iraq e la Siria ha infatti generato onde d’urto che si sono riflesse in Europa, Asia e Nord America, attraverso la gestione dei rifugiati, le politiche migratorie e le alleanze geopolitiche. Questi fenomeni pongono sfide politiche ed economiche complesse anche nei paesi di arrivo, dimostrando come la storia della Mesopotamia e le sue contraddizioni siano intrecciate in modo indissolubile con le questioni globali.
La figura di Ereskigal, così come il vasto patrimonio culturale e storico mesopotamico, non possono essere considerati soltanto come testimonianze di un passato lontano. Essi rappresentano una chiave interpretativa indispensabile per comprendere la regione in tutte le sue sfaccettature, per leggere le contraddizioni del presente e immaginare strategie di sviluppo e pace sostenibile per il futuro. L’eredità di Ereskigal, custode di un ordine oscuro ma necessario, riflette le complesse sfide di un’area che continua a essere al centro dell’attenzione internazionale, dove mito, identità, potere e risorse si intrecciano in un quadro dinamico e in continua evoluzione, rivelando quanto il passato sia ancora vivo e capace di influenzare profondamente il destino dell’umanità contemporanea.
©Danilo Pette