
La Visione della Geneva Peace Week 2022
Scritto da Ottavia Scorpati il . Pubblicato in Attualità.
A cura di Ottavia Scorpati
La Pace come Pilastro dello Sviluppo Sostenibile.
L’Agenda 2030 e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile come strumenti chiave per costruire un ordine globale stabile, inclusivo e resiliente, in un contesto geopolitico e economico segnato da crisi multiple e trasformazioni profonde.
Negli ultimi decenni, la relazione tra pace e sviluppo sostenibile è emersa come un asse fondamentale per affrontare le sfide geopolitiche e socioeconomiche globali. La Geneva Peace Week 2022 ha ribadito con forza questa connessione, sottolineando che senza un equilibrio tra giustizia sociale, governance efficace, sostenibilità ambientale e cooperazione multilaterale, non sarà possibile garantire né pace duratura né crescita economica inclusiva. Il mondo, segnato da conflitti armati prolungati, crisi climatiche di portata senza precedenti e un aumento delle disuguaglianze sociali, si trova di fronte a un bivio cruciale: perpetuare modelli di sviluppo che generano instabilità o investire in un percorso integrato di sviluppo che ponga la pace come fondamento imprescindibile.
L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, con i suoi 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs), rappresenta una cornice strategica per rispondere a questa sfida complessa. Tra questi, l’Obiettivo 16, dedicato a promuovere società pacifiche, giuste e inclusive, si configura come il perno su cui si reggono non solo la stabilità politica ma anche l’efficacia delle politiche economiche e sociali. La pace non è semplicemente intesa come la cessazione delle ostilità, ma come un processo continuo di costruzione di istituzioni trasparenti, rispetto dei diritti umani e inclusione sociale. In assenza di questi presupposti, qualsiasi tentativo di sviluppo rischia di essere fragile, temporaneo o addirittura controproducente.
Dal punto di vista economico, il legame tra pace e sviluppo si manifesta in modo evidente. La povertà estrema e le disuguaglianze — al centro degli Obiettivi 1 e 10 — non sono solo tragedie umanitarie, ma anche fattori di instabilità. Le economie più deboli e fragili, caratterizzate da alti livelli di disoccupazione e mancanza di servizi essenziali, sono particolarmente vulnerabili a crisi sociali che possono degenerare in conflitti violenti. Per questo motivo, ridurre la povertà e le disuguaglianze è una condizione imprescindibile per creare un ambiente favorevole allo sviluppo economico sostenibile e alla stabilità politica.
Tuttavia, questo obiettivo incontra ostacoli significativi. La governance inefficiente e la corruzione diffusa, presenti in molti Paesi in via di sviluppo ma non solo, rappresentano un freno importante. Le istituzioni deboli non riescono a gestire adeguatamente le risorse né a garantire una distribuzione equa, alimentando un senso di ingiustizia che può sfociare in tensioni sociali. Da un punto di vista geopolitico, queste situazioni creano instabilità che si riverbera a livello regionale e globale, favorendo la diffusione di conflitti e crisi migratorie che interessano anche i Paesi più sviluppati.
Inoltre, la pandemia di COVID-19 ha evidenziato la fragilità di molti sistemi socioeconomici e ha accentuato le disuguaglianze preesistenti, mettendo in luce l’importanza di rafforzare le istituzioni pubbliche e i sistemi di welfare per prevenire nuove crisi. La recessione economica globale conseguente ha ridotto le risorse disponibili per investimenti in sviluppo sostenibile, rendendo ancora più urgente un approccio integrato che colleghi la pace con la crescita economica inclusiva.
