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Il Supermercato come Luogo di Educazione Sociale e Culturale

Scritto da Agostino Agamben il . Pubblicato in .

A cura di Agostino Agamben



In un mondo dove il consumo quotidiano trascende la mera necessità per diventare un atto identitario, la scelta del supermercato emerge come una nuova dimensione educativa. Le grandi marche non sono più semplici distributori di beni, ma veri e propri agenti formativi, luoghi in cui la relazione con i prodotti e le comunità diventa un processo di formazione sociale e culturale. La spesa quotidiana non è più un atto puramente materiale: essa diventa un gesto esistenziale, una ricerca di qualità, identità e appartenenza che si intreccia con la nostra economia, le nostre relazioni sociali e la nostra visione del mondo. La scelta di dove fare la spesa va ben oltre la convenienza economica: è un atto che interroga la nostra identità, il nostro legame con la comunità e le nostre convinzioni più profonde. In questo contesto, la spesa diventa simbolo di un’appartenenza condivisa, di valori che definiscono e orientano il nostro vivere quotidiano.

La scelta del supermercato, un gesto che si potrebbe apparire come puramente funzionale, risponde in realtà a una serie di dinamiche più sottili e complesse, rivelando una trama di significati e di relazioni che si estendono ben oltre la mera necessità di acquistare beni. Il consumatore di oggi non si limita a scegliere dove acquistare in base alla convenienza economica o alla qualità dei prodotti. In una certa misura, la sua decisione segna la sua adesione a un’identità collettiva, a una comunità che non si definisce solo dai consumi materiali, ma da una forma di partecipazione al mondo. Si pensi, per esempio, ai luoghi del consumo quotidiano: il supermercato, il discount, il negozio di quartiere. Ognuno di questi, con le proprie caratteristiche, definisce non solo il bisogno, ma anche un’esperienza di vita, una condizione esistenziale che si intreccia con la scelta sociale.
Oggi, la spesa quotidiana è il risultato di una costante interazione tra il mercato, il consumatore e l’esperienza che questi ultimi vivono insieme. Non più semplicemente un atto di acquisto, la spesa si fa forma di espressione e di definizione del nostro posto nel mondo. Questo fenomeno, peraltro, non è limitato alla sola osservazione di come e quanto spendiamo, ma si intreccia con l’identità che questi luoghi ci forniscono: il discount, la grande distribuzione organizzata, o le insegne locali, come anche l’espansione dei supermercati online, che rappresentano altrettante modalità di consumo che, in un certo senso, “interpretano” il nostro modo di esistere.
Il supermercato, come un attore sociale, non è più un luogo neutro. Non si limita più a essere la sede in cui si consumano beni, ma diventa, in effetti, un piccolo teatro sociale dove la nostra condizione sociale, la nostra idea di comunità, la nostra ricerca di qualità, si manifestano e si costruiscono attraverso una scelta quotidiana. A partire da questo punto, la domanda fondamentale che dobbiamo porci riguarda la natura di questo consumo, come si inserisce nel nostro quotidiano e quale significato acquista rispetto alla nostra concezione di esistenza. Questo non è solo un esercizio di consumo economico, ma una vera e propria riflessione sul nostro essere nel mondo.
L’indagine di Altroconsumo, condotta su un campione di 12.000 consumatori e con oltre 41.000 esperienze di acquisto, non ha solo confermato una tendenza, ma ha sollevato interrogativi cruciali sul ruolo che il supermercato gioca nella nostra vita. Non è solo una questione di dove acquistare, ma di come e perché decidiamo di entrare in una relazione con un luogo di consumo piuttosto che con un altro. La spesa quotidiana è oggi un atto di riflessione sociale, una scelta che, consapevolmente o meno, dice qualcosa di profondo sul nostro posto in una rete di legami e significati.
La dinamica tra la convenienza economica e la qualità del prodotto è, tuttavia, solo una parte del quadro. Se da un lato i consumatori sono spinti a scegliere in base al prezzo, come nel caso dei discount, dall’altro, la qualità gioca un ruolo altrettanto determinante, non solo sul piano tangibile del prodotto, ma anche in quello della qualità delle relazioni, delle esperienze, e del senso di appartenenza. I discount, ad esempio, non sono più visti semplicemente come luoghi di acquisto, ma come spazi in cui si può percepire una comunità che condivide non solo il desiderio di risparmiare, ma anche una visione comune, un patto implicito che lega insieme i consumatori in un modo che va oltre la semplice transazione economica.
Ciò che emerge chiaramente dalle classifiche di Altroconsumo è che il consumatore non cerca più solo un prodotto conveniente. Esso desidera un’esperienza, una sensazione di sicurezza, di affidabilità e di appartenenza a una comunità che rispecchia i suoi valori. La qualità non è solo un valore materiale, ma un elemento che investe il contesto sociale. Si pensi ad esempio ad Esselunga, che ha saputo costruire una forte identità non solo sulla convenienza dei suoi prodotti, ma sulla qualità delle relazioni con il consumatore e sulla capacità di rispondere alle aspettative di un pubblico sempre più consapevole. NaturaSì, con il suo impegno per la sostenibilità, ha creato un’altra forma di qualità, che si intreccia con la scelta di un’ideologia, un ethos ecologico che va ben oltre la mera consumazione materiale.
In un contesto simile, si manifesta una contraddizione sottile, quella tra il discount, come spazio di risparmio e “accessibilità”, e la qualità che, tuttavia, non è solo legata al bene fisico, ma alla costruzione di una relazione che il consumatore intende instaurare. Laddove la convenienza è il motore principale del consumo, la qualità diventa la chiave per una vera e propria “relazione” che va oltre il semplice atto materiale dell’acquisto.
Le insegne locali, come Iper Tosano e Lando, fanno emergere un ulteriore aspetto di questa dinamica: il legame con la comunità locale e la qualità che nasce dalla relazione concreta con il territorio. In queste catene di distribuzione, la qualità non è solo un attributo del prodotto, ma una componente di un sistema sociale che si fonda sull’identità collettiva, sul sostegno alle economie locali, sulla partecipazione a una vita che si distingue per un’esperienza comune.
Nel panorama del consumo odierno, si inserisce anche un altro fenomeno che merita attenzione: la spesa online. La comodità del digitale ha cambiato il nostro modo di relazionarci con i luoghi del consumo, e anche in questo contesto, la qualità non è meno importante che nei supermercati fisici. Se un tempo la spesa era un’esperienza fisica, il mondo digitale ha reso la relazione con il supermercato più ibrida, creando nuove modalità di interazione tra consumatore e luogo di acquisto. La qualità della spesa online, infatti, non si misura più solo sulla convenienza, ma sulla qualità dell’esperienza, sulla fiducia nei tempi di consegna, sulla trasparenza del servizio e sulla facilità d’uso.
In questo gioco complesso di identità e qualità, emerge una nuova dimensione, quella della mercificazione del gesto quotidiano. Se, infatti, da un lato il consumo ha una funzione pratica, dall’altro esso è pervaso da una logica di interazione che va al di là della semplice acquisizione di beni. Le nuove commissioni bancomat proporzionali al valore della spesa rappresentano un altro elemento che amplifica questa dinamica. Il pagamento elettronico, sempre più diffuso, diventa un altro tassello in questa logica di “ottimizzazione” del consumo, in cui ogni transazione diventa strategica, un atto che implica una riflessione sul valore del bene, sul metodo di pagamento e sul costo aggiuntivo delle commissioni. La nuova normativa sulle commissioni, infatti, solleva interrogativi su come il sistema bancario e commerciale stiano trasformando la nostra esperienza di consumo.
Se il pagamento elettronico diventa sempre più pervasivo, con la logica delle commissioni proporzionali, esso introduce una nuova forma di disuguaglianza, con penalizzazioni più gravi per chi acquista in grande quantità. La commissione diventa una tassa invisibile che va ad appesantire la transazione, portando il consumatore a riflettere non solo sulla qualità dei beni acquistati, ma anche sulle modalità di pagamento. In fondo, ogni acquisto diventa una negoziazione, non solo tra il consumatore e il commerciante, ma anche tra il consumatore e il sistema economico che regola la transazione.
Ma la vera sfida, alla fine, è quella di rendere consapevoli i consumatori di come ogni loro scelta, ogni loro gesto di consumo, non sia mai neutro. In un mondo che si definisce sempre più attraverso il consumo e il pagamento elettronico, il rischio è che il gesto più banale diventi un atto di sottomissione a un sistema che non solo mercifica il nostro tempo e la nostra attenzione, ma anche il nostro modo di vivere.
E così, il supermercato, il discount, l’acquisto online, la commissione proporzionale sul pagamento elettronico, tutto concorre a definire una nuova architettura sociale. Una forma di vita economica che non lascia spazio all’indifferenza e che trasforma il nostro rapporto con il mondo in una continua negoziazione, una partita giocata sulla pelle del nostro desiderio di appartenere, di vivere, di essere parte di una comunità. Ogni scelta economica diventa una domanda sulla nostra identità, sulla nostra relazione con il mondo e con gli altri. Il rischio è che il consumo non solo diventi il mezzo, ma anche il fine della nostra esistenza.

foto di AP. Paniccia

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