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Marte_(NASA)

l’Enigma Rosso di Marte

Scritto da Ottavia Scorpati il . Pubblicato in .

A cura di Ottavia Scorpati
Mentre le immagini del pianeta rosso alimentano il mito di civiltà perdute, l’interesse di potenze globali e colossi privati rivela l’intreccio crescente tra spazio, geopolitica e dominio economico nel mondo

Le immagini provenienti da Marte, con i loro paesaggi alieni e le forme ambigue, esercitano da decenni un magnetismo culturale e simbolico che affonda le radici non solo nell’immaginario collettivo, ma anche in una nuova forma di speculazione – non più solo fantascientifica, ma profondamente reale, tecnologica ed economica. Le presunte piramidi, le torri, le cupole, gli archi artificiali, gli “umanoidi” e i volti scolpiti nelle rocce sono soltanto una delle due facce di Marte: l’altra è la corsa concreta e strategica all’egemonia su quello che si sta rapidamente configurando come il futuro teatro di competizione tra grandi potenze.

Nel 2024, il paesaggio marziano non è più soltanto una suggestione scientifica o un tema da romanzo pulp. È diventato il simbolo e il campo operativo di una nuova dimensione geopolitica, una sorta di Great Game extraplanetario in cui si intersecano interessi di agenzie spaziali pubbliche, conglomerati privati, strategie di proiezione militare e progetti visionari di lungo termine. Mentre l’opinione pubblica si divide tra chi vede rovine antiche e chi parla di pareidolia ottica, a Washington, Pechino, Mosca e Riyadh si consolidano politiche spaziali con impatti economici diretti.

Il caso del “Volto di Marte” nella regione di Cydonia – osservato per la prima volta nel 1976 – è emblematico: da simbolo pop degli anni ’80 e ’90, è stato lentamente assorbito in una narrativa che ha favorito un rinnovato interesse collettivo verso il mistero extraterrestre. Questo ha facilitato, soprattutto negli Stati Uniti, un consenso sociale implicito per continuare a investire cifre enormi nel settore aerospaziale. Il mito diventa carburante politico. E l’industria lo segue. Elon Musk e SpaceX, Jeff Bezos con Blue Origin, ma anche i giganti cinesi come CASC (China Aerospace Science and Technology Corporation) e le sempre più ambiziose start-up saudite legate a NEOM e ai progetti di “terraformazione spirituale”, hanno inserito Marte nel proprio orizzonte operativo.

In parallelo, l’Occidente ha rafforzato la narrativa della “necessità di esplorare e colonizzare Marte per la sopravvivenza a lungo termine dell’umanità”. La questione ambientale, il cambiamento climatico e le crisi geopolitiche sul pianeta Terra sono spesso presentate, anche nei media ufficiali, come giustificazione morale per investire nello spazio. Questo shift di prospettiva è diventato particolarmente evidente nel 2024, quando la NASA e la ESA hanno annunciato nuovi programmi congiunti per missioni su larga scala entro il 2030, mentre Cina e Russia si sono dichiarate pronte a collaborare per la costruzione di una base marziana entro il 2045.

Ma se da un lato Marte è il simbolo della promessa e della fuga, dall’altro rappresenta una nuova frontiera del dominio. Il controllo dell’orbita marziana e delle tecnologie per l’atterraggio e il ritorno è già diventato motivo di attrito tra le superpotenze. Gli accordi Artemis – voluti dagli Stati Uniti e sottoscritti da oltre 30 paesi – stabiliscono una serie di regole sulla cooperazione lunare e marziana, ma sono stati esplicitamente rifiutati da Cina, Russia e Iran. Questo ha creato una spaccatura simile a quella vista nella storia del nucleare: un ordine internazionale che convive con blocchi contrapposti, diffidenze, sabotaggi e segretezza.

Tornando alle immagini, le misteriose formazioni geologiche su Marte hanno generato ipotesi speculative secondo cui una civiltà avanzata – forse autoctona, forse proveniente da altrove – avrebbe colonizzato il pianeta e poi subito una catastrofe. Alcuni teorici parlano apertamente di guerra nucleare antica, basandosi sull’anomala presenza di isotopi come lo xeno-129, rilevata da alcune sonde. Anche se queste interpretazioni sono scartate dalla comunità scientifica ufficiale, non si può negare il loro impatto mediatico e psicologico: contribuiscono a rafforzare l’aura di Marte come “pianeta con un passato”. Ed è proprio questo “passato potenziale” a costituire una delle leve narrative più potenti per giustificare l’investimento economico e politico nel presente.

Parallelamente, si intensifica la pressione sulle agenzie spaziali per aumentare la trasparenza sulle immagini raccolte dai rover. Gli utenti sui forum digitali – da Reddit a X (ex Twitter), passando per le piattaforme di citizen science – esaminano con attenzione maniacale ogni pixel delle foto trasmesse da Perseverance o Curiosity. Ogni elemento insolito, ogni simmetria sospetta, ogni riflesso ambiguo diventa materiale per migliaia di visualizzazioni. È una nuova forma di partecipazione collettiva alla missione scientifica, ma anche un’espressione della crescente sfiducia nei confronti della versione ufficiale. La trasparenza scientifica è diventata una questione di legittimità democratica.

Nel 2024, il ritorno sulla Terra di campioni di suolo prelevati da Marte – uno degli obiettivi principali del programma Mars Sample Return – ha riacceso polemiche e preoccupazioni. Non solo per la possibilità (remota, ma non nulla) che contenessero microrganismi extraterrestri, ma anche per il sospetto che possano celare materiali artificiali. Alcuni commentatori – sia in ambito accademico sia nell’universo mediatico alternativo – hanno suggerito che questi campioni, in caso rivelassero tracce di tecnologia passata, non verrebbero divulgati. Lo stesso comportamento riservato che si attribuisce alla gestione delle immagini anomale: pubblicare solo ciò che è “innocuo”.

In parallelo, però, si rafforza l’interesse economico concreto per Marte. Le terre rare, i metalli utili alla costruzione di microchip e batterie, e soprattutto l’acqua – sotto forma di ghiaccio – diventano oggetto di calcoli strategici. L’acqua è il prerequisito per una presenza umana prolungata, ma anche per la produzione di idrogeno. E l’idrogeno, nel contesto delle crisi energetiche successive alla guerra in Ucraina e al conflitto israelo-iraniano del 2024, è diventato una delle risorse più contese del XXI secolo. Non è un caso che i nuovi satelliti cinesi in orbita marziana siano equipaggiati con strumenti avanzati per la spettrometria delle risorse sotterranee.

Il dato economico più rilevante è però un altro: nel 2024, per la prima volta, gli investimenti privati nel settore spaziale hanno superato quelli pubblici. SpaceX, Lockheed Martin, Airbus Defence, ma anche fondi sovrani sauditi, emiratini e norvegesi stanno scommettendo miliardi non solo sulla possibilità di estrarre risorse, ma sulla creazione di un mercato extraterrestre. La presenza su Marte viene così interpretata come la fase iniziale della creazione di un’economia interplanetaria: produzione automatizzata, colonie semi-autonome, industria orbitale.

L’intersezione tra immaginario e realtà è sempre più evidente. Mentre un’immagine mostra una “scala” scavata nella roccia o un oggetto simile a un relitto metallico, la mente collettiva oscilla tra l’archeologia impossibile e la progettazione futura. Le due narrazioni si alimentano a vicenda. E questo ha una funzione precisa: legittimare la spesa, rafforzare l’interesse, generare consenso. La geopolitica del futuro non sarà solo terrestre. Inizia già oggi, con gare per i lanciatori più potenti, le stazioni spaziali modulari, i rover dotati di intelligenza artificiale autonoma, e con una corsa alla “sovranità spaziale” che promette di ridisegnare le gerarchie del potere mondiale.

In quest’ottica, non sorprende che anche la NATO e il Pentagono abbiano iniziato a definire lo “spazio profondo” come nuova dimensione strategica. Documenti riservati trapelati nel 2024 parlano di “scenari di proiezione militare su Marte entro il 2050”, non solo in termini di sorveglianza, ma di controllo delle comunicazioni interplanetarie, delle rotte spaziali e delle infrastrutture orbitali. In questa visione, Marte diventa una retrovia logistica e un potenziale punto d’appoggio per operazioni future nel sistema solare.

Anche l’India, grazie al successo della missione Mangalyaan 2 e alla collaborazione tecnologica con il Giappone, ha iniziato a costruire una sua narrativa marziana autonoma, cercando di sottrarsi alla dicotomia USA-Cina. L’obiettivo dichiarato: diventare il terzo polo spaziale globale entro il 2035, con una proposta “non coloniale” per la presenza extraterrestre. Una sfida geopolitica, ma anche un posizionamento simbolico per il Sud globale.

Nel frattempo, le immagini continuano ad arrivare. Le sabbie marziane conservano il loro enigma. Ma ciò che per alcuni è solo pietra, per altri è la memoria fossilizzata di un’epoca dimenticata. E mentre si dibatte sulla realtà di queste “rovine”, è certo che la loro ombra si proietta sul nostro futuro, guidando scelte economiche, tensioni internazionali, sogni collettivi. In questo senso, Marte è già qui.

 

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