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Wagner oltre Bayreuth

Scritto da Davide Mengarelli il . Pubblicato in .

a cura Davide Mengarelli

Il Festival wagneriano di Sofia, nato dal sogno ostinato di Plamen Kartaloff, si consolida come modello di rigore musicale e coerenza teatrale, mentre Bayreuth sperimenta tra realtà aumentata e crisi d’identità.L’edizione 2023 del Festival wagneriano di Sofia si conferma un appuntamento di straordinaria rilevanza culturale, un autentico trionfo artistico che esprime con forza la visione utopica del suo fondatore e direttore, Plamen Kartaloff. Questo festival, nato da un sogno ambizioso e coltivato con pazienza e dedizione nel corso degli anni, è ormai una realtà riconosciuta a livello internazionale, diventando un punto di riferimento imprescindibile per gli appassionati del teatro musicale wagneriano, e una meta di pellegrinaggio per tutti coloro che desiderano immergersi nel mondo complesso e profondo di Richard Wagner.

Richard Wagner non è solo un compositore: è un universo. Un universo che si rigenera, si scompone, si ricompone ogni volta che le sue opere tornano in scena. Da un lato c’è Bayreuth, cuore sacro del culto wagneriano, che da 147 anni rappresenta la vetta della tradizione ma anche, oggi, un laboratorio inquieto, attraversato da domande sul futuro e da sperimentazioni che dividono pubblico e critica. Dall’altro, c’è Sofia, che nessuno avrebbe potuto immaginare come centro nevralgico dell’universo wagneriano, e che invece — sotto la guida visionaria di Plamen Kartaloff — ha costruito, in pochi anni, un modello esemplare di dedizione, formazione e coerenza artistica. Due estremi dello stesso asse: Sofia che custodisce il rigore del mito restituendolo con forza autentica, Bayreuth che tenta nuove strade, tra virtuosismi tecnologici e provocazioni registiche. Due prospettive diverse, ma non antagoniste: due modalità complementari di far risuonare, oggi, il timbro eterno e inquieto dell’opera di Wagner.

Plamen Kartaloff, che negli anni Settanta aveva già respirato l’aria carica di storia e passione del Festival di Bayreuth durante i suoi studi, ha portato con sé quell’esperienza come una scintilla ispiratrice che lo ha spinto a immaginare un progetto ambizioso e per molti irrealizzabile: mettere in scena le opere di Wagner in Bulgaria, creando così un festival che potesse crescere e prosperare anche nel contesto dei Balcani, lontano dai grandi centri operistici europei. È stato un percorso lungo e difficile, costellato di rischi sia finanziari sia artistici, ma la volontà e la passione di Kartaloff hanno trasformato questa utopia in un progetto concreto e tangibile, che si è sviluppato intensamente tra il 2010 e il 2013 con la realizzazione integrale del ciclo del “Ring des Nibelungen”.

La scelta di puntare sulla compagnia di canto dell’Opera di Sofia, composta in massima parte da giovani talenti bulgari, ha creato un terreno fertile per la crescita di una generazione di interpreti specializzati nel repertorio wagneriano, offrendo loro la possibilità di affinare la propria tecnica e di immergersi profondamente nelle atmosfere sonore e poetiche tipiche delle opere di Wagner. L’orchestra del teatro, grazie a un lavoro costante e dedicato, ha raggiunto livelli di eccellenza impressionanti, raggiungendo una qualità esecutiva che non è facile riscontrare neppure nei teatri dell’Europa centrale e orientale, e talvolta neanche in alcune capitali europee più tradizionalmente legate al repertorio wagneriano.

Il fascino del Festival di Sofia risiede anche nella sua capacità di creare un’atmosfera immersiva e coinvolgente che richiama quella di Bayreuth. Prima dell’inizio di ogni spettacolo e durante gli intervalli, infatti, le trombe intonano i temi principali delle opere in programma, contribuendo a generare un senso di attesa e di partecipazione collettiva che coinvolge appieno il pubblico. Questa attenzione ai dettagli crea una comunità di spettatori appassionati e attenti, locali e internazionali, che si sentono parte integrante dell’esperienza artistica, e che rendono il festival un momento unico di condivisione culturale e di celebrazione del genio wagneriano.

L’edizione 2023 si presenta con un cartellone di grande prestigio: il pubblico ha la possibilità di assistere all’intero ciclo del “Ring des Nibelungen”, a “Tristan und Isolde” e a “Parsifal”, tutti messi in scena nel teatro dell’Opera di Sofia, mentre “Der fliegende Holländer” sarà ospitato in una cornice suggestiva e originale, il palcoscenico naturale presso il lago Pancharevo, segno della costante ricerca di spazi nuovi e affascinanti per proporre l’opera a un pubblico sempre più vasto e diversificato.

