
Le armi sportive
Scritto da Danilo Pette il . Pubblicato in Attualità.
Il ruolo dell’industria armi nella cultura nazionaleAssociazione Nazionale Produttori di Armi e Munizioni Sportive e Civili (Anpam) raggiunse un traguardo di notevole importanza, ottenendo il riconoscimento come ONG consultiva presso il Consiglio Economico e Sociale (ECOSOC) delle Nazioni Unite. Questo evento rappresentò un momento di svolta, ma al contempo suscitò un ampio dibattito caratterizzato da stupore, perplessità e diffidenza da parte di molti, soprattutto perché tradizionalmente le organizzazioni non governative sono associate a istanze pacifiste e antimilitariste. La decisione di concedere ad Anpam questo status richiese quindi un chiarimento fondamentale, che venne puntualmente fornito da Nicola Perrotti, allora presidente dell’associazione, il quale evidenziò l’importanza di operare una netta distinzione tra le armi sportive e civili e le armi da guerra. Tale distinzione non solo è riconosciuta dalla stessa ONU ma è espressamente sancita dall’Articolo 71 della Carta delle Nazioni Unite, il quale autorizza il Consiglio Economico e Sociale a consultare le organizzazioni non governative ritenute interessate alle materie di sua competenza, inclusi i temi del controllo delle armi leggere e della lotta al traffico illecito.
Questa separazione non è un semplice esercizio di definizione terminologica, ma costituisce un elemento essenziale per comprendere il ruolo legittimo e la valenza economica e sociale di un settore che, in Europa, rappresenta una delle realtà industriali più sviluppate e rilevanti. La produzione di armi sportive e civili nel continente europeo si attesta intorno a circa due milioni di pezzi all’anno, generando un giro d’affari che sfiora i 18 miliardi di euro, con un impiego diretto di circa 580.000 lavoratori, e un indotto che porta l’impatto complessivo dell’intero settore a circa 40 miliardi di euro. Questa filiera coinvolge legalmente una platea stimata di circa dieci milioni di utenti, fatta di appassionati, sportivi e cacciatori, come confermano fonti autorevoli quali federcaccia.org e panorama.it. Anpam, in quanto rappresentante di questo comparto, è inoltre membro attivo dell’Institute Européen des Armes de Chasse et de Sport (IEACS), un organismo europeo che ha come missione quella di rappresentare i fabbricanti di armi sportive e venatorie, ponendo particolare attenzione alle tematiche ambientali, alla sicurezza pubblica e allo sviluppo di una disciplina armonizzata e sostenibile, capace di coniugare la tutela del territorio con la competitività industriale.
Nel corso del decennio successivo, il quadro globale e locale in cui opera il settore ha subito trasformazioni profonde. Si è passati da un modello fondato esclusivamente su un’economia reale e legale, caratterizzata da processi produttivi consolidati e da una domanda stabile, a un contesto globale assai più complesso e articolato. Questo nuovo scenario è contraddistinto da sfide normative più stringenti, dall’espansione di mercati illegali e traffici clandestini, e da tensioni geopolitiche che hanno un impatto significativo sia sulla produzione che sulla distribuzione delle armi civili e sportive. In Italia, il comparto ha registrato una crescita esponenziale, che nel 2023 si è tradotta in numeri impressionanti: le esportazioni, la produzione e l’indotto hanno superato complessivamente gli 8 miliardi di euro, con un incremento del 59,5% rispetto al 2019, dato che rappresenta un contributo diretto di circa lo 0,38% al Prodotto Interno Lordo nazionale. Questi risultati emergono da ricerche approfondite e commissionate da Anpam all’Università di Urbino Carlo Bo, confermando come il settore sia solido sotto il profilo economico, in grado di generare non solo ricchezza ma anche posti di lavoro altamente qualificati e significativi avanzamenti tecnologici.
Il comparto armi civile italiano e europeo si articola in molteplici componenti, che vanno dalla produzione diretta di armi e munizioni, alla commercializzazione e distribuzione, fino ai servizi connessi alle attività sportive di tiro e di caccia. Il fatturato diretto della filiera si attesta su circa 1,3 miliardi di euro, ai quali si aggiungono quasi sei miliardi di euro derivanti dall’indotto, che comprende le spese sostenute dai cacciatori e dagli appassionati di tiro per l’acquisto di attrezzature, licenze, viaggi, servizi accessori e manutenzione. Il settore occupa direttamente oltre 19.000 addetti, mentre nell’indotto si calcolano oltre 88.000 occupati, numeri che testimoniano la rilevanza socio-economica della filiera e la sua capacità di creare un effetto moltiplicatore che si estende ben oltre la produzione primaria.
Nonostante queste evidenze economiche positive, la questione cruciale che continua a dominare il dibattito pubblico e legislativo è quella della distinzione tra armi da guerra e armi civili, un tema che resta al centro di ogni discussione relativa alla regolamentazione e alla sicurezza. Gli esperti del settore, in collaborazione con Anpam e con l’IEACS, hanno sempre sostenuto che una regolamentazione rigorosa, accompagnata da sistemi di tracciabilità efficaci e tecnologicamente avanzati, rappresenta la chiave per garantire la separazione tra il mercato legale e quello illegale. Tale approccio non solo tutela i produttori e i consumatori legittimi ma costituisce anche una barriera fondamentale contro le infiltrazioni criminali e il traffico illecito. Questa visione è stata progressivamente adottata a livello europeo, culminando nell’adozione di nuove normative comunitarie entrate in vigore a partire dalla fine del 2023 e rafforzate nel dicembre 2024. Queste norme prevedono l’implementazione di sistemi armonizzati per il rilascio delle licenze, la registrazione elettronica tramite l’Electronic Licensing System (ELS), l’adozione di macrostati digitali per la tracciabilità delle armi e l’istituzione di procedure semplificate per le operazioni di import-export. L’obiettivo dichiarato è quello di chiudere le falle legislative che tradizionalmente hanno facilitato il traffico illegale, migliorando così la sicurezza dei cittadini senza appesantire eccessivamente la burocrazia a carico delle aziende legittime. Il Consiglio dell’Unione Europea, con queste misure, ha così approvato una serie di interventi mirati a rafforzare la tracciabilità, stringere i controlli sui trasferimenti e garantire un equilibrio tra sicurezza elevata e sostenibilità del mercato legale.
L’Italia si conferma uno dei paesi leader a livello europeo, con una produzione annua che si aggira intorno alle 600.000 armi civili, suddivise in circa 450.000 armi lunghe e 150.000 armi corte, e con una produzione di munizioni che supera il miliardo di pezzi, di cui circa l’80% è destinato all’export. Il nostro paese detiene una quota di mercato che si stima intorno al 60% per quanto riguarda le armi sportive e venatorie in Europa, affermandosi come il principale esportatore globale nel settore civile. Questo primato, oltre a evidenziare la competitività e la qualità delle produzioni italiane, pone al contempo importanti sfide per la tutela del mercato interno e per il mantenimento di elevati standard qualitativi e di sicurezza. Le stime relative all’occupazione e all’impatto economico sono variabili a seconda delle fonti e delle metodologie adottate: ad esempio, Sbilanciamoci! riporta una base occupazionale diretta di circa 3.330 addetti, che salgono a oltre 10.000 considerando i terzisti, i fornitori e gli operatori indiretti. Altre fonti ufficiali indicano numeri maggiori, con 19.000 occupati diretti e circa 88.000 nell’indotto, riflettendo come la definizione dei confini del settore e la metodologia di calcolo possano influenzare significativamente i dati. Questa variabilità testimonia la complessità di un settore che si presenta come un microcosmo articolato, fatto di realtà produttive di nicchia e di un sistema integrato di filiere che contribuiscono a un impatto economico e sociale di grande rilievo.
Italia si distingue per un quadro normativo particolarmente rigoroso in materia di vendita e circolazione delle armi. La legge 110 del 1975, e in particolare l’articolo 17, vieta espressamente la vendita online di armi e munizioni, una restrizione confermata e rafforzata dalla direttiva UE 2008/43 e dalle successive revisioni europee. Nonostante questo impianto normativo severo, la circolazione clandestina di armi attraverso canali online rimane una minaccia concreta e persistente. In particolare, l’uso di piattaforme come il deep web e il dark web facilita l’accesso illegale alle armi, anche da parte di minorenni e soggetti non autorizzati, mettendo così a rischio la sicurezza pubblica e danneggiando il mercato legale e regolamentato. Le organizzazioni criminali italiane di stampo mafioso, come la ‘Ndrangheta, la Camorra e Cosa Nostra, preferiscono approvvigionarsi tramite reti clandestine internazionali, sfruttando le lacune nell’armonizzazione delle legislazioni europee, la mobilità garantita dall’area Schengen e la disponibilità di armi residue provenienti dai conflitti balcanici degli anni ’90. Questo quadro evidenzia come il problema del traffico illecito sia strettamente connesso a dinamiche criminali transnazionali che richiedono un approccio coordinato e multilivello.
Inoltre, la detenzione di armi legali nelle abitazioni presenta rischi significativi, in particolare per quanto riguarda gli episodi di violenza domestica e i suicidi. In Europa, circa il 75% dei decessi per arma da fuoco è attribuibile a suicidi, molti dei quali avvengono con armi detenute legalmente e utilizzate anche in contesti di abuso domestico. In Italia, nonostante una normativa severa che regola limiti stringenti per la detenzione e il porto d’armi (come previsto dal Codice Penale agli articoli 585 e 704, dalla legge 110/75 e dal regolamento UE 2021/555), rimane un rischio significativo legato alla facilità di detenzione consentita. Le licenze permettono infatti il possesso fino a tre armi comuni da difesa personale, dodici armi sportive, un numero illimitato di armi da caccia e fino a otto armi antiche o artistiche. Tuttavia, la marcatura obbligatoria delle armi, la tracciabilità garantita dal Banco Nazionale di Prova e l’obbligo di denuncia delle munizioni rappresentano strumenti efficaci per contenere gli abusi. L’Italia può quindi essere considerata uno dei paesi europei con le normative più rigorose in materia di prevenzione e controllo, anche se il problema rimane complesso e delicato.
Industria armiere italiana si è distinta per un costante impegno nel ruolo di interlocutore qualificato con le istituzioni nazionali, il Parlamento europeo e le Nazioni Unite. Ha promosso iniziative tecniche e legislative volte a migliorare la marcatura delle armi, la tracciabilità, il controllo delle esportazioni e il contrasto all’illegalità. Questo impegno ha contribuito a rafforzare un quadro normativo che si pone all’avanguardia a livello internazionale, grazie anche a un dialogo continuo e costruttivo con le autorità. Il 90% della produzione armiera civile italiana è destinato all’esportazione, con gli Stati Uniti che rappresentano il principale mercato estero, assorbendo oltre il 90% del fatturato estero, seguiti da Mercosur e Turchia, mercati in rapida crescita. Tuttavia, la concorrenza internazionale è sempre più serrata: in particolare, la Turchia ha visto raddoppiare il numero delle imprese armiere negli ultimi anni, avvantaggiandosi di costi di produzione inferiori e di una regolamentazione meno stringente. Allo stesso tempo, il mercato statunitense, pur rappresentando un’opportunità strategica, è diventato complesso dal punto di vista geopolitico, soprattutto a causa delle politiche protezionistiche e delle possibili imposizioni di dazi, come già accaduto in passato durante l’amministrazione Trump. L’Italia, dunque, si trova a dover bilanciare la sua leadership industriale con la necessità di tutelare il mercato interno e preservare le sue eccellenze.
Unione Europea ha adottato nel 2023 nuove normative che mirano a rendere il commercio delle armi più sicuro e maggiormente regolamentato, dando mandato a Consiglio, Parlamento e Commissione di negoziare e rafforzare i controlli. Il possesso legale di armi è spesso legato a una dimensione culturale radicata in tradizioni rurali e sportive che caratterizzano ampie fasce della popolazione europea. In Italia, infatti, si stima che tra 4,8 e 5 milioni di persone detengano almeno un’arma, corrispondenti a circa un adulto su undici o dodici. Le licenze sportive sono cresciute del 38% tra il 2013 e il 2023, mentre quelle per caccia e difesa personale sono leggermente diminuite. Tuttavia, solo una parte dei circa 500.000 titolari di licenza sportiva frequenta regolarmente i poligoni di tiro, mettendo in luce una discrepanza tra possesso e uso effettivo, elemento che evidenzia la complessità delle motivazioni individuali legate al possesso di armi. Questo aspetto sollecita la necessità di politiche mirate alla formazione e alla sensibilizzazione, fondamentali per promuovere una cultura della responsabilità e della sicurezza.
