
Roma Film Music Festival Bugs Bunny at the Symphony
Scritto da Davide Mengarelli il . Pubblicato in Cinema, Musica e Teatro.
a cura Davide Mengarelli
La magia senza tempo dei Looney Tunes si fonde con le grandi orchestre in un’esperienza unica, tra ironia, emozione e cultura popolare, inaugurando la nuova era del Roma Film Music Festival.Sotto le volte dell’Auditorium Conciliazione, in una Roma notturna che pare sospesa tra le ombre del travertino e le luci dorate dei lampioni, ha preso vita un evento che pareva uscito da un sogno animato. Non un concerto qualunque, né un film, né uno spettacolo teatrale: ma la fusione di tutti questi mondi in un’unica sinfonia visiva, sonora, affettiva. Per la prima volta in Europa, la magia di Bugs Bunny at the Symphony ha trovato casa proprio qui, aprendo con un boato di risate e applausi la seconda edizione del Roma Film Music Festival, un appuntamento che promette – e mantiene – di essere il paradiso per chi vive di note, immagini e immaginazione.
Un’orchestra dal vivo, l’Orchestra Italiana del Cinema – oltre settanta elementi – prende possesso del palco, mentre sul grande schermo prendono vita i personaggi iconici dei Looney Tunes. Ecco Bugs Bunny, il coniglio più irriverente della storia del cinema, che entra in scena con il solito stuzzicadenti verbale, affiancato da Daffy Duck, Wile E. Coyote, Road Runner, Elmer Fudd, Porky Pig, Sylvester, Tweety, Michigan J. Frog, in un carosello di colori, gag e ritmo sfrenato. Ma qui non si tratta solo di nostalgia o revival. È la potenza di un linguaggio universale: la musica che danza, si infila tra i dialoghi, corre dietro i passi e le espressioni dei personaggi, ricamando un intreccio perfetto tra sincronia ed emozione. Carl Stalling e Milt Franklyn, compositori d’altri tempi eppure così contemporanei, sono i veri autori invisibili del miracolo. Le loro partiture, eseguite in tempo reale con una precisione chirurgica, diventano il vero cuore pulsante dello spettacolo.
Il Maestro George Daugherty, con la sua bacchetta carismatica e un’ironia da conduttore d’orchestra che sa parlare a grandi e piccini, guida il flusso come un direttore d’orchestra ma anche come un narratore d’altri tempi. È lui, insieme a David Ka Lik Wong, a ideare questo format che ha fatto il giro del mondo per trent’anni, mietendo sold out dall’Hollywood Bowl alla Sydney Opera House, dalla New York Philharmonic fino alla Royal Philharmonic di Londra. Ma qui, a Roma, si respira qualcosa di diverso. È il sapore della prima volta, dell’anteprima europea, del debutto nella città eterna. E c’è anche il senso del tempo che passa e si rinnova: Warner Bros. compie cent’anni e lo fa tornando al principio, ai cartoni animati che la resero immortale.
Sedici cortometraggi selezionati, alcuni inediti, vengono proiettati durante il concerto. Ognuno è un gioiello di comicità e ingegno, ma anche un affresco musicale in miniatura. L’inizio, con “Il Coniglio di Siviglia”, è un omaggio a Gioachino Rossini e alla sua celeberrima opera, ambientata ironicamente nel teatro Argentina, lì dove tutto cominciò. La musica lirica, l’opera e il repertorio classico diventano strumenti per ridere, per sorprendere, per insegnare. Wagner, Strauss, Tchaikovsky, Ponchielli, Liszt, Donizetti, Smetana: nomi che i bambini forse non conoscono, ma che imparano ad amare ridendo davanti ai dispetti del coyote o alle trasformazioni di Bugs Bunny.
La forza dello spettacolo sta anche qui: nel rendere l’alta cultura popolare, senza svilirla. Nel mostrare che la grande musica non ha età, che l’orchestra non è un tempio inaccessibile, ma un parco giochi sonoro dove si può entrare anche a sei anni, anche con un pupazzo in mano. Per questo, prima dell’inizio ufficiale, il foyer dell’Auditorium si trasforma in una festa: animatori, personaggi in costume, bambini che suonano strumenti giocattolo, famiglie che si godono l’attesa come fosse Natale. È l’idea del festival: ogni età ha la sua colonna sonora. E “Bugs Bunny at the Symphony” è pensato proprio per questo: per creare ponti tra generazioni, per fare della musica una lingua comune.