L’allestimento del “Ring” è senza dubbio uno degli sforzi produttivi più impegnativi per qualsiasi teatro al mondo. Il merito va riconosciuto alla capacità e al coraggio della compagnia dell’Opera di Sofia e del suo direttore, che hanno saputo mettere in campo un progetto tanto ambizioso facendo affidamento soprattutto sulle risorse interne, cantanti e maestranze locali, che hanno così avuto modo di confrontarsi e crescere all’interno di un’impresa di altissimo livello artistico. La regia, firmata dallo stesso Kartaloff, si ispira a una cifra visiva tradizionale, rispettosa del contesto e delle aspettative del pubblico, con scenografie di Hans Kudlich e un disegno luci curato da Andrej Hajdinjak. Questa combinazione di elementi restituisce un’immagine d’insieme solida, coerente e capace di valorizzare la grandezza epica del ciclo wagneriano.

Nel “Das Rheingold”, il prologo del ciclo, si manifesta con forza il mito che Wagner costruisce davanti agli occhi degli spettatori, con l’incanto delle divinità, dei giganti e delle ondine, figure che si muovono in un mondo fantastico e primordiale. La tradizione di Bayreuth degli anni Sessanta sembra riecheggiare nella cura della messa in scena e nel modo in cui la narrazione prende forma con grande intensità e suggestione. Il cast è numeroso e di qualità, con interpreti di rilievo come Daniel Ostretsov nel ruolo di Loge, Plamen Dimitrov che dà vita a un Alberich incisivo, e Mariana Zvetkova che interpreta una Fricka convincente. Nicolay Petrov, nei panni di Wotan, porta in scena l’esperienza di un interprete maturo, che supplisce con sicurezza a eventuali limiti fisici, mentre Hrisimir Damyanov, nel ruolo di Froh, appare un po’ esile vocalmente. Nel complesso, però, il cast riesce a sostenere con equilibrio la complessità musicale e drammatica dell’opera.

“Die Walküre”, probabilmente la più nota e rappresentata delle quattro opere del ciclo, si distingue per un’esecuzione intensa e curata nei minimi dettagli. Thomas Hall offre una prova di grande spessore, interpretando un Wotan potente ma allo stesso tempo tormentato dai suoi conflitti interiori, un personaggio lacerato da dilemmi senza via d’uscita. Il suo addio, uno dei momenti più toccanti dell’opera, è un momento da ricordare per intensità emotiva e profondità espressiva. Gergana Rusekova dà vita a una Brünnhilde vocalmente sicura e interpretativamente coinvolgente, mentre Martin Iliev veste i panni di un Siegmund energico e deciso, accompagnato dalla Sieglinde di Tsvetana Bandalovska, solida e convincente. L’unico punto debole del cast è l’Hunding di Angel Hristov, che non raggiunge appieno le aspettative, ma il gruppo delle Walkirie è di altissimo livello: la scena delle Walkirie all’inizio del terzo atto, con le guerriere che appaiono in sella a destrieri scarlatti, è uno spettacolo di grande impatto visivo e sonoro.

L’orchestra del teatro di Sofia continua a sorprendere per la sua capacità di assimilare e dominare il linguaggio complesso del repertorio wagneriano. Il suono morbido, caldo e sempre perfettamente calibrato costituisce il vero valore aggiunto di questo “Ring”. Il direttore Constantin Trinks, con la sua profonda conoscenza musicale, mantiene un equilibrio impeccabile tra le voci soliste e la potenza orchestrale, garantendo una performance che unisce rigore tecnico e coinvolgimento emotivo.

Così Sofia si afferma come una destinazione imperdibile per gli appassionati del mondo wagneriano, un luogo dove la passione per l’opera si traduce in risultati artistici di altissimo livello, capaci di competere con le più rinomate produzioni europee.

Nel contempo, l’attenzione al Festival di Bayreuth, la “mecca” mondiale del wagnerismo, non diminuisce, anzi si rinnova in un confronto continuo tra il peso della tradizione e la necessità di innovare, di rimettere in discussione modelli consolidati per aprire la strada a un futuro ricco di nuove possibilità. Dopo 147 anni dalla sua nascita, il Festival di Bayreuth rimane un evento centrale nel panorama operistico internazionale, ma oggi più che mai si interroga su come mantenere viva e vibrante l’eredità di Wagner in un mondo che cambia rapidamente.

L’edizione 2023 del festival bavarese ha aperto con un “Parsifal” diretto dal granadino Pablo Heras-Casado, la cui direzione è stata accolta da unanimi elogi, tanto dalla critica spagnola quanto da quella internazionale. Heras-Casado ha mostrato una volontà precisa di cercare uno spazio personale nel repertorio wagneriano, riuscendo a liberarlo da quella tradizionale aura di trascendenza mistica che spesso lo avvolge, per proporre una lettura più umana e accessibile. Questo approccio è stato particolarmente evidente nel secondo e terzo atto, dove la sua direzione ha raggiunto livelli di eccellenza che la critica ha definito “storici”.

La performance è stata inoltre sostenuta da un cast di prim’ordine, con la mezzosoprano lettone Elīna Garanča nel ruolo di Kundry, una delle stelle emergenti nel firmamento wagneriano, accompagnata da interpreti di alto livello come Andreas Schager (Parsifal), Georg Zeppenfeld (Gurnemanz), Jordan Shanahan (Klingsor), Derek Welton (Amfortas), Tobias Kehrer (Titurel), e dal coro del festival, tutti elementi che hanno contribuito a creare un’esperienza sonora e teatrale di grande impatto.

Non sono mancate però le critiche, soprattutto rivolte alla messa in scena firmata dall’americano Jay Scheib, che aveva il compito di coniugare la potenza e la grandiosità di “Parsifal” con la tecnologia della realtà aumentata (AR), una novità pensata per una selezionata parte del pubblico, che avrebbe potuto vedere sovrapposte immagini virtuali grazie a speciali occhiali. L’effetto visivo, pur onirico e innovativo, è stato giudicato da molti confuso e poco efficace, incapace di trasmettere la complessità del dramma wagneriano. La critica più severa ha sottolineato come la regia di Scheib, pur dotata di una sensibilità semplice e diretta, mancasse di una chiara visione sul significato profondo dell’opera, lasciando un senso di vuoto e di disorientamento nello spettatore.

Zachary Woolfe, critico del New York Times, ha sintetizzato questo sentimento affermando che, nonostante Wagner sarebbe stato entusiasta delle nuove tecnologie applicate all’opera, questo “Parsifal” non rispondeva alle sue aspettative. Il risultato, secondo Woolfe, ha dimostrato soprattutto la superiorità del “live” rispetto al digitale, mettendo in luce quanto la magia dell’opera risieda ancora nell’esperienza diretta e tangibile dello spettacolo teatrale.

Il programma di Bayreuth per il 2023 è stato ricco e variegato, con rappresentazioni di tutto il canonico repertorio wagneriano, dal ciclo del “Ring des Nibelungen” — suddiviso nelle quattro giornate “Das Rheingold”, “Die Walküre”, “Siegfried” e “Götterdämmerung” — a “Parsifal”, “Tannhäuser”, “Der fliegende Holländer” e “Tristan und Isolde”. Il giovane regista austriaco Valentin Schwarz, autore della versione del “Ring” presentata l’anno precedente e giudicata controversa, ha apportato modifiche e integrazioni per migliorare la comprensione e accogliere le critiche, dimostrando un’apertura che rappresenta un segnale di un Festival che non teme di mettersi in gioco.

Un’ulteriore novità del festival bavarese è stata l’organizzazione di concerti all’aperto in stile picnic, diretti da Markus Poschner, nei quali l’orchestra ha eseguito brani di Wagner e di altri compositori che, ispirandosi allo spirito innovatore del grande compositore tedesco, hanno ampliato i confini del linguaggio musicale del loro tempo, spaziando da Dimitri Shostakovich ad Alban Berg, da Kurt Weill a Giuseppe Verdi e persino ai Aerosmith, un intreccio di generi e stili che testimonia la vitalità e la capacità di dialogo della musica wagneriana con il mondo contemporaneo.

Il Festival di Bayreuth ha annunciato l’intenzione di ampliare il proprio repertorio includendo per il 2026, anno del 150° anniversario del festival, la messa in scena di “Rienzi”, un’opera che, pur essendo stata una delle prime di Wagner, non è mai stata parte del repertorio ufficiale della collina verde. Questa decisione segna un passo storico, un’apertura che potrebbe rappresentare l’inizio di una nuova stagione per il festival, orientata a esplorare aspetti meno conosciuti ma ugualmente affascinanti della produzione wagneriana.

“Parsifal”, che proprio nel 2023 ha celebrato 140 anni dal suo debutto, rappresenta il culmine della poetica wagneriana, un’opera che si ispira al poema epico medievale di Wolfram von Eschenbach e racconta la ricerca del Santo Graal da parte dell’omonimo cavaliere. Wagner, che compose l’opera negli ultimi anni della sua vita, la concepì come un capolavoro di spiritualità e redenzione, elementi che ancora oggi rendono “Parsifal” un’opera unica e profondamente evocativa.

Questa simultanea vitalità dei festival di Sofia e Bayreuth, così diversi per storia e tradizione, ma accomunati dalla passione per Wagner e dalla ricerca costante di nuovi modi per rendere attuale la sua arte, dimostra come il teatro musicale wagneriano continui a essere uno spazio di grande energia creativa, capace di coinvolgere pubblico e artisti in un dialogo continuo tra passato e futuro, tra tradizione e innovazione, tra mito e realtà. La straordinaria qualità delle produzioni, la cura per i dettagli scenici e musicali, la profondità interpretativa degli artisti, insieme a un pubblico sempre più consapevole e partecipe, sono la dimostrazione che Wagner non è solo un compositore del passato, ma un autore sempre vivo, la cui opera continua a ispirare e a emozionare, generazione dopo generazione.

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