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Spelacchio

«Ciao, mi chiamo Spelacchio e sono sobrio e raffinato»

Disprezzo e rabbia per un qualcosa di così brutto, tristezza per la sciatteria nell’occuparsi e curare un bene ed infine tanta tenerezza. Questi sono stati i diversi stati d’animo (che personalmente ho avuto, ma credo abbiano tutti i romani) riguardanti il povero abete rosso proveniente dalla Val di Fiemme, meglio noto come Spelacchio.

L’albero è stato donato, al comune di Roma, dal Trentino in perfette condizioni di salute; prima, come tende a sottolineare chi si è occupato del taglio, non era così ma forte e rigoglioso come gli altri abeti della zona. Probabilmente il trasporto non è stato dei più ottimali ed il trasferimento, pagato da noi cittadini quasi 50mila euro, o il suo posizionamento sono stati fatti alla bene meglio e chi lo ha allestito non è stato in grado di conservarlo a dovere.

Secondo la diagnosi del docente di Colture arboree dell’Università di PalermoGiuseppe Barbera, intervistato dal Corriere della Sera, «L’albero è malato e stressato, ormai è irrecuperabile e molto probabilmente non arriverà a Natale perché sta già seccando» e prosegue affermando che il problema, oltre per le condizioni climatiche, potrebbe stare principalmente nelle radici «Al momento della partenza la parte aerea della pianta era certamente sana, all’apparenza, nel trapianto ci deve essere stato un danneggiamento, di cui un occhio esperto doveva accorgersi».

Sta di fatto che l’albero quando era partito stava in buone condizioni e poi all’arrivo (e dopo l’arrivo) si è smagrito ed è impallidito, forse per adeguarsi all’ambiente un po’ “sciatto” in cui versa da tempo la città di Roma, trasformandosi nell’emblema di uno dei soliti vizi capitolini: quello del non saper valorizzare e tutelare un bene quando c’è. Qualcuno, poi, lo ha anche definito un “albero coerente” dandoci la conferma di ciò che la città è diventata.

Sarebbe bastato molto poco, più cura e rispetto del decoro e del ruolo che ha Roma, per fare restare bello e soprattutto in salute lui, che oggi è diventato oggetto di scherno ed ironia prima, e di tenerezza poi.
 
Spelacchio
Immagini tratte dalla rete Spennacchio che esprimono interdizione e ilarità.
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