
“Competenze ed Onorari” degli Amministratori Giudiziari Antimafia in Italia
Scritto da Redazione il . Pubblicato in Ordini Professionali e Consulenti, Giustizia e Pianeta Magistratura.
Il problema della giusta e adeguata retribuzione
degli “Amministratori Giudiziari Antimafia” in Italia
Un’analisi di Pedro Tuset del Pino (*)
Ho potuto interessarmi, tramite la stampa e le piattaforme digitali italiane, del problema che stanno affrontando i cosiddetti Amministratori Giudiziari, nominati coadiutori dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata brevemente indicata con l’acronimo ANBSC, nonché delle relative difficoltà personali per rivendicare il pagamento delle proprie retribuzioni professionali nell’esercizio della loro attività di ausilio giudiziario.
Desidero comunque precisare di non voler muovere alcuna critica personale al sistema amministrativo o giudiziario italiano, ma piuttosto evidenziare alcune riflessioni utili al lettore per situarsi nel contesto del problema e poter così contribuire a trovare una soluzione riguardante l’intera comunità.
Detto ciò, la figura dell’Amministratore Giudiziario – come collaboratore del Giudice – non può essere compresa senza considerare la lotta contro la criminalità organizzata in Italia, che ha acquisito un nuovo significato dopo l’omicidio del giudice Giovanni Falcone, una persona decisa a sconfiggere il fenomeno mafioso per restituire la dignità perduta del suo Paese.
Obiettivo raggiungibile facendo fronte comune alla mafia organizzata attraverso la creazione di un gruppo di Magistrati specializzati per svolgere un metodo di analisi più qualificato e specifico di tutte le circostanze e relativi fatti riconducibili ai soggetti indagati e non, introducendo l’attuale Decreto Legislativo n. 159/11, anche noto come Codice Antimafia.
In tale norma si specificano le persone contro le quali applicare la misura, i terzi interessati da essa, come i titolari fittizi dei beni, l’elenco dettagliato degli attivi, il Tribunale delegato, la nomina dell’Amministratore Giudiziario e la data dell’udienza.
Allo stesso modo, il Tribunale ordina l’iscrizione della procedura di sequestro nei Registri delle Imprese tenuto presso la Camera di Commercio territorialmente competente ove la società oggetto di sequestro ha la propria sede legale.
E per quanto ora ci interessa, si stabilisce anche la durata dell’amministrazione giudiziaria dei beni per un periodo non superiore a un anno, con possibilità di proroga di altri sei mesi e, in ogni caso, per un periodo non superiore a un totale di due anni, contemplando il trattamento prioritario dei procedimenti di prevenzione dei beni a cui dare priorità assoluta e la nomina – con intervento di avvocati e commercialisti – di un Amministratore iscritto nel Registro degli Amministratori Giudiziari, tenuto presso il Ministero della Giustizia.
Cristiana Rossi nel suo articolo “La lotta contro la criminalità organizzata in Italia: La figura dell’amministratore giudiziario come collaboratore del giudice” ha avuto l’occasione di analizzare in profondità questa figura, sottolineando come l’amministratore giudiziario sia colui che amministra i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata in nome dell’autorità giudiziaria, seguendo le direttive date dal Giudice Delegato.
L’amministrazione giudiziaria, pertanto, è un’attività con una grande implicazione e responsabilità che richiede un adeguato uso delle risorse ed inoltre, sin dal preciso istante della sua nomina, l’amministratore giudiziario compie tutti gli atti di amministrazione ordinaria, mentre gli atti di amministrazione straordinaria devono essere autorizzati preventivamente dal Giudice delegato.
In mancanza dell’autorizzazione del Giudice Delegato, non può affittare o prestare beni immobili, né stipulare contratti, vendere i beni soggetti alla sua amministrazione, attivare conti correnti, costituire o cancellare mutui e prestiti, né tantomeno assumere o licenziare dipendenti.
Va evidenziato, ed è importante ribadire, che l’amministratore giudiziario è un pubblico ufficiale e come tale trattato in tutti gli aspetti nella sua relazione con l’Amministrazione. Tuttavia, non si tratta di un funzionario qualsiasi, ma di un “Libero Professionista Qualificato” a cui il Giudice specializzato nella lotta contro la mafia delega tutta la sua fiducia per l’alto compito che comporta l’amministrazione dei beni confiscati.
E tuttavia – e qui si riscontra un abnorme paradosso – non vengono retribuiti puntualmente, poiché le loro richieste vengono o negate o ignorate mediante il silenzio amministrativo negativo.
Per tale motivo, comprendo e, anzi, condivido, l’angoscia e la frustrazione di coloro che collaborando con l’Amministrazione Pubblica – ANBSC, dedicandosi completamente a svolgere un’attività professionale, di qualità e vocazionale, si vedono costretti a rivendicare un diritto così basilare come la loro adeguata e puntuale remunerazione.
A questo punto, che immagine offre lo Stato ai suoi Cittadini, che contribuiscono con i loro versamenti delle imposte per ottenere in cambio dei servizi pubblici di qualità, quando i Liberi Professionisti ai quali richiedono qualificate e specifiche collaborazioni non sono adeguatamente compensati per il loro lavoro?
In Spagna, così come in Italia, i Professionisti al servizio dell’Amministrazione Pubblica accedono al loro incarico in applicazione dei principi di uguaglianza, merito e capacità, mentre lo Stato agisce come un “Datore di Lavoro” nei loro confronti. Infatti, come imprenditore, l’Amministrazione deve vigilare sul rigoroso rispetto dei suoi obblighi come tale e, tra questi, quello di retribuire puntualmente la retribuzione di coloro, come qualsiasi imprenditore privato. Nella misura in cui non lo faccia o lo faccia parzialmente o con evidente ritardo, sta causando un danno irreparabile a chi lo subisce, danneggiando seriamente l’immagine dello Stato nel suo complesso.
Mi risulta che gli amministratori giudiziari nominati coadiutori ANBSC non siano rimasti con le mani in mano ed abbiano bussato alle porte dell’Amministrazione, del Parlamento e ad altre Istituzioni, direttamente o indirettamente implicate, anche se, per il momento, sembra una lotta impari, in cui l’Amministrazione fa orecchie da mercante.
Come sottolinea un rapporto elaborato dall’Interpol, le reti di criminalità (ivi comprese quelle terroristiche) su larga scala costituiscono una minaccia significativa sia per la sicurezza interna dell’Unione Europea (UE), sia per la sicurezza ed i mezzi di sussistenza dei suoi cittadini. Le maggiori minacce per la sicurezza provengono dal terrorismo, dal traffico di droga su scala internazionale, dalla tratta di esseri umani, dalla falsificazione dell’euro e delle carte di pagamento, dalla frode, dalla corruzione e dal riciclaggio di denaro, così come da altre attività legate alla presenza di gruppi di criminalità organizzata in ambito economico e finanziario. Si accumulano inoltre nuovi pericoli, come la criminalità informatica, le frode IVA e altri crimini complessi, abusando della tecnologia moderna e delle libertà e che sono stati dichiarati come aree prioritarie dal Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea.
In quella lotta siamo implicati tutti, ma in quel contesto troviamo il particolare e rilevante lavoro degli Amministratori Giudiziari, responsabili della gestione dei beni confiscati alla mafia, ottenendo dalla loro buona e corretta gestione professionale il massimo profitto possibile, che ritorna nelle casse dello Stato. E se così è, quale è il motivo per non retribuire questi Professionisti qualificati come giustamente e correttamente dovrebbe avvenire ?
Gli Amministratori Giudiziari nominati coadiutori ANBSC, una volta effettuato l’incarico, hanno diritto a percepire la retribuzione pattuita fin dal preciso istante in cui hanno prestato i loro servizi professionali, senza essere soggetti o condizionati al capriccio dell’Ente pagatore, né con l’obbligo di aspettare a lungo per ricevere i loro onorari, e tutto ciò senza pregiudizio per percepire gli interessi legali e la rivalutazione monetaria di somme che, se fossero state pagate in tempo, non li avrebbero generati.
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Tuttavia, sembra che il problema nasca da una legislazione confusa che favorisce interpretazioni diverse riguardo al modulo retributivo degli amministratori giudiziari e che impedisce loro di essere retribuiti in modo equo. Ma i termini oscuri di una norma, di qualsiasi legge, non possono danneggiare chi ne è destinatario; da qui deve sorgere la risposta, senza indugi, a favore di tutti coloro che, avendo correttamente svolto i propri incarichi professionali anche nell’interesse dell’intera comunità (o collettività) a cui appartengono.
In ogni caso, è in gioco il sistema stesso e la credibilità delle Istituzioni coinvolte nella lotta antimafia e spetta allo Stato adottare una soluzione rapida ed efficace per un problema che riguarda – altresì e nientemeno – la stessa sicurezza nazionale !
*PEDRO TUSET DEL PINO – Magistrato Tribunale di Barcellona
Economista e Giurista, Saggista ed Autore di Testi specialistici /
Sostenitore di iniziative a favore di Donne, Mamme e Vittime di femminicidi/