Skip to main content

Aldo Moro, ucciso dalle BR o dalla Prima Repubblica?

ALDO MORO: L’ULTIMO CRISTIANO IN POLITICA

Allo scoccare dei 40 anni dal rapimento dello statista democristiano, tra celebrazioni e nuove “verità”, l’attenzione è ritornata sui 55 giorni che hanno sancito uno strappo, in un paese che era smarrito allora, quasi quanto lo è al giorno d’oggi. Al di là delle nuove tesi sul rapimento ed assassinio di Aldo Moro, frutto di investigazioni giudiziarie o parlamentari, in cui si dice tutto e il suo contrario, sarebbe bene concedersi alcune riflessioni.

La prima considerazione è che l’Italia sembra cambiata, da quando lo statista democristiano aveva importanti incarichi di governo ad oggi, ma non lo è affatto. Ad esempio, grazie al programma televisivo RAI “Non è mai troppo tardi”, fortemente voluto da Aldo Moro, tra il 1960 ed il 1968, migliaia di analfabeti erano riusciti a raggiungere un titolo di studio. Siamo passati dalla TV in bianco e nero a quella Full HD, tuttavia, se negli anni 60 non sapevamo leggere e scrivere, ora, grazie alla scuola dell’obbligo, lo sappiamo fare ma siamo il paese europeo con più analfabeti funzionali.

Nel 1978 si parlava della “questione morale”, il problema che riportava alle ruberie dei politici (era scoppiato da un paio d’anni il caso “Lockheed”) costituiva una potente attrazione verso la politica estremistica che oggi definiremmo “antipolitica”, cioè il polo di attrazione politica che ha vinto le elezioni del 4 marzo scorso. La mattina del 16 marzo, il sentimento contro la classe politica era così forte che non tutti gli italiani rimasero scioccati dal sequestro del Presidente della Democrazia Cristiana, alcuni festeggiarono e neanche troppo di nascosto, non è difficile immaginare reazioni simili, se qualche politico fosse sequestrato ai giorni nostri.

La vicenda del sequestro di Aldo Moro dava più di qualche motivazione anche per far festeggiare alcuni politici, era un avversario scomodo e potente con idee “aberranti”. Era il fautore del “compromesso storico” e di conseguenza odiato sia a destra, sia a sinistra, in Italia ed anche in ambito internazionale, inviso, a causa di questo progetto, sia dagli USA, sia dall’URSS. Era “pericoloso” perché un uomo di idee e di conseguenza, colpirlo era necessario; non sarebbero state distrutte le sue idee, già enucleate, ma sicuramente stroncate sul nascere quelle (possibilmente ancor più pericolose) future. Fortunatamente (per alcuni) era il Presidente della D.C. e di conseguenza, l’obiettivo principale e più simbolico per le Brigate Rosse.

Aldo Moro viene sequestrato a Roma in Via Fani e, per queste considerazioni, poco importa se solo dalle B.R. o attraverso l’aiuto di altri, se con un’azione da “corpi speciali” o in virtù di una serie di circostanze fortunate, rese anche possibili dalla scarsa preparazione delle scorte dell’epoca. Viene imprigionato in una stanzetta/cella ricavata in un appartamento sito a Via Montalcini 8, alla mercé di brigatisti travisati, poco conta se ci sono stati errori investigativi dolosi o colposi che non hanno portato alla sua liberazione: il Presidente della Democrazia Cristiana è fuorigioco.

Aldo Moro viene ucciso e la sua morte, invece, interessa. Non solo importa (come è sacrosanto) alla sua famiglia ma al futuro del paese intero. È la morte di Aldo Moro che provoca la rovina di un intero sistema, che anni dopo chiameremo Prima Repubblica, non “Mani Pulite” ma i 12 proiettili che hanno attinto il corpo dello statista democristiano. Con Aldo Moro non muore solo l’uomo che aveva sdoganato il comunismo italiano, come legittima parte politica, ma l’ultimo uomo, genuinamente e fermamente, cristiano in politica. Un uomo di idee cristiane che vengono applicate alla politica. Idee forti, decise, congruenti che formavano la sua visione e la sua politica. Nessuno sarà più un eguale interprete delle idee cristiane in politica come Aldo Moro. I politici “cristiani” successivi saranno un coacervo di divorziati, mariuoli, spiritisti. Nessuno chiuderà più le proprie lettere invocando l’illuminazione divina, non è solo una questione dialettica ma un imperativo morale in quel testamento finale di un uomo e di un politico che si traduce in quasi 2 lettere per ogni giorno di prigionia. Con Moro la cristianità in politica era un valore, 40 anni dopo è diventata un disvalore.

Luigi Berlinguer e Aldo Moro
Luigi Berlinguer e Aldo Moro

Per non uccidere Aldo Moro le B.R. richiedono uno scambio di prigionieri che presuppone un riconoscimento politico. Lo statista democristiano riconosce il soggetto politico rappresentato dalle B.R., lo Stato no. Lo Stato non vuole.

Moro morto è una tragedia per gli amici, a livello personale, ma una manna per il mantenimento dello status quo politico. Le idee del Presidente D.C. sparigliano le carte, ad iniziare dal “compromesso” con i comunisti, un’idea che non piace a molti, in Italia e all’estero. Farebbe bene all’Italia ma nessuno lo capisce. I rapper odierni direbbero che Moro e Berlinguer “stavano avanti”, ma siccome le idee, soprattutto quelle buone, fanno (ancora) paura c’è chi, tra i poteri forti, parlerebbe di grande “inciucio”.

Moro muore: per inconfessabile volontà di alcuni ed incapacità di altri. Muore, soprattutto, perché si difende da uomo di idee e non da politico vigliacco. Durante la sua prigionia si difende da uomo di pensiero facendo leva sulla sua cristianità, secondo il convincimento che l’uomo, il padre, il marito ed il nonno, erano più importanti della “ragion di Stato”. Questo è quello che scrive ai suoi compagni di partito e persino al suo amico Papa: era più importante far giocare il nipotino o stare vicino alla sua “Noretta”, di quanto fosse controproducente per lo Stato una trattativa che si sarebbe, probabilmente, risolta con uno scambio di prigionieri. La persona – per Moro – era più importante della concezione astratta dello Stato e di conseguenza “trattare” era un imperativo morale. Un pensiero cristiano, tanto cristiano che nessuno della D.C. lo aveva avuto. L’attributo “cristiano” della Democrazia finisce in quel momento. Aldo Moro (per quello che appare dagli atti delle indagini), fedele alle sue idee, tratta con i suoi carcerieri facendo appello alla salvaguardia della persona, dimostra, in questo modo, di essere un vero uomo dello Stato, accetta di morire ma non rivela i segreti di cui era a conoscenza, primo fra tutti: Gladio. Moro non si vende, salva lo Stato e muore. Forse è l’ultimo dei martiri italiani.

È bene sottolineare però un concetto: Aldo Moro viene lasciato morire dallo Stato, il quale, non può accettare la tesi che la persona possa essere più importante della sua “ragione”. Se passasse questo ragionamento, ogni arresto di un componente di un’associazione criminale, minimamente organizzata, si tradurrebbe in un successivo sequestro di innocenti, con lo scopo di liberare i carcerati affiliati. La lotta (futura) alla mafia non sarebbe stata possibile. Il Presidente democristiano lo sapeva perfettamente ma comunque mette sul piatto della bilancia il valore della vita umana e non segreti di Stato, ben più appetibili.

Se, dal punto di vista morale, l’uccisione di Aldo Moro è riconducibile ai partiti del “compromesso” ancora uniti nel fronte della non trattativa (sostenuti da alcuni giornali), il grilletto lo tirano le B.R., le quali, commettono il più grave errore di strategia politica della loro storia. La liberazione in chiave “umanitaria” dello statista sarebbe stata (probabilmente) vista con grande simpatia dall’opinione pubblica e questo avrebbe portato nuova linfa alla lotta brigatista, ma soprattutto, Moro liberato, avrebbe rappresentato una spina nel fianco della D.C. che sarebbe stata messa all’angolo, proprio per la sua mancanza di coraggio e di umanità cristiana. Politici vigliacchi, per essersi immediatamente affannati a sostenere che le lettere del loro Presidente erano “estorte”, ad un uomo forse drogato e torturato. Moro era sotto stress e le analisi (serie) della sua scrittura lo confermano ma era nel pieno delle sue facoltà.

Idee, esperienze, necessità e speranze di Aldo Moro, finiscono nella Renault 4 a via Caetani, non è dato sapere se in fondo al tunnel abbia visto la luce – come sperava in una lettera – quello che è certo è che con lui muore un grande statista e l’ultimo cristiano vero degli eredi del Movimento di Don Luigi Sturzo.