Un altro aspetto chiave affrontato durante la Geneva Peace Week riguarda la sostenibilità ambientale e l’impatto del cambiamento climatico sui conflitti. L’Obiettivo 13 dell’Agenda 2030 invita a un’azione urgente e concertata per combattere i cambiamenti climatici, riconoscendo come questi non siano solo una crisi ambientale ma anche una minaccia diretta alla stabilità globale. Gli eventi climatici estremi, quali siccità prolungate, inondazioni catastrofiche e ondate di calore, contribuiscono a ridurre la disponibilità di risorse naturali essenziali come acqua e terreni coltivabili, aggravando la competizione tra comunità e nazioni.
Questo fenomeno ha ripercussioni economiche significative: la perdita di raccolti, la distruzione di infrastrutture e la necessità di interventi emergenziali incidono negativamente sui bilanci statali, riducono la produttività e aumentano la povertà rurale. Nel contempo, la crescente competizione per le risorse limita la capacità degli Stati di mantenere la sicurezza interna e la coesione sociale, portando in alcuni casi all’esplosione di conflitti armati o tensioni etniche. Questi rischi geopolitici connessi ai cambiamenti climatici rappresentano dunque un elemento destabilizzante che richiede strategie di governance integrata e multilivello.
In questo senso, la gestione equa e sostenibile delle risorse naturali diventa un imperativo non solo ambientale ma anche geopolitico ed economico. Paesi e comunità che investono nella tutela dell’ambiente, nella riduzione delle emissioni e nell’adattamento climatico hanno maggiori possibilità di garantire sicurezza alimentare, stabilità sociale e attrattività per gli investimenti. Al contrario, la mancanza di azione o politiche ambientali inadeguate rischiano di esacerbare le crisi esistenti, innescando un circolo vizioso tra degrado ambientale, povertà e conflitti.
La questione della parità di genere emerge come un elemento trasversale e decisivo per la costruzione di società resilienti e pacifiche. L’Obiettivo 5 sottolinea come l’empowerment delle donne non sia solo una questione di giustizia sociale, ma un fattore strategico per la stabilità e lo sviluppo. Le società che promuovono l’uguaglianza di genere tendono a registrare una crescita economica più sostenibile, un miglioramento delle condizioni di salute e istruzione, e un più alto grado di coesione sociale.
Dal punto di vista geopolitico, l’inclusione delle donne nei processi decisionali, soprattutto in ambiti come la risoluzione dei conflitti e la governance, contribuisce a creare società più equilibrate e meno soggette a tensioni violente. Questo aspetto assume una rilevanza particolare in aree di crisi, dove la violenza di genere è spesso uno strumento di controllo sociale e oppressione. Investire nella parità di genere significa quindi rafforzare la stabilità politica e promuovere la pace attraverso una dimensione culturale e sociale profondamente trasformativa.
Parallelamente, le disuguaglianze globali rappresentano una delle cause più radicate di conflitto e fragilità. La distribuzione ineguale delle risorse, delle opportunità educative e delle cure sanitarie alimenta un senso di ingiustizia e marginalizzazione che può tradursi in tensioni sociali e violenze. I governi e la comunità internazionale devono affrontare queste disuguaglianze come parte integrante delle strategie di prevenzione dei conflitti, puntando a creare sistemi economici più equi e inclusivi.
Gli SDGs offrono un quadro strategico per questo percorso, ma la loro attuazione è ostacolata da interessi particolari, corruzione e resistenze istituzionali. La governance multilaterale si pone quindi come un elemento indispensabile per superare queste difficoltà. Solo attraverso la cooperazione internazionale, la condivisione di risorse e la costruzione di piattaforme di dialogo si può affrontare efficacemente una crisi globale che trascende i confini nazionali.
In un mondo globalizzato, le problematiche economiche, ambientali e sociali sono sempre più interconnesse. La Geneva Peace Week 2022 ha rimarcato come la diplomazia multilaterale sia lo strumento chiave per affrontare queste sfide. Il rafforzamento di organizzazioni internazionali e il rispetto del diritto internazionale sono essenziali per prevenire che crisi locali si trasformino in conflitti regionali o globali.
