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La Mela dell’Economia

Scritto da Agostino Agamben il . Pubblicato in .

a cura Agostino Agamben 

Desiderio, Consumo e Alienazione nel Capitalismo Contemporaneo

La mela, simbolo archetipo di conoscenza, tentazione e peccato, è diventata nel contesto dell’economia globale un oggetto che va ben oltre la sua sostanza naturale. Il suo legame con la nostra condizione esistenziale non è mai stato così profondo come nell’era del capitalismo, dove ogni desiderio sembra rimanere senza fine e ogni promessa di soddisfazione sembra sfuggire continuamente. Se nella tradizione biblica la mela rappresentava la perdita dell’innocenza, oggi essa è il simbolo di un desiderio che non conosce appagamento. Diventa l’emblema di un sistema economico che si nutre della perpetua insoddisfazione, facendo del consumo il motore di una ricerca incessante che non conduce mai a una reale soddisfazione.

In un contesto dove il valore dell’individuo è misurato dalla sua capacità di consumare, la mela ci ricorda la condizione di alienazione che permea la nostra vita quotidiana. Essa è il frutto del capitalismo, il simbolo di un desiderio che non può mai essere soddisfatto completamente, di una promessa che non si realizza mai. L’oggetto del desiderio si fa merce, e in quanto tale, è destinato a mutare, a distorcere, a tradire la sua natura originaria per diventare parte di un ciclo senza fine. Ma che cos’è, davvero, la mela dell’economia? È la proiezione di un mondo che non ci permette di fermarci, che ci invita a continuare a cercare, ad accumulare, ma mai a godere di ciò che abbiamo.

Eppure, nel simbolo della mela, non si cela solo la denuncia di un sistema che sfrutta il nostro desiderio, ma anche un invito a riflettere sul nostro rapporto con il consumo, con il desiderio e con la natura. Forse, per comprendere appieno la dimensione della mela dell’economia, dobbiamo guardarla non solo come oggetto di consumo, ma come una chiave per interpretare la nostra stessa condizione umana, immersa in una logica economica che promuove il desiderio ma non permette la sua realizzazione.

La Mela dell’Economia

La mela, quel frutto che, nella sua semplicità, ha attraversato le culture e le epoche come simbolo di conoscenza, di desiderio, e, inevitabilmente, di perdita. Nel giardino dell’Eden, è la mela a simboleggiare la trasgressione e il conseguente abbandono della purezza dell’essere umano, segnando l’inizio di una nuova condizione: la consapevolezza. Essa, dunque, non è mai stata solo un frutto, ma l’oggetto di una tensione che, nel suo stesso divenire, ha mutato il destino dell’uomo. Oggi, la mela è diventata il segno tangibile di un’altra mutazione, quella di un capitalismo che ha saputo sottrarre all’uomo la sua relazione originaria con il mondo e la natura. Non più un semplice frutto da cogliere, ma un prodotto di consumo, una merce in un circuito senza fine di desideri insoddisfatti. La mela è divenuta, nell’economia contemporanea, il simbolo di una condizione esistenziale che si rinnova ciclicamente, in un movimento che non si arresta mai, perché ciò che il capitalismo ci offre non è mai sufficiente. Il desiderio è la trappola, e la mela è il suo obiettivo.

Il Desiderio inesausto

Non possiamo comprendere appieno il significato della mela senza innanzitutto considerare il desiderio che essa evoca. Il desiderio, nel suo significato originario, è un impulso naturale, che nasce da un bisogno concreto, dalla mancanza di qualcosa che è essenziale per la nostra sopravvivenza. Tuttavia, con l’ingresso nel mondo della merce, il desiderio perde la sua concretezza e diventa un’astrazione. Il desiderio non è più spinto dalla necessità di soddisfare un bisogno immediato, ma da una promessa, da un’illusione che il mercato alimenta incessantemente. La mela non è più solo il frutto di una pianta, ma l’incarnazione di un sogno, l’oggetto di una ricerca che è destinata a rimanere irraggiungibile.

Nel contesto del capitalismo, il desiderio si auto-alimenta, si rinforza continuamente, mai soddisfatto, sempre frustato. La mela diventa il simbolo di questa perpetua insoddisfazione: ogni volta che la afferriamo, essa si ritira, sfuggendo dalle nostre mani. È come se l’oggetto desiderato, una volta acquisito, non portasse mai con sé la pienezza di felicità promessa, ma solo il vuoto di un nuovo desiderio che nasce subito dopo. La promessa della mela, che rappresenta la realizzazione del nostro sogno, si rivela costantemente illusoria, perché essa non è altro che una promessa che non può essere mai mantenuta. Il desiderio che ci spinge ad afferrarla non è mai colmato, e il frutto stesso diventa il simbolo di una ricerca che ci fa circolare in un moto perpetuo senza mai giungere a un termine.

Il Capitalismo come Motore del Desiderio

Per comprendere pienamente il significato della mela nell’economia, dobbiamo guardare al capitalismo come al sistema che nutre e sfrutta questo desiderio inesausto. La logica del capitalismo non è, infatti, quella di soddisfare i bisogni, ma di alimentare costantemente nuovi desideri. Ogni prodotto, ogni oggetto di consumo, non è mai un fine in sé, ma solo un mezzo per creare una nuova esigenza, una nuova necessità. La mela che consumiamo non è mai un semplice frutto, ma un oggetto che racchiude in sé la promessa di una soddisfazione che mai arriva. Non si tratta più di un bisogno che si appaga, ma di un desiderio che si rinnova. Ogni volta che acquistiamo un nuovo prodotto, il nostro desiderio non viene mai placato, ma alimentato, come se il nostro io fosse costantemente proiettato verso qualcosa che non possiamo mai afferrare veramente.

Il capitalismo, dunque, non è solo il sistema che produce merci, ma è il sistema che produce desideri. La mela dell’economia non è un frutto che cresce sulla terra, ma una merce che si genera e si riproduce nel flusso continuo della produzione e del consumo. Il capitalismo non ci offre più il mondo naturale, ma un mondo mediato, artificialmente creato, dove l’autenticità è sostituita dalla superficie. La mela non è più un dono della natura, ma una creazione che passa attraverso un processo industriale, che la svuota del suo significato originario e la trasforma in qualcosa di alienato, che diventa a sua volta parte di un processo economico che ci separa dalla terra, dalla vita e da noi stessi.

La Separazione dalla Natura

Questa separazione dalla natura è uno degli aspetti più profondi del capitalismo. La mela, che una volta cresceva sugli alberi, che veniva raccolta e consumata con un senso di connessione con la terra, è oggi una merce confezionata, che arriva sugli scaffali del supermercato, distante dalla sua origine, priva di qualsiasi legame con il mondo naturale da cui proviene. La produzione di cibo, come quella di qualsiasi altro prodotto, è ora guidata da logiche industriali, che non si preoccupano più della qualità intrinseca del prodotto, ma solo della sua capacità di entrare nel circuito del consumo. La mela che acquistiamo è una mela che ha perduto la sua relazione diretta con il ciclo naturale della vita, una mela che è il risultato di una serie di passaggi tecnici e logistici, privi di significato se non quello di assicurare che essa arrivi nelle nostre mani.

Questa alienazione, che si estende ben oltre la mela, è la condizione del nostro essere nel capitalismo. Noi stessi siamo separati dalla natura e dalla sua ciclicità. Viviamo in un mondo dove il nostro corpo e la nostra mente sono costantemente sollecitati a desiderare, a cercare, a consumare, ma mai a fermarci, mai a vivere il presente, mai a fermarci a riflettere sul nostro reale bisogno. In questo contesto, la mela non è più un frutto da gustare, ma una promessa che ci sfugge, che ci spinge sempre a cercare qualcos’altro. È l’oggetto di un desiderio che non si può mai esaurire.

La Mela come Metafora della Speranza

Eppure, la mela non è solo il simbolo di un desiderio che non si può mai realizzare, ma è anche la metafora di una speranza che si rinnova costantemente. Essa è il frutto che ci invita a credere che, una volta afferrato, finalmente troveremo la pace. Ogni volta che raggiungiamo una meta, ogni volta che otteniamo l’oggetto del nostro desiderio, la sensazione di vuoto non tarda a manifestarsi. Il desiderio si sposta immediatamente su qualcos’altro, ed è questo movimento che ci spinge incessantemente. Il sistema economico capitalista si fonda su questa spirale senza fine, alimentando costantemente la nostra illusione di realizzare noi stessi attraverso il consumo. Il desiderio non è solo una molla che ci spinge a comprare, ma la condizione stessa della nostra esistenza nel capitalismo. La promessa che ci viene offerta è sempre quella della felicità, sempre quella di una meta raggiungibile, ma mai raggiunta.

Ogni mela, ogni oggetto che il mercato ci propone, ci invita a sperare, a credere che essa possa colmare il nostro vuoto esistenziale. Ma ogni volta che afferriamo il frutto, ci rendiamo conto che la felicità non si trova mai in esso, che il desiderio è sempre più forte di noi, che il nostro bisogno non è mai colmato. La mela diventa il simbolo di una ricerca infinita, di una promessa che non si avvera mai. Il capitalismo si nutre di questa illusione: il nostro desiderio di possedere, di consumare, di acquisire, non è mai veramente soddisfatto, ma viene continuamente alimentato, per mantenere in movimento un sistema che si autosostiene.

Il Ciclo Infinito del Consumo

Il ciclo del consumo, quindi, non è solo un processo economico, ma è un processo psicologico, esistenziale. La mela non è solo un oggetto materiale, ma è un segno di una condizione umana che si rinnova all’infinito. Ogni volta che possediamo un oggetto, ogni volta che raggiungiamo il nostro obiettivo, il desiderio si sposta su qualcos’altro, e la promessa che la mela incarna ci sfugge ancora. La felicità che ci viene promessa non è mai veramente raggiunta, eppure ogni volta, ogni nuovo prodotto, ogni nuova mela, ci spinge a credere che possa essere la volta giusta.

La nostra esistenza nel capitalismo è un’esistenza che gira intorno a questo movimento infinito: il desiderio che non si esaurisce mai, la ricerca che non giunge mai al termine. Il sistema economico non ci offre altro che il perpetuarsi di questa illusione, che si traduce in un desiderio costante di acquisire, di possedere, di essere sempre più soddisfatti. Ma la mela è sempre fuori dalla nostra portata. È sempre l’oggetto di un desiderio che, nel momento stesso in cui lo raggiungiamo, ci sfugge e si trasforma in un altro desiderio. E così, in questa spirale senza fine, viviamo, senza mai trovare la pace.

 

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