Skip to main content

Resistenza e un’alternativa possibile alla modernità omologante

Scritto da Agostino Agamben il . Pubblicato in .

a cura Agostino Agamben

Una riflessione sul valore immateriale di piccoli centri che, custodendo antiche tracce di vita comunitaria, sfidano l’oblio contemporaneo attraverso la conservazione, la rigenerazione culturale e la narrazione cinematografica, offrendoci una nuova prospettiva sull’esperienza del tempo e dello spazio; Borghi italiani

L’idea del borgo si srotola in un tempo sospeso, una dimensione dove il presente si dissolve nel passato senza dissolversi, e dove la memoria non è mero ricordo ma una forma di resistenza. Qui, nelle pieghe di pietre e mura antiche, si abita un’assenza che è presenza, una quiete che pulsa di vita, una immobilità che si apre a molteplici temporalità. Il borgo si mostra allora come un dispositivo di riparo non solo materiale, ma ontologico, un frammento di mondo che non si lascia fagocitare dalla velocità del presente, un gesto di discontinuità storica.

Non è forse il borgo il luogo in cui la storia si cristallizza nella sua complessità, stratificando in ogni pietra e in ogni vicolo un racconto che sfugge alla linearità del tempo moderno? Il termine stesso, che affonda le radici in un indoeuropeo primordiale legato alla protezione, alla difesa, ci consegna un’immagine di luogo che vuole sottrarsi all’oblio, che ambisce a preservare una forma di vita, un modo di abitare il mondo. Non più semplici insediamenti ma strutture esistenziali, piccoli mondi che si costruiscono come contrappesi all’inarrestabile dilagare dell’omologazione globale.

Questa difesa si manifesta in una doppia forma: da un lato, la muratura fisica, i bastioni, le vie strette; dall’altro, una difesa immateriale, un tentativo di custodire una rete di relazioni, di tradizioni, di saperi che attraversano le generazioni. Si tratta di un’architettura non solo di pietra ma di senso, di un tessuto sociale che trova nel borgo la sua incarnazione più autentica. Le autonomie e i privilegi concessi nei secoli dai signori locali sono solo una superficie: sotto di essa pulsa una volontà più profonda, quella di mantenere vivi spazi di vita condivisa, di resistenza all’atomizzazione sociale e culturale.

Nel secolo scorso, l’Associazione “I borghi più belli d’Italia” ha assunto un ruolo emblematico in questa tensione, tentando di trasformare la nostalgia in una nuova forma di impegno, in un ripensamento critico dell’abitare. Il borgo non deve essere un fossile da contemplare, ma un campo di sperimentazione per nuove forme di comunità e di economia. La lotta allo spopolamento, il contrasto all’abbandono agricolo e la ricerca di una sostenibilità culturale ed ambientale diventano qui nodi essenziali di una politica che si apre all’innovazione senza tradire la tradizione.

In questo contesto, la forza evocativa del cinema si manifesta con una pregnanza singolare. Attraverso il racconto filmico, il borgo esce dall’anonimato, si trasforma da sfondo a protagonista, da spazio passivo a soggetto narrante. Le immagini del piccolo centro abruzzese di Rocca Calascio, ad esempio, sono al tempo stesso testimonianza storica e finzione artistica, un doppio movimento che ridona vita a ciò che il tempo sembrava aver abbandonato. Il cinema diventa così uno strumento per riflettere sul tempo e sullo spazio, per riconsiderare il valore di un mondo che resiste all’inesorabile accelerazione contemporanea.

Il festival “Borghi sul set”, promosso dall’Associazione culturale Cinecircolo Romano, si inserisce in questa dinamica come un evento che fa dialogare storia, cultura e arte, mettendo in scena una pluralità di voci e di luoghi. I borghi dell’Italia centrale, con le loro ricchezze archeologiche, naturalistiche e paesaggistiche, sono riscoperti non come reliquie, ma come spazi vitali, capaci di farsi portavoce di una storia che continua a trasformarsi nel presente. La selezione dei film diventa un atto di cura, un gesto di attenzione verso un patrimonio invisibile ma profondamente radicato.

La dialettica tra conservazione e innovazione attraversa i borghi, rivelando una tensione interna che ne definisce il carattere più autentico. Non si tratta di congelare il tempo in un’immagine di museo, ma di fare del borgo un luogo di esperienza pluritemporale, in cui passato, presente e futuro si intrecciano in una trama complessa e viva. È questo il segreto del loro fascino: un tempo che non scorre, ma si mostra in tutta la sua molteplicità, un tempo che invita a una contemplazione meditativa e riflessiva, capace di aprire nuove prospettive sul senso dell’esistenza.

