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Poveretti noi !

Sempre più Africa … Roma Capitale della savana 

Il giorno 27 giugno, dall’autobus n.44, all’inizio dei Colli Portuensi, si è visto un gran fuoco di sterpaglie a ridosso della scuola Eugenio Montale, proprio sotto un gran pino. Un passeggero, dopo alcune esclamazioni di sgomento, seguite a quelle di altre persone, con il proprio cellulare ha composto il numero telefonico delle urgenze relative al fatto, ma senza risposta. Lo stesso ha riprovato con altri numeri di emergenza, ricevendo atona udienza di una voce femminile che lo pregava di attendere alcuni minuti per la comunicazione con un addetto, ripetendo la frase in tre lingue, più e più volte, intervallate da una musichetta.

Sono passati ben tre minuti e mezzo, con la vocetta monotona che cantilenava di attendere. Se al capo del filo ci fosse stato una persona alla quale avevano messo il coltello alla gola, poteva tranquillamente morire.

L’allarme del passeggero dell’autobus non ha avuto esito alcuno, e chissà cosa sarà accaduto. Forse si attende, poi, a fatto compiuto, di fare le solite sbrodolate davanti ad un giornalista TV, con tanto di lacrime sentimentaliste, con gemiti di falso rammarico. Un secondo di celebrità, la sora Nena ci guarda e digrigna d’invidia. Siete così ridotti, italiani, o lo siete stati dal boom negli anni ’60 ?

Ci si chiede cosa è rapidissimamente accaduto ad una Capitale per diventare così inefficiente, sonnacchiosa, trascurata come una vecchia bagascia, disposta all’indifferenza più assoluta di fronte anche a probabili disgrazie. Ma dove è finita l’Italia? Quale fiducia si può avere non solo nelle istituzioni, ma anche fra la gente, fra vicino e vicino, fra individuo ed individuo. Questa non è più cultura né Stato, non è che qualche frastagliato ed approssimativo luogo d’Africa, quello descritto nei fumetti di annata con esploratori e portatori di bagagli , ahimè invertito nelle parti: l’Africa farà da dominatore, e gli italiani, porteranno i macigni del loro menefreghismo. Duole dire che non saranno i vari uomini di panza o comuni cittadini, ma i loro sprovveduti e incerti figlioli.

Marilù Giannone