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Antimo Negri e la scuola di Futurologia italiana

Avvenne Domani il paradosso dell’Intelligenza

FUTUROLOGIA ITALIANA, “I FUTURIBILI”, LA SCIENZA NUOVA DI ANTIMO NEGRI –  Parte prima 

Raffaele Panico

L’Intelligenza Artificiale era già presente nel pensiero del filosofo Antimo Negri? Domanda che si impone doverosa, dopo oltre 15anni di interessi e speculazioni su l’“arte del prevedere”, che nasce da un lavoro che è un testamento spirituale di una scuola italiana di Futurologia dimentica. Ed è molto di più, il paradosso iniziale di Jacopo Burckhardt “un futuro conosciuto in anticipo è un controsenso” (1868-1873) che attraverso Osvald Spengler in “Il tramonto dell’Occidente” (trad. italiana di Julius Evola) viene precisato in questi termini: “Circa il futuro, fino ad oggi ci si poteva augurare quel che si voleva. Quando i fatti mancano è il sentimento a decidere. D’ora innanzi ognuno sarà tenuto a sapere quel che nel futuro può e quindi deve accadere con l’inevitabilità di un fatto, indipendentemente da ideali, speranze e desideri personali”.  

Si delinea a 50 anni circa l’esistenza di un laboratorio di pensiero, una scuola italiana della futurologia attiva feconda fin dalla seconda metà degli anni Sessanta e primi anni Settanta fino all’opera di Antimo Negri “Futurologia scienza della speranza”.

Scuola voluta e nata dal cenobio di Pietro Ferraro, e i numeri editi della rivista “I Futuribili” * (vedi nota), pensatori liberi di interrogarsi e conversare dopo le tragedie delle guerre mondiali del secolo scorso. Con stessa traccia arriviamo alla conoscenza diretta di Antimo Negri 2002-2005 tempi del falso conflitto global-antiglobal, due facce della stessa medaglia. La retorica globalista è stata solo vuoto allarmismo sempre sventolato come diritto da consumare attraverso i media: è stato falso moralismo, falsa ecologia globalista senza tempo storico e senza luogo. Oggi, il trend del futuro, anzi dei futuri, è emerso a chiare lettere con la nuova rivoluzione portata dall’IA – l’Intelligenza Artificiale che educa ad apprendere e ragionare. Enorme potenziale questa tecnologia pur tra legittime preoccupazioni sull’uso dei dati, ma indubbio è un allineamento fino alla sincronia sui valori umani della Bellezza, della trasparenza, e la ponderata necessità di sapere sul domani e capire come prendere decisioni sul mondo del lavoro a tutti i livelli che è poi ciò che orna e tutela il Mondo a sua intelligente immagine e Bellezza. O lo porta, lo può portare al baratro, al disastro. Il pensiero futuribile è la nostra responsabilità a progettare l’avvenire, il futuro che vogliamo per gli individui, la società e l’ambiente.

Le opportunità di “quanto avvenne domani” (altro paradosso) offerte adesso anche dall’Intelligenza Artificiale sono state predisposte come percorsi per una educazione severa e costruita sulle fonti accertate dell’esperienza dell’uomo, e a proposito Antimo Negri scrive, siamo nel 1978, “Futurologia scienza della speranza”, Pan Editrice Milano, «Il Timone» n° 83 (pubblicazione mensile registrata presso il Tribunale di Milano 139/1971, Direttore Mario Bonetti, spedizione in abbonamento postale, Aprilia 1978). È un’opera che educava al futuro come impegno etico e morale nella proiezione ineluttabile dell’Uomo, artefice del suo futuro, necessaria pre-visione della storia, dei futuri possibili, in un mondo di scenari anche catastrofici a seguito delle frontiere scientifiche e tecnologiche. Il detto latino, Nihil novi sub sole , tratto dalla Bibbia, “[Non v’è] nulla di nuovo sotto il sole” il tempo ciclico dove tutto si ripete o avanza e si restringe in spirale, era pronto a giungere al momento dell’abbrivio. L’opera di Antimo Negri è a pieno titolo nel secolo XXI, e annunciava oltre 40 anni fa una futurologia che trovava fondamento nell’esperienza, nello sguardo sul passato e nel presente osservando i fattori portatori di futuro. La ricerca di un preciso rapporto tra il vedere e il pre-vedere. L’uomo in fondo è l’unico animale futurologico, cosciente di poter intervenire sulla sua storia futura, allora perché non prenderne piena consapevolezza? La problematicità, paradigma del pensiero umano sonda la conoscenza sedimentata, ne amplia lo spettro della coscienza ad un ventaglio di possibilità sullo scacchiere delle scelte umane per agire con autodeterminazione. Destino e libero arbitrio manipolati dal grande giocatore: l’Uomo Nuovo. Una filosofia dell’avvenire come approccio alla vita a tutto tondo. La visione archeologica è una veduta nostalgica del mondo, un uomo spettatore di civiltà sepolte e ruderi di città morte che si perdono nel tempo del mito: una visione tipicamente orientale, la nostalgia del non attuale, dove manca la dimensione temporale, una vita solo contemplativa. A questa visione si oppone la costruzione dell’avvenire intrisa di speranza, il possesso del tempo di Prometeo uomo occidentale che si impone sul futuro. Una filosofia della speranza sul mondo del domani e sul migliore dei mondi possibili, cercando certo nel passato, ma per trovare nel presente fattori portatori del futuro. È giunto forse il tramonto dell’Occidente? No, diceva Antimo Negri, “è solo una stanchezza” […]  “un respiro grosso”, e anche un po’ troppa tradizione. Aggiungeva – “è il primo annuncio di un grande e remoto futuro dell’umanità”. Eppure, l’uomo cosciente del tempo dei tempi della storia, combatte, giorno dopo giorno, tra la nostalgia archeologica e la speranza futurologica. L’uomo costruttore del suo destino dunque, alla maniera Occidentale, che affronta i problemi senza il fatalismo di un dovere, del destino, imposto fin dalla nascita dell’individuo. Un approccio possibilista e previsionale dunque un margine positivo tra il fatalismo e il determinismo, senza entrare in parametri biblici della natura ad uso e consumo dell’uomo nel rispetto della creazione. Una vicenda in cui l’uomo chiama solo se stesso come artefice cosciente di livelli superiori della Creazione. Uomo costruttore del suo destino che lascia alle sue spalle gli dei, plasma la natura fino a liberare le molteplici forze di cui è lui il navigatore esperto sui limiti del ritiro-ritorno dell’uomo nel suo ambiente sociale – i suoi simili, e l’ambiente naturale – il sistema ecologico che diventa sempre più l’antropo-sistema, super o iper tecnico ed ecologico ad un tempo, uomo che conosce sempre di più come utilizzare i tasti bianchi e neri del piano-forte, i contatti alfa numerici, una armonia di suoni e di energie dove la sfida-risposta è portata sempre di più nel campo della previsione. L’Uomo Nuovo, cercato tra le tragedie e le ideologie del XX secolo che si divide prima, per poi riassumere e riassemblare l’armonia del mondo, del migliore dei mondi possibili. I popoli europei hanno scoperto, perso e ritrovato la libertà, che è la libertà dell’uomo nello spirito tanto nel paganesimo mai passato, ritornante pur nei secoli del cristianesimo: la metànoia, dal greco “cambiare idea”. Nel cristianesimo assume più profondo significato e si riferisce alla conversione spirituale. In italiano il termine metànoia è più che convertirsi, è ravvedersi, cambiare profondamente vita, mutare la sensibilità del proprio essere. Già nella Roma antica il senso della metànoia cristiana doveva autodeterminare la nuova vita, vincere il baratro della morte, e con nuova sensibilità portare ad abolire la schiavitù e l’istituto dei libèrti, dare nuovo senso e bellezza al lavoro ben eseguito che decora il mondo, lavoro che rende nobile la vita umana. Assumere su di sé Nuova vita, come in san Benedetto che si rivolge all’ostrogoto vedendolo lamentarsi per la fatica del lavoro a cui era sottoposto, e avendo perduto per giunta la parte in ferro dell’ascia con cui lavorava il tronco di legno in un corso d’acqua, aggiunse scoramento alla sua triste condizione di uomo dedito ad un lavoro servile. L’ostrogoto non sapeva che il suo “servile lavoro” ornava e rendeva Bello il mondo. Questo passo è ripreso dall’Antico Testamento nella vita e i miracoli del profeta Eliseo. Figura emblematica del Cristo, anche Eliseo fa ritornare a galla il ferro dell’ascia perso da uno dei suoi discepoli.

L ’uomo, nella sua interezza, non frammentato, non diviso, si pone come sovrano dell’uomo economico e come tale si emancipa dalle categorie mitiche del determinismo economico del mercato, del neoliberalismo, del mercatismo, tutte categorie da utilizzare certamente, ma come strumenti soggetti a continua verifica sperimentale. È la sensibilità che consente la mobilità e l’evoluzione delle funzioni e delle categorie economiche e sociali degli uomini nella società e nel tempo. Ha scritto il filosofo Antimo Negri, nello “Spirito del tempo e costume speculativo” (volume I, Sansoni, 1962): “Osserva con cattiveria polemica Marx (in, Das Capital, libro I, seconda parte, IV, 13 traduzione Cantimori): «La natura della grande industria porta con sé variazioni del lavoro, fluidità delle funzioni, mobilità dell’operaio in tutti i sensi». Viene detto proprio da Marx che l’industrializzazione porta, anzi, avrebbe portato, come è successo, ad una mobilità del lavoro dell’uomo, meglio ancora fluidità, termine questo che richiama ad una dinamica scorrevole, ed elegante, nel senso di Bellezza storica nell’evoluzione della società industrializzata. Ben lontani, dalla burocrazia sociale cristallizzata, sclerotizzata come nei sistemi marxisti, altro che conflitto sociale e divisione del lavoro che porta a frammentazione degli individui.

  • Nota:

    Alla fine degli anni sessanta creò a Roma un Istituto per le Ricerche di Economia Applicata (IREA) presso il quale costituì il Gruppo Futuribili Italia. L’Istituto pubblicò dal 1967 al 1974 la rivista “Futuribili”, di cui uscirono 64 numeri:

    vol. 1, n. 1, 1967

    vol. 2, n. 2-7, 1968

    vol. 3, 8-19, 1969

    vol. 4, n. 20-31 (1970)

    vol. 5, n. 32-43 (1971)

    vol. 6, n. 44-55 (1972)

    vol. 7, n. 56-63 (1973)

    vol. 8, n. 64 (1974)

    L’IREA cessò le attività e la rivista interruppe le pubblicazioni dopo la morte di Ferraro nel 1974.

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