Poi, come se non bastasse, arriva l’annuncio di Daugherty durante il concerto: cinque nuovi corti, uno dei quali – “Cemento Fresco” – viene proiettato per la prima volta assoluta. In Europa, il secondo atto diventa un laboratorio di anteprime, un testamento vivente del fatto che il formato è ancora vivo, attuale, in evoluzione. L’epilogo è un capolavoro assoluto: “What’s Opera, Doc?”, parodia esilarante e geniale del ciclo wagneriano compressa in sei minuti e mezzo di puro godimento visivo-musicale. Una performance che da sola vale il prezzo del biglietto, con quella frase che resta nell’aria: “Kill the wabbit!”. E poi “Dynamite Dance”, costruita su “Il ballo delle ore” di Amilcare Ponchielli, chiude lo show in un’esplosione di ritmo, fuochi sonori, applausi scroscianti e sorrisi a trentadue denti.
Ma non finisce qui. Il Roma Film Music Festival prosegue e si amplia come una sinfonia in crescendo. Dopo Bugs Bunny è il turno di Jack Sparrow, in una versione concertistica del film “Pirati dei Caraibi – La Maledizione della Prima Luna”. Proiettato in alta definizione, il film viene accompagnato in sincrono dalla colonna sonora originale eseguita da oltre 80 musicisti, ancora una volta guidati dall’Orchestra Italiana del Cinema, stavolta sotto la bacchetta del Maestro Ludwig Wicki, figura riconosciuta a livello mondiale come uno dei massimi interpreti della musica per film. Le note di Klaus Badelt e Hans Zimmer scorrono potenti come onde sullo schermo, mentre Johnny Depp sfreccia tra arrembaggi, sortilegi e duelli. È passato esattamente un ventennio da quel 2003 che riscrisse le regole del cinema d’avventura, e oggi lo riviviamo non da spettatori, ma da partecipanti, immersi nelle vibrazioni di ogni corda, di ogni timpano, di ogni archiato.
E poi, ancora, un momento di raccoglimento, di ascolto puro e senza mediazioni cinematografiche. “Il Meraviglioso Mondo di John Williams” è un piccolo miracolo: flauto, pianoforte e violoncello – rispettivamente Sara Andon, Simone Pedroni, Cecilia Tsan – ricostruiscono le trame emotive di una carriera che ha definito l’immaginario collettivo. Williams, con le sue cinque statuette Oscar e oltre cinquanta nomination, è l’autore invisibile delle emozioni di intere generazioni. Dalle galassie di “Star Wars” agli incubi di “Dracula”, dai ricordi struggenti di “Schindler’s List” alla magia sognante di “Hook”, passando per “Memorie di una Geisha”, “Sabrina”, “Jane Eyre”, ogni brano è una carezza, una lama, un abbraccio. Il concerto non è un evento, ma un viaggio dentro la mente del più grande compositore vivente per il cinema.
E intorno a tutto questo, il festival pulsa di vita. Incontri, masterclass, premiazioni. Compositori, registi, musicisti, tecnici, appassionati. La filiera completa di quel miracolo chiamato colonna sonora prende forma e voce. È un mondo che spesso resta dietro le quinte, e che qui viene messo sotto i riflettori. È anche un tributo alla storia del cinema italiano, incarnata nei Forum Studios, fondati da Ennio Morricone, Armando Trovajoli, Piero Piccioni, Luis Bacalov. Luogo sacro da cui nasce anche l’Orchestra Italiana del Cinema, oggi protagonista sulla scena internazionale. Ed è proprio grazie a una raccolta fondi promossa da questi studi che è stato possibile donare un nuovo ascensore panoramico al Parco Archeologico del Colosseo, un piccolo ma prezioso gesto per rend
ere la bellezza accessibile a tutti.
Il Roma Film Music Festival è tutto questo: celebrazione, riscoperta, innovazione. Sotto l’attenta direzione artistica di Marco Patrignani, sostenuto dal Ministero della Cultura, dal Comune di Roma, da Nuovo Imaie, da ANEC, con il supporto di sponsor e media partner, il festival si pone come faro culturale in un panorama spesso distratto. Ricorda che senza musica non c’è cinema, e senza cinema non ci sono sogni. E che la sincronia perfetta tra una nota e un’immagine può spalancare porte invisibili nella mente e nel cuore.
“Bugs Bunny at the Symphony” non è solo il titolo di un concerto. È una dichiarazione d’intenti. È un invito a guardare con occhi nuovi quello che pensavamo di conoscere già. È il suono della nostra infanzia che si intreccia con le meraviglie della grande musica. È la dimostrazione che anche un cartone animato può essere arte alta, sinfonica, necessaria. E che tra una risata e una citazione wagneriana, c’è spazio per l’emozione più pura.
In un’epoca in cui tutto è frenetico, consumato, scrollato via, il festival rallenta, ascolta, amplifica. E ci ricorda, con la leggerezza tipica del coniglio più famoso del mondo, che c’è sempre tempo per fermarsi e dire: “Eh… che succede, amico?”.