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Pole Dance di nuovo in scena con applausi
a Roma presso il “Teatro Cometa off”

INTERVISTE  AI PROTAGONISTI:
Giorgio Borghetti,  Myriam Galstyan e Stefano Antonucci

INTERVISTA  a  GIORGIO BORGHETTI 

Ho chiesto a Giorgio Borghetti – Quanto c’é di te in Ruben Moretti e viceversa ?-
– Ruben Moretti è un professore di storia della religione e filosofia, ha viaggiato molto e sa un po’ di tutto: la vita ha ancora però qualcosa da offrirgli e lo fa alla discreta età di 45 anni, quando le sue certezze non possono che vacillare –

Viste le tue attività di doppiatore, oltre che di attore – gli chiedo in seguito – cosa consigli a chi comincia ora a fare questo mestiere?
E Giorgio Borghetti mi risponde: – Al giorno d’oggi contano le cose che erano importanti quando io ho iniziato, il saper parlare a seconda del mezzo di cui si fruisce, una certa specializzazione in tutti i campi su cui si vuole spaziare, bisogna dedicare tantissimo tempo allo studio e a formare la propria professionalità –
– poi purtroppo contano anche i numeri ovvero se hai followers sui social e questa è la parte che mi piace di meno – prosegue l’attore Giorgio Borghetti – questo è il degrado della nostra società che pensa soltanto ai numeri –

Poi gli chiedo – Pensi che il cinema nelle sale morirà adesso che abbiamo una scelta infinita di film e soprattutto serie da guardare in televisione? –
E Giorgio Borghetti ancora mi risponde – Ricordo un’intervista del grande Bud Spencer che nel 1997 parlava del mondo d’oggi, col suo cibo e tutti i servizi da asporto a cui purtroppo ci siamo abituati come società – e poi prosegue – ai tempi di Vittorio Gassman e di Marcello Mastroianni questi pensieri non ci sarebbero stati, io per ciò che mi riguarda preferisco ancora uscire e godermi il contatto con le persone che questa società tecnologica sembra volerci togliere. Per me il progresso è molte volte un regresso -.

Gli ho poi chiesto – Con tanti attori che hai doppiato a quali sei più legato ?-
-Tra tanti ruoli che ho doppiato- mi risponde Giorgio Borghetti – sono molto affezionato a Joaquin Phoenix e Collin Farrell ma il ruolo che ho preferito è stato quello nella “Leggenda” dove interpreto le due voci di Tom Hardy, che a sua volta interpreta due fratelli gemelli, uno normale e uno psicopatico. Quando insegno doppiaggio o recitazione mi piace far vedere le mie migliori interpretazioni come doppiatore perché una voce non deve essere “bella” ma “giusta” -.

INTERVISTA  a  MIRYAM GALSTYAN 

Nel Backstage dello spettacolo Pole Dance ho poi intervistato Myriam Galstyan che interpreta la protagonista femminile nello stesso spettacolo. – Come è andata con lo spettacolo Pole Dance quando lo avevate proposto nel 2019? 
Myriam Galstyan mi risponde – lo spettacolo andava molto bene ma purtroppo lo abbiamo iniziato poco prima delle chiusure per il covid-19 e questo è stato molto brutto perché abbiamo dovuto chiudere subito i battenti –

– che ne pensi del tuo ruolo nello spettacolo?- gli chiedo allora – Quanto c’è di te nel personaggio della moglie e viceversa ?-
– A me piace interpretare ruoli in cui mi diverto, interpretare una missionaria che crede fortemente nel messaggio che porta nel terzo mondo ma che rimane incinta di un bambino di colore mi ha molto divertita, mi piace fare i ruoli tragici ma anche i ruoli comici si adattano molto al mio stile di recitazione; arrivare al finale per chiedersi se la spiegazione scientifica di tutto l’accaduto esista realmente è uno dei scopi di quest’opera e credo che il pubblico trovi divertente andare a vedere se realmente questa storia possa essere credibile.

– Credi quindi nei paradossi e nelle coincidenze? – domando all’attrice Myriam Galstyan
– sì credo molto in queste cose ma credo anche che siano collegate in senso “scientifico” al Karma – e poi continua Giorgio Borghetti è un bravissimo attore, ma ce ne sono di bravissimi anche nel resto dello spettacolo – conclude l’attrice – Venite a vederci perché non ve ne pentirete -.

INTERVISTA  a  STEFANO ANTONUCCI

Ho poi intervistato Stefano Antonucci che interpreta l’imprenditore Chicco Marrone, un uomo fissato con le feci. – ti sei divertito a interpretare questo ruolo? – gli chiedo – un imprenditore che è diventato vittima di se stesso ?-
– Io sono stato sempre fortunato nei miei ruoli – mi risponde Stefano Antonucci – e mi trovo a fare un ruolo molto divertente questa volta – e poi continua – come il mio personaggio tirerà fuori la sua merce tutti scoppieranno a ridere, ne sono sicuro, soprattutto quando parlerà del fatto che c’è un intero museo in Giappone dedicato alle feci –

Rimarco a questo punto sui ricordi di Stefano Antonucci – Mi hai detto che hai lavorato con i grandi, puoi ricordarmeli?
– e a questo punto lui comincia a ricordare meglio il tempo passato -Io sono del 1948, ho avuto la fortuna di lavorare con Fellini e Oreste Lionello, con Ettore Scola e Luigi Magni, e soprattutto con attori straordinari come Alberto Sordi, Roberto Benigni e Vittorio De Sica, e quindi mi posso ritenere molto fortunato – e poi continua –
a quei tempi fare cinema era un grande divertimento -.

Alla fine dell’intervista gli chiedo anche una mia curiosità – come è stato lavorare in televisione con Renzo Arbore? –
-sono esordito in tv col grande Renzo Arbore- mi risponde Stefano Antonucci – nel mitico “Indietro tutta” con la frase “mannaggia alla sbamballata” perché facevamo un programma radiofonico con il grande Nino Frassica e ci ha voluti in studio, io a fare l’interlocutore telefonico e Nino a fare il presentatore, abbiamo passato veramente dei bei momenti a far divertire le persone che ci vedevano da casa, quella era ancora un’ottima televisione, un vanto del nostro paese –

©Francesca Marti

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BREVI NOTE sullo Spettacolo “POLE DANCE” e sul Teatro “LA COMETA Off”

a cura di Francesco Spuntarelli

Giorgio Borghetti è Ruben Moretti, un docente di storia della religione e di filosofia. All’inizio dello spettacolo appare come una persona razionale, intelligente, con la mente aperta riguardo i rapporti tra donne e uomini e autodefinendosi – egli stesso – una persona civile. Presto però si verificheranno alcune situazioni che lo indurranno a riflettere sulla sua vita già  vissuta e su particolari ritenuti a suo tempo insignificanti e si troverà costretto a riesaminare determinati episodi e principi  da egli stesso sempre accettati e condivisi, quale persona sempre rispettosa nei confronti delle donne e dei loro diritti. 

Tutto ha inizio con l’arrivo del figlio che nasce con la pelle nera, una tragedia personale che lo sconvolge completamente!
Il primo pensiero – ed unica risposta – sembra essere quella di aver subito un tradimento dalla moglie Virginie, interpretata da Miryam Galstyan, un personaggio che si presenta con caratteristiche positive: carità e onestà.
Successivamente Ruben incontra altri personaggi che arricchiscono l’opera: un ebreo ortodosso, Shalom Kaganovich, ed un imprenditore fallito, Chicco Marrone, interpretato da Stefano Antonucci, nonché la ginecologa, Agrippina Nerone, che farà nascere il bambino. 

Qui di seguito si riportano alcune notizie storiche su “La Cometa Off”, come sintetizzate e rielaborate  dal sito internet ufficiale dello stesso  Teatro.   
La Sala Teatrale, definita “gioiello d’arte” da Antonio Munoz e situata alle pendici del Campidoglio, è stata inaugurata nel 1958 per iniziativa di Giorgio Barattolo – attuale gestore – e nipote di Giuseppe Barattolo, famoso produttore cinematografico del I° Ventennio del ‘900, fondatore della Caesar Film, scopritore di Francesca Bertini e protagonista del periodo aureo del cinema muto italiano.
Lo spazio Off – individuato nelle mura di un locale commerciale del cuore di Testaccio – per la sua grande “altezza libera” risponde alle esigenze dimensionali di una sala teatrale ed il progetto di ristrutturazione viene affidato ad un giovane architetto, Fabio Tudisco,  proprio da Giorgio Barattolo che lo aveva visto crescere in palcoscenico in qualità di direttore tecnico.
La ristrutturazione viene ultimata dopo circa 20 mesi di lavori, realizzando un innovativo “Spazio Polifunzionale” con particolari caratteristiche per la nuova sala di spettacolo.
Le novantanove sedie rosso scuro possono essere disposte con grande versatilità, spostate da una parte all’altra del locale a seconda delle esigenze dell’allestimento che, se lo richiede, vedrà le sedie sparire del tutto, quasi per magia e di conseguenza, anche l’area riservata alla scena è mobile. Tutto si sviluppa su un unico livello, senza barriere tra pubblico e artisti e la buona visibilità è garantita dalla flessibilità dei posti a sedere. Le poltrone sono sistemate su tribune telescopiche che, una volta aperte, si sviluppano a gradoni.
Versatilità d’uso, quindi, unita ai requisiti fondamentali per un teatro, sia pure di piccole dimensioni: il silenzio, il buio e la struttura tecnica di un palcoscenico, oltre al comfort per il pubblico ed ovviamente il rispetto dei requisiti di legge.
Fabio Tudisco, rispettando nel suo progetto il contenitore storico che (seppure non di pregio (ad eccezione delle notevoli capriate “polonceau” in ferro forgiato) rappresenta una vera testimonianza del passato, esaltandone la originaria immagine formale com’era inizialmente, oggi solo un po’ “velato”, opacizzato, da alcune reti in ferro con elevate prestazioni acustiche. Fondamentale, in proposito, la consulenza di un ergonomo del calibro di Enrico Moretti, uno dei maggiori esperti di acustica architettonica che annovera, tra i lavori più recenti della sua lunga carriera, interventi all’Auditorium di Milano e la collaborazione con Renzo Piano per la città della Musica di Roma.

Edificato alla fine del 1800, a seguito di una convenzione tra il comune di Roma ed alcuni privati, in un periodo storico in cui, per il quartiere Testaccio, era prevista una destinazione “industriale” (poi sfumata), il locale era in origine destinato ad una esposizione e vendita di macchine agricole, unitamente al corpo attiguo che oggi ospita un supermercato. La struttura esistente non ha subito alcuna modificazione rispetto all’originale (a parte la sostituzione, avvenuta chissà quando, dell’assito in legno del tetto, che non è ipotizzabile sia durato più di cent’anni) e presenta le capriate “Polonceau” artigianali in ferro forgiato a sostegno della copertura, bella testimonianza dell’ardire tecnico dell’epoca.