Skip to main content

Anastasia Kurakina ed i suoi ritratti alla Galleria Marino

L’Arte ricomincia dalle donne

Giovedì 18 marzo alla Galleria Marino di S. Sebastianello di Roma una piccola folla inibiva l’ingresso nel locale per una vernice. L’artista russa Anastasia Kurakina ha aperto una personale dal titolo Portraits, riempiendola di tipi umani vestiti e nudi, assorti e provocatori, riprodotti con varie tecniche ma con un’ unica anima, quella di una giovane pittrice che sa approvare, valorizzare, e narrare ciò che nella figura umana è di sintetico ed essenziale.

Acquarello,  matite colorate ed olio, prove su piccolo formato ed anche rapide opere finite, queste esistenze rivelate nel loro paradigma hanno conquistato i visitatori, che il critico Giuseppe Marino conduce al pensiero di qualche contemporaneo o grande maestro di poco tempo fa, come Ensor, o Nolde. Ma non basta: l’arte di Anastasia Kurakina ha assorbito anche le frasi dei grandi maestri come Toulouse per gli atteggiamenti aperti di molti protagonisti delle sue tele, il colpo d’occhio degli Impressionisti per sintetizzare il carattere di essi, e la rilassata sensualità di Modigliani. Viene anche facile alla mente un riferimento a Schiele per quell’ombra di sofferenza che qualche nudo ha, reso talvolta in monocolore con rapidi e precisi contrasti di altra cromia per richiamarne la seduzione, la femminilità, altrove provocatrice nell’immediata citazione dei suoi tratti, come nella “Donna che fuma” .

Anastasia ha a lungo studiato e prodotto, è un’artista nota dagli Stati Uniti alla Cina e presente sia in collezioni private che nei Musei, i Vaticani per esempio. Giovane di trent’anni e bellissima, padrona della lingua italiana e lieta di vivere a Roma. Sembra quasi che la sua avvenenza si lasci fermare nelle opere, con la dolcezza sicura di una pennellata che corre diritta a concludere un soggetto o evidenziarlo da una penombra creatrice.

Gli oli sono di poco più tradizionali per la resa e la scelta dei personaggi, che denotano spesso la realtà di fatti familiari, anch’essi sorgenti da un fondale sfumato, conclusivo, rispondente all’aura d’insieme. Ma è, e si ripete, soprattutto negli acquarelli che si coglie appieno la personalità della pittrice, un’acuta e carezzevole indagatrice di donne quiete e sdraiate, di donne in amore, di trascinanti soggetti ai quali si dà il pensiero e lo sguardo come in muto colloquio, persi in un dialogo anche con se stessi alla ricerca di quell’interrogativo piccolo ed acceso che incomprensibilmente ci fa sentire a loro simili ed amanti.

Marilù Giannone