La spesa pubblica europea in difesa ha conosciuto una crescita significativa, passando da circa 279 miliardi di euro nel 2023 a una previsione di 326 miliardi nel 2024, con ambiziosi progetti che mirano a raggiungere i 800 miliardi nel medio termine. Questa espansione coinvolge anche il settore civile, visto che cresce la domanda di materiali e accessori compatibili con standard militari, favorendo importanti aziende europee come Rheinmetall e la italiana Leonardo. Queste imprese hanno attirato l’interesse degli investitori, con la nascita di ETF dedicati al comparto della difesa. Tuttavia, questo processo di militarizzazione finanziaria solleva delicate questioni etiche, poiché il settore civile, pur in espansione, rischia di divenire veicolo di tecnologie a doppio uso, con potenziali implicazioni per la sicurezza e la coesione sociale.
Il settore delle armi sportive e civili in Italia e in Europa costituisce così un ecosistema complesso, articolato e multidimensionale, fondato su solide basi economiche, una governance normativa avanzata e un’interconnessione crescente con le dinamiche geopolitiche globali. Le linee di confine tra mercato legale e mercato illegale sono particolarmente sottili e difficili da gestire. Da un lato, l’industria legale rappresenta una fonte importante di lavoro, competenze tecniche, eventi fieristici, certificazioni di qualità e rappresentanza internazionale; dall’altro, il traffico clandestino alimenta criminalità organizzata, violenza domestica e si avvale di canali sofisticati come il dark web, mettendo a dura prova l’efficacia delle leggi più rigorose.
Per fronteggiare queste sfide, le direttive europee, le sanzioni contro i circuiti illeciti, le licenze elettroniche, la cooperazione transnazionale e le tecnologie di tracciamento come i macrostati digitali rappresentano strumenti indispensabili, ma da soli non bastano. Serve un cambiamento culturale profondo che coinvolga la percezione pubblica della detenzione domestica, la formazione e la responsabilizzazione dei detentori di armi, una vigilanza costante e una trasparenza totale nei flussi commerciali.
In questo contesto, le armi sportive e civili legali possono essere interpretate come espressione di una visione economica e antropologica che valorizza le tradizioni rurali, il rispetto delle normative, la pratica sportiva sana e l’eccellenza tecnica. Tuttavia, ciò richiede che le istituzioni nazionali ed europee mantengano un equilibrio delicato tra la promozione e la valorizzazione del settore legale e la repressione efficace del traffico illecito.
Il riconoscimento di Anpam come ONG consultiva presso l’ONU costituisce un’opportunità unica per instaurare un dialogo tecnico, economico, ambientale e di sicurezza pubblica con gli attori internazionali, favorendo la cooperazione nella lotta alla criminalità organizzata armata e nella tutela della legalità, della trasparenza e della sicurezza dei territori. Solo attraverso questa sinergia sarà possibile proteggere il cuore pulsante dell’industria delle Armi italiana, fatto di filiere integrate, distretti produttivi come quello della Val Trompia, un design made in Italy rinomato a livello globale e eccellenze sportive di altissimo livello, testimoniati da risultati straordinari come le 18 medaglie conquistate su 18 alle Olimpiadi di Parigi 2024 con fucili italiani, di cui 14 utilizzando munizioni prodotte in Italia. Questi successi dimostrano la capacità del settore non solo di generare valore economico e occupazione qualificata, ma anche di rappresentare un orgoglio nazionale e un esempio di come tradizione, innovazione e rigore normativo possano convivere e prosperare in un contesto internazionale sempre più competitivo e complesso.
©Danilo Pette