La cooperazione multilaterale si estende anche al campo tecnologico, un ambito che presenta opportunità ma anche rischi notevoli. La digitalizzazione ha trasformato le dinamiche economiche e sociali a livello globale, facilitando la comunicazione, l’innovazione e la gestione delle informazioni. Tuttavia, l’uso improprio delle tecnologie digitali può alimentare la disinformazione, manipolare le opinioni pubbliche e minare la fiducia nelle istituzioni.
La regolamentazione della cybersecurity e dell’intelligenza artificiale diventa dunque un passaggio fondamentale per tutelare la democrazia e prevenire tensioni sociali. Garantire trasparenza e responsabilità nell’uso delle nuove tecnologie è parte integrante di una strategia più ampia di costruzione della pace e di sviluppo sostenibile.
Un tema emergente di grande interesse discusso alla Geneva Peace Week è la cosiddetta “cartolarizzazione della pace”, ovvero la possibilità di utilizzare strumenti finanziari innovativi — come blockchain, microcrediti e finanza verde — per sostenere progetti di sviluppo e prevenzione dei conflitti. Questi meccanismi possono rappresentare nuove forme di investimento in aree fragili, favorendo l’inclusione economica e la gestione trasparente delle risorse.
Tuttavia, non si può ridurre la pace a una semplice questione finanziaria. La “cartolarizzazione” rischia di semplificare un processo complesso che implica trasformazioni culturali, sociali e politiche profonde. La pace duratura nasce da un impegno collettivo che coinvolge cittadini, istituzioni e imprese in un percorso di responsabilità condivisa, dove l’economia è uno degli strumenti ma non l’unico fattore.
All’interno di questo quadro integrato, una sorpresa emersa con forza nel dibattito è il ruolo delle foreste urbane nella promozione della pace e della sostenibilità. Le foreste cittadine, oltre a migliorare la qualità dell’aria e mitigare gli effetti dell’inquinamento, svolgono un ruolo fondamentale nel favorire la coesione sociale e la resilienza delle comunità urbane.
In un mondo dove la maggioranza della popolazione vive in città, la rapida urbanizzazione comporta sfide enormi, tra cui la crescita delle disuguaglianze e l’isolamento sociale. Le foreste urbane diventano così spazi di inclusione e partecipazione, offrendo un luogo di incontro, educazione ambientale e benessere psicologico. L’Obiettivo 11 dell’Agenda 2030, che punta a città e comunità sostenibili, trova in queste aree verdi una risorsa concreta per costruire società più giuste e pacifiche.
Inoltre, le foreste cittadine contribuiscono a ridurre le disuguaglianze sociali offrendo accesso equo a spazi di qualità per tutti i cittadini, indipendentemente dal loro background economico o sociale. Questa dimensione sociale della natura urbana rafforza il senso di appartenenza e di responsabilità collettiva, elementi fondamentali per la stabilità e la pace.
In sintesi, la Geneva Peace Week 2022 ha rappresentato un momento di svolta nel modo di concepire la pace globale. Essa non può più essere pensata come un obiettivo a breve termine, limitato alla gestione delle crisi e alla cessazione delle ostilità. Deve diventare un processo continuo e preventivo, che coinvolge tutti gli aspetti della vita sociale, economica e ambientale.
Costruire un mondo pacifico significa quindi affrontare in modo integrato disuguaglianze, cambiamenti climatici, innovazioni tecnologiche e governance multilaterale. La sfida è enorme, ma gli SDGs offrono una mappa chiara per orientare le politiche e gli investimenti futuri.
Il successo di questa impresa dipenderà dalla capacità di lavorare insieme, a livello globale e locale, mettendo al centro la dignità umana, il rispetto per l’ambiente e la giustizia sociale. Solo così si potrà costruire un futuro stabile, prospero e realmente sostenibile, dove la pace diventi la condizione naturale e duratura della convivenza tra popoli e nazioni.