Il borgo, allora, si configura come un’esperienza del tempo altra rispetto alla temporalità lineare e omologante della modernità. Esso interrompe la continuità storica, aprendo una breccia verso un’esistenza che si mantiene in equilibrio tra memoria e rinnovamento. Nel silenzio che li avvolge, i borghi parlano un linguaggio antico e nuovo al contempo, raccontano storie di resistenza e trasformazione, di un’umanità che si sottrae al dominio dell’effimero.

Questa condizione rende i borghi italiani un patrimonio immateriale di inestimabile valore, un luogo in cui si conserva non solo l’arte e l’architettura, ma soprattutto una forma di vita e di comunità. La valorizzazione, la tutela e la promozione di questi spazi non possono limitarsi a una dimensione estetica o turistica, ma devono assumere la forma di un impegno etico e culturale profondo, volto a preservare ciò che rende possibile l’esperienza stessa della storia e del mondo.

In questo senso, l’Italia si mostra come un mosaico di borghi, ognuno con la propria specificità, ma tutti accomunati da un’intima tensione a resistere all’omologazione, a conservare un modo di vivere che appare come un’alternativa possibile alla globalizzazione e alla frammentazione. I borghi sono un invito a rallentare, a fermarsi, a recuperare un rapporto autentico con il territorio e con se stessi. Sono luoghi in cui si può ancora scorgere un’umanità più vera, meno alienata e più consapevole.

La loro forza risiede proprio nella capacità di farsi custodi di un’esperienza del tempo e dello spazio che sfida la modernità e si offre come modello di un’esistenza altra. Non sono semplici reliquie, ma presenze vive, testimoni di un’alterità che continua a interrogare il presente e a suggerire nuove forme di abitare il mondo. La loro conservazione diventa allora una questione che investe non solo la memoria, ma la politica, l’etica e la cultura.

In questa prospettiva, la valorizzazione dei borghi si carica di una dimensione politica e sociale essenziale, che impone un ripensamento dei modelli di sviluppo e delle pratiche di vita. È necessaria un’attenzione particolare alle comunità locali, alla loro capacità di reinventarsi e di fare del borgo uno spazio di sperimentazione culturale e sociale. La sfida consiste nel coniugare tutela e innovazione, affinché i borghi non diventino meri oggetti di consumo turistico, ma soggetti vivi di una rigenerazione collettiva.

Le iniziative culturali come il festival cinematografico, e più in generale la mobilitazione intorno ai borghi più belli d’Italia, rappresentano manifestazioni di questa tensione, tentativi di dare voce a un patrimonio spesso ignorato, di stimolare una consapevolezza collettiva nuova. Esse sottolineano che la bellezza e la storia non sono valori astratti, ma dimensioni concrete della vita quotidiana, elementi fondamentali per la costruzione di un futuro più umano e sostenibile.

I borghi italiani, così, non sono mai solo luoghi geografici, ma spazi di esperienza, di memoria e di resistenza. Essi incarnano un tempo che non vuole scomparire, un modo di essere che si oppone all’uniformità e alla dispersione. Nel loro silenzio e nella loro immobilità essi raccontano un mondo possibile, una storia che continua a vivere e a trasformarsi. In questo parlare silenzioso risiede la loro ricchezza più profonda e duratura, un’eredità che chiama a una cura incessante e a un’attenzione che va oltre la mera conservazione.

La presenza di queste piccole realtà diviene allora un monito per chi abita il presente: la vita non è solo movimento e velocità, ma anche sosta e riflessione, non solo progresso lineare, ma anche circolarità e stratificazione. Il borgo è la forma visibile di questa verità nascosta, il luogo dove si rende possibile un pensiero del tempo alternativo, capace di aprire spazi di libertà e di autenticità.

In questa luce, la ricchezza dei borghi si manifesta come un’opportunità per immaginare nuovi modi di esistenza, per ripensare i rapporti tra uomo e territorio, tra storia e futuro, tra comunità e differenza. Essi si mostrano come un antidoto alla frammentazione e all’anonimato, come custodi di una memoria collettiva che non si limita a ricordare, ma che vive, respira e si rinnova nel presente. Un invito dunque a guardare oltre l’apparenza, a percepire il tempo nei suoi molteplici volti, e a trovare nei borghi un modello di vita che resiste all’oblio e alla cancellazione.

Condividi su: