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Craxi ricorda Garibaldi e la presenza italiana in Tunisia

Craxi racconta: Garibaldi, la Reggenza di Tunisi, e i legami storici con l’Italia. parte II

Raffaele Panico

Craxi scrive sui rapporti stretti tra l’Italia e la Tunisia in una pubblicazione che giunge a Roma, nel 1998 alla redazione de l’Avanti, “Garibaldi a Tunisi”, di Bettino Craxi (Tunisi, MED edition 1995) di 34 pagine molto intense e testo bilingue italiano e francese. In copertina si riproduce la targa ricordo della permanenza a Tunisi di Garibaldi sita a Palazzo Gnecco – rue de la Commission. [p1] E li racconta sul luogo i rapporti, le tracce, i segni storici in una video intervista rilasciata a Marco Dolcetta nel 1998. Nel documento a stampa l’anno cruciale è il 1834 “[…] nella Reggenza di Tunisi, vivevano all’incirca 8.000 europei. Un terzo di loro erano italiani. Provenivano dalle più disparate parti d’Italia: dalla Sicilia, dalla Campania, dalla Toscana, dalla Liguria.” I Consoli italiani di Tunisi scrivevano rapporti e riferivano alle capitali degli Stati italiani pre-unitari: «Li bastimenti di bandiera francese, sarda e toscana, sono quelli che più spesso si vedono guarnire questo porto per estrarre delle lane, degli olii, cuoia e altri prodotti; essi introducono invece delle merci e manifattura di tutte specie (citazione in B. Craxi, “Garibaldi a Tunisi pag. 5)». “Ma mentre fiorivano i commerci, nel contempo si andava diffondendo il sospetto che i capitani di mare coprissero e favorissero i rapporti tra gli affiliati alle associazioni segrete che si venivano organizzando in vari centri del Mediterraneo e in particolare anche a Tunisi” (Craxi, “Garibaldi…”, pag. 5/6).

 Craxi, raggiunto ad Hammamet nel 1998 nella citata video-intervista di Marco Dolcetta tra le case sulla rocca di Takrouna dove ha rievocato la Folgore e la sua ultima battaglia in Terra d’Africa, dopo El Alamein, racconta dei luoghi della Tunisia romana, Bizantina e cristiana, tra piccole case, bellissimi mosaici e l’ospitalità della gente del posto. Una signora araba andalusa li invita e li accoglie in casa con i suoi prodotti da degustare.

“Oggi gli italiani arrivano come industriali, e anche grandi industriali grazie a una serie di leggi favorevoli, condizioni generali favorevoli, costo del lavoro, per le imposte, il fisco favorevole e non oppressivo come in Italia. Un grande problema…” continua Craxi: qui sono stato per la prima volta nel 1967, ora qui arriva un grandissimo numero di turisti italiani, allora non ce ne erano. Diceva, Italia in Tunisia, la presenza italiana e cosa è stata la loro presenza nella storia, lunga storia, interrotta solo nei secoli della pirateria. Ma la storia è antichissima. Dopo Roma e dopo Bisanzio nel medioevo continua questo rapporto con le Repubbliche marinare italiane. Amalfi, Pisa, Genova, Venezia avevano qui delle concessioni, detti Fondachi, perché commerciavano con l’Africa del Nord. Concessioni e anche aree giurisdizionalmente autonome e questo dura fino ai tempi della pirateria sostenuta dall’Impero ottomano.”

“Contatti che riprendono agli inizi dell’800, inizia una nuova emigrazione italiana di esiliati politici, sono romani, sono campani sono avellinesi a partire dai moti del ’21 e successivi. C’è anche una sezione della Giovane Italia di Mazzini. Solo dopo 1880 con il Protettorato francese esplode l’emigrazione italiana, si calcola che agli inizi del ‘900 sono circa 120 mila, su una popolazione della Tunisia di poco sopra il milione di abitanti. Qui siamo in un villaggio arabo andaluso secoli di storia tra queste case che auspico diventino case-studio per artisti. […] Italiani erano agricoltori, artigiani, medici farmacisti, industriali commercianti. C’erano giornali e quotidiani in italiano. Il porto di Tunisi era a maggioranza italiana, un quartiere di Cartagine la popolazione in maggioranza siciliana. Poi nel 1943-44 è stata dura per gli italiani, i francesi erano molto rigidi per l’aggressione del 10 giugno 1940”.

Marco Dolcetta gli domanda – quali altre tracce d’Italia? Garibaldi ha avuto a che fare con la Tunisia.

“Giuseppe Garibaldi ha vissuto un anno in Tunisia. Era molto giovane. Era stato condannato a morte dai francesi e si era rifugiato qui, non a Hammamet ma a Tunisi. Nella medina di Tunisi, dove c’è ancora un Palazzo che era della famiglia Gnecco, che ospitò Garibaldi il quale lavorò come marinaio per il Bey di Tunisi. Poi lasciata la Tunisia andò a Marsiglia, e ancora da lì inizia il suo esilio nell’America latina sino al 1848. Poi Garibaldi ci ritorna dopo la Difesa di Roma nel ’49, dopo la morte di Anita i Savoia gli fanno capire che deve andarsene, non è condannato a morte, ma è persona non gradita. Praticamente i Savoia lo espellono con i magistrati e con i militari, era a Chiavari, lo vanno a prendere con cortesia e rispetto, ma questa volta si ripresenta a Tunisi ma il Bey non lo fa sbarcare, perché aveva combattuto contro i francesi a Roma. I francesi intervengono, questo è un terrorista un bandito e il Bey cede ai francesi. Così rimane qualche giorno a La Golette, non sbarca. Gli italiani vanno al porto a salutarlo dalla banchina, nessuno può salire a bordo, poi salpa e va a Tangeri. Garibaldi ha fatto una seconda traversata dell’Atlantico e si porta negli Stati Uniti. Tornato in Italia si compra l’isola di Caprera dove va ad abitare.

Nel 1859 partecipa alla campagna per la seconda guerra d’Indipendenza come generale dell’esercito piemontese pur in formazione di volontario, gli danno una divisa, e poi c’è il ’60 e l’Impresa dei Mille”.

Alla domanda “Quindi per Garibaldi le cose cambiano più volte, come lo spieghi?”

Craxi: “con Garibaldi c’è tutto un doppio gioco, come per l’Impresa dei Mille, doppio gioco, tutta la storia monarchica non è andata come ce la spiegano a scuola, nelle litografie nella pubblicistica, nei quadri, tutti insieme Vittorio Emanuele II, Cavour, Mazzini e Garibaldi, non andarono così le cose. Le strade le piazze vedono un numero innumerevole di statue a Garibaldi ma vennero fatte da comitati di cittadini. La storia la scrivono i vincitori e la raccontano a modo loro. C’è una memoria da raccontare. La partenza da Quarto. C’è una direttiva di Cavour al Comandante Persano, un telegramma. A cui Persano risponde – «se devo fare finta di arrestarlo, mandatemi un telegramma con scritto Cagliari, se devo arrestarlo si scriva Malta!». Il telegramma di risposta – Malta! Le cose cambiano quando si presenta alle porte di Palermo, cambia soprattutto l’atteggiamento di Cavour. Anche a Messina gli dicono non attraversