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A colloquio con Carlo Zampa
la “Voce Storica del Popolo Giallorosso”

I PALPITI DELL’EMOZIONE DI CARLO ZAMPA:
UN RADIOCRONISTA CON LA FEDE CALCISTICA NEL CUORE

Una conversazione con Massimiliano Serriello

Carlo Zampa, al pari del Woody Allen di Crimini e misfatti, è consapevole che il cuore e il cervello non si danno nemmeno del “tu”. Cionondimeno sa essere anche un argomentatore smagliante, incisivo, puntuale. Ha scelto il cuore, rappresentato dalla fede calcistica, l’amore per la Roma, ma rispetta il cervello. Non rifugge dall’alta densità lessicale della lingua italiana, conosce bene la differenza tra parole piene e parole vuote, anche se resta affezionato ai modi di dire romaneschi. In qualsiasi cosa fa è la spontaneità a guidarlo.
Con lui come radiocronista i tifosi giallorossi hanno trattenuto il respiro, gioito, pianto, persino imprecato.

La Dea Bendata non sempre è stata amica della Lupa. Lui si guarda bene dall’esercitare il suo enorme ascendente sulla gente dell’Urbe, quella situata sulla sponda giusta, che porta il nome della città. L’affetto che i tifosi continuano ad avere nei suoi riguardi lo giudica il più gratificante dei patrimoni. Persino i precetti dei maestri dell’informazione, la deontologia degli illuminati colleghi, avvezzi all’assoluta rilevanza di pesi informativi indiscutibili, divengono poca cosa dinanzi a una visione romantica della propria professione. Un’egemonia dello spirito sulla materia. Anche nel momento in cui serve fare i conti con dolorosi fraintendimenti, come quando fu rimosso dall’incarico di speaker per aver deliberatamente evitato di pronunciare i nomi dei giocatori romanisti passati tra le fila juventine, il sano processo di umanizzazione resta il corollario irrinunciabile per chi crede nelle favole.
Dopo lo scudetto del 2001, i tifosi andavano in trasferta con lo striscione “Ho preso casa a Glasgow”. Era la sede della finale di Champions League. Non successe. Ma se fosse successo… Così si dice a Roma. E Zampa ne ha interpretato il desiderio di sormontare gli ostacoli e puntare alle stelle. Senza il cinismo, il disincanto, la vena canzonatoria dei cittadini capitolini. Quantunque, ora come ora, con le bandiere ammainate e una società che bada al sodo, senza curarsi dei palpiti dell’emozione, il valore terapeutico dell’umorismo sarebbe un toccasana. Carlo di riti scaramantici, più o meno noti, ne ha posti in essere parecchi. Oggi per molti sostenitori della ‘Magica’ – tale rimane per chiunque abbia vissuto il brivido di salire sul tetto d’Europa sul terreno amico con il rigore di Agostino Di Bartolomei che la portò in vantaggio nella lotteria crudele dei tiri dagli undici metri – rappresenta un monumento vivente. Lui fa spallucce. Il ridimensionamento delle speranze è un’eventualità da scartare a priori. Occorre però riaccendere le speranze sopite dalla mesta situazione attuale.

Frangar non Flectar. Deve valere per la squadra e per i sogni di riaffermazione. Che possono, appunto, spezzarsi. Però non saranno mai piegati. I suoi appelli all’adunata, sul terreno dello stadio Olimpico, ancora oggi penetrano nel cuore. Al pari delle sue esultanze sfrenate. In grado di modificarne il timbro di voce. Il carattere d’ingegno creativo, frammisto alla fragranza della spontaneità, gli ha permesso di trovare un soprannome diverso per ogni giocatore che ha calcato quell’erba.
Ora ha l’età per mettersi seduto sul crinale del raziocinio. Unitamente sempre al sano ottimismo. Tanto entusiasmo non può finire in una bolla di sapone. È presto per cantare il De Profundis. Formuliamo quindi l’augurio di ascoltarne presto il personale e trascinante inno alla Gioia. E alla Roma

1.) D / Definisci i romanisti i tuoi ‘fratelli di Fede’. In un momento drammatico come questo, nel quale sembra che la barca stia per affondare, quale messaggio vuoi trasmettere ai tifosi?
R /
Il momento è sicuramente difficile ma definirlo drammatico è eccessivo. Abbiamo perso le nostre due bandiere e il dispiacere è enorme. La speranza è che, con i gesti e le parole di Totti e De Rossi (nella foto), la dirigenza abbia capito che al tifoso della Roma bastano la sincerità e i fatti. Le parole, se non hanno un seguito, lasciano il tempo che trovano. I tifosi giallorossi ci sono sempre e mai fanno mancare il loro apporto alla squadra, ma non devono essere presi in giro

2.) D / Il risanamento del bilancio e il senso di appartenenza non sono ormai chimere?
R /
Il senso di appartenenza per i tifosi della Roma è insito nel cuore ma, con i tempi moderni, il sentir parlare della Roma come “azienda” non è certo un aiuto per far sentire i tifosi attaccati alla propria squadra. Dal punto di vista finanziario ci sono dei gap da colmare, ma voglio sperare che i dirigenti preposti svolgano al meglio il lavoro per il quale sono stati incaricati, non soltanto vendendo i calciatori migliori.

3.) D / Dopo la triste finale di Coppa dei Campioni persa in casa, all’Olimpico, ai rigori, contro il Liverpool, con la stagione 1984/1985 comincia la tua carriera di radiocronista. L’anno seguente rimontiamo tantissimi punti alla Juve per poi sciupare tutto col Lecce. Che ricordi hai di quella partita?
R /
Ricordi tristi, disperazione sportiva. Le giornate successive passate in un limbo di sconforto misto a incredulità e dispiacere. A distanza di anni ancora non mi capacito di come sia potuta accadere una cosa del genere.

4.) D / Il 14 febbraio 1999 divieni lo speaker dello stadio Olimpico. Qualche mese prima, il 29 novembre 1998, nel derby finito in parità (3-3) ne dici di tutti i colori al compianto arbitro Farina colpevole di averci annullato il gol del 4 a 3 a opera di Delvecchio. Validissimo. È lì che sei diventato un personaggio vero e proprio?
R / Non mi sono mai sentito un personaggio, sono un tifoso della Roma, che ha avuto la fortuna di fare di una passione un mestiere, narrando le gesta della propria squadra con amore, coinvolgimento e soprattutto spontaneità. Ogni mio commento, racconto e incipit alla gara nascevano al momento, al punto che per ricordarmi quello che avevo detto in cronaca dovevo risentirlo a fine partita. Il gol annullato dall’arbitro Farina ancora lo ricordo… sarei sceso in campo con tutte le cuffie e il microfono! E devo dire che lui fu molto carino nei giorni successivi a chiedermi l’audio della partita, perché si era molto divertito. Riposi in pace.

5.) D / Fosti premonitore con Totti capendo che l’opinione pubblica lo avrebbe ‘linciato’ alla prima reazione ai continui falli. Cosa ha significato per te vedere il Capitano divenire Uomo?
R /
Sono un privilegiato perché, oltre ad aver raccontato uno scudetto della Roma, sono stato l’unico cronista ad aver narrato l’intera carriera di Francesco Totti, dall’inizio alla fine. Francesco è un uomo straordinario e questa è la sua forza. Francesco è più forte di Totti. Detesto chi ne parlava e ne parla male a livello personale, a maggior ragione quando a farlo sono tifosi della Roma che, a mio avviso, dovrebbero vergognarsi.

 

6.) D / La gavetta è dura. Però quando c’è il motore della passione, non si avverte nemmeno la stanchezza. Per quanto tempo hai preferito la ‘gloria’ a una giusta remunerazione?
R /
Ti rispondo con una semplice affermazione: ho fatto lo speaker della Roma in modo totalmente gratuito e senza chiedere alcun tipo di compenso. Per me è stato un privilegio e un onore averlo fatto per la mia Roma, ricambiando la fiducia che il presidente Franco Sensi (nella foto) aveva riposto in me.

 

7.) D / Perché, anche se ti offrissero l’incarico, non torneresti più a fare lo speaker?
R / La mia esperienza di speaker è nata e finita con Franco Sensi ed a lui andrà sempre il mio eterno ringraziamento per avermi dato un’opportunità meravigliosa. Le minestre riscaldate non mi piacciono, è stata una lunga parentesi che mi ha dato soddisfazione e gioie uniche e la tengo custodita gelosamente nei miei ricordi di tifoso giallorosso. La Roma ha, da anni, un valido ed ottimo speaker come Matteo Vespasiani, ragazzo d’oro al quale auguro di avere la stessa fortuna che ho avuto io nel raccontare un nostro scudetto. Il forum di Popolo Giallorosso, fondato con il mio amico Stefano Rago, è ancora oggi un punto di riferimento per i tifosi della Roma e malgrado l’avvento dei social è sempre lì a dare spazio a chi ha voglia di parlare della squadra giallorossa. A questo aggiungi che ho ideato il quotidiano “Il Romanista”, primo esempio al mondo di giornale interamente dedicato ad una squadra di calcio. Bisogna andare sempre avanti, senza mai rinnegare il passato e le proprie radici…

8.) D / Hai tirato fuori per i giocatori dei soprannomi curiosi ed emblematici: Bimbo de Oro (Totti), Pluto (Aldair), Anima Candida (Tommasi), Pendolino (Cafu), Top Gun (Montella), Re Leone (Batistuta), The Wall (Samuel), Peter Pan (Cassano), Capitan Futuro (De Rossi), Rugantino (Mexes), Denzel Washington (Juan) Scarface (Burdisso), Jack Sparrow (Borriello), Johnny Depp (Osvaldo), Lex Luthor (Bradley), Giotto (Pjanic) e il feroce Saladino (Salah). Ma sei convinto che gli ascoltatori, anche quelli allergici ai libri, abbiano sempre capito i riferimenti come la catarsi o Gulliver associato a Carew?
R / Mai mi sono sentito superiore agli altri e non rivendico nulla se non il mio esser Romanista dalla testa ai piedi. Io ho sempre fatto tutto con assoluta spontaneità e, come ti dicevo, il tifoso della Roma non ama essere preso in giro ed apprezza la sincerità e la passione vera, non quella pianificata a tavolino. Preferisco sempre essere, piuttosto che apparire, sono sempre stato così. Mai potrei fare il cronista della Lazio. A buon intenditor… Ancora oggi alcuni giocatori vengono ricordati con i soprannomi che gli avevo dato. Damiano Tommasi ha creato un’etichetta di vino e l’ha chiamata proprio Anima Candida. Per citarti un esempio più recente, il Capitano Francesco Totti ha fatto gli auguri di compleanno ad Antonio Cassano chiamandolo proprio Peter Pan. Queste per me sono soddisfazioni uniche, che non hanno prezzo.

9.) D / Oggi Franco Baldini è malvisto dalla stragrande maggioranza della tifoseria. Eppure ai tempi avevate una certa confidenza. Che idea ti sei fatto della diatriba col Capitano?  
R / Sono sempre stato legato a Franco Baldini e al suo esser contro il sistema che, negli anni, si è dimostrato esser marcio. Ero felice del suo ritorno a Roma perché, per me, rappresentava una garanzia di competenza e onestà. Ad oggi, dovendo scegliere, mi schiero ovviamente dalla parte di Francesco Totti e di Franco Baldini preferisco tenere il buon ricordo che avevo fino al 2013.

10.) D / Tu e Sandro Piccinini avete caratteri e carriere agli antipodi ma si evince lo stesso una certa intesa. Come valuti il ruolo di chi fa informazione senza palesare la fede calcistica?
R / Sandro Piccinini è il numero uno in questo settore. Competente, professionale. Abbiamo iniziato insieme circa 35 anni fa e abbiamo condiviso molte esperienze. È grazie a lui se sono entrato a Mediaset. Sandro è un professionista istituzionale, io sono tifoso prima e radiocronista poi, quindi sono più vicino a Carlo Pellegatti, che è un fuoriclasse del settore.

11.) D / In questo momento il senso dell’umorismo dei tifosi sembra perduto. Pensi che un po’ di sana ironia possa ridare qualche stimolo a un gruppo ora come ora molto fiacco?
R /
Il romano vive di ironia e autoironia, è una caratteristica che ci fa amare e odiare da chi entra in contatto con la nostra realtà. Attualmente, a livello sportivo, i motivi di ilarità non sono molti, il mercato è in divenire e siamo in attesa che la squadra venga rafforzata. Ma il tifoso della Roma, come ti dicevo prima, è sempre al fianco della squadra e, quando meno te lo aspetti, tira fuori qualche “Perla” di ironia e romanità pura. Siamo fatti così e ne siamo orgogliosi. L’ambiente romano è il più facile del mondo, perché qui basta poco per accendere l’entusiasmo del popolo giallorosso, anche se storicamente purtroppo abbiamo vinto poco.

MASSIMILIANO SERRIELLO

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