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25 Aprile stantio e polveroso

ANDARE OLTRE 

Tra poche ore, di nuovo il 25 aprile, immancabilmente lo stesso da 76 anni, immutato nel suo spirito celebrativo che resta divisivo, fortemente intriso di ideologismo stantio, anacronistico, pure frutto di retorico accatto.
Ancora un 25 aprile unilaterale di vincitori contro vinti, antifascisti contro fascisti e con la piazza gremita da partigiani, datati o nuovi oppure aspiranti tali, tutti, comunque, così “fragili o vulnerabili”, mutuo gli aggettivi dalla vicenda covidiana, da non convincersi, finalmente, a vaccinarsi con gli anticorpi universali della democrazia, che significa, innanzitutto, confronto. 

Nessuno nega il valore della festività civile del 25 aprile, data di liberazione dal fascismo e fondamentale preliminare della successiva, magnifica scelta della Repubblica, memoria questa, ormai, storicamente acquisita e condivisa da tutti gli italiani, ma, certamente, nessuno può accettare che cocciutamente si continui a millantare  che la porta sul futuro dell’Italia possa ancora girare sui cardini di un antifascismo arrugginito, mai oliato in 76 anni dal buonsenso di ricomporre una divisione lacerante della nostra comunità nazionale.

Da anni il 25 aprile si celebra sempre forzatamente e d’autorità, con epica retorica “amarcord”, alla quale, ora per il secondo anno, il globalista Covid19, anche con la complicità della neocapitalista dittatura comunista cinese, ha persino tolto la possibilità del conclusivo, tradizionale epilogo “tarallucci e vino”. Sempre meno gente in piazza, neppure a curiosare in incognito, considerata l’identità celata dall’epidemica mascherina.  
I giovani, poi, rare mosche bianche, né potrebbe essere diversamente: le nuove generazioni amano sempre più ritrovarsi, non dividersi a priori su un contrasto, voluto dai loro nonni e continuato dai loro genitori.
E, poi, sono 76 anni che nella scuola ai giovani si dà principalmente la solita vulgata, solfa interpretativa del 25 aprile come trionfo dei partigiani, principalmente una parte di essi, sul male assoluto del fascismo: dagli anni ’70 in poi, penso soprattutto ai licei, sono stati e sono, tuttora, numerosi i “professorini”, perlopiù di storia e filosofia, cattivi maestri, magari, de “La meglio gioventù”, ricordate il celebre film, che indottrinano, alimentano la divisione anziché istruire, educare a valori comuni attraverso la giusta riflessione sulla storia.
E l’indottrinamento non porta mai alla vera conoscenza della storia. A troppi ancora conviene far sopravvivere la guerra civile tra antifascismo e fascismo quale contrasto civile e politico tra buoni e malvagi, rispettivamente la sinistra e la destra, quindi con la preconcetta idea che la prima debba sempre prevalere sulla seconda.

Ma come possiamo ancora contestualizzare nel presente l’attuale modalità celebrativa del 25 aprile?
E’ vero, dobbiamo liberarci dal Covid, superare un baratro economico, ricucire ferite profonde delle istituzioni e così via, ma tutto questo sarà possibile solo con il confronto, la riflessione critica di tutte, dico tutte, le parti interessate, quindi è fuori luogo e fuori tempo lo spirito divisivo della corrente celebrazione del 25 aprile.
Ancora, può l’odierna festa contrappositiva del 25 aprile sopravvivere in una società, sempre più pragmatica ed efficientista, digitale e social, che chiede rapida creazione e condivisione di idee, progetti comuni? Oggi più che liberarci da chi o da che cosa, tanto meno dal fascismo, dovremmo garantire, festeggiare la libertà, intesa come giusta contemperanza della libertà individuale con quella collettiva.

Ben venga, allora, un 25 aprile, concorde Festa della Libertà, una ricorrenza che sia memore del passato, ma pure consapevole di dover andare oltre un superato contrasto ideologico.
Resta la condanna del fascismo e delle sue colpe durante un ventennio, fatto, però, anche di innovazione ed espansione, come restano la corruzione e gli scandali, le ondate terroristiche, il malgoverno centrale e regionale, il malaffare e la pochezza, spesso cinica e con tanto pelo sullo stomaco, dei trascorsi 76 anni di vasta mala politica, dalla quale, sino ad oggi, non siamo stati capaci di liberarci.

______________________FRANCO D’EMILIO 

 

 


Franco D'Emilio

Storico, narratore, una lunga carriera da funzionario tecnico scientifico nell'Amministrazione del Ministero per i beni e le atiività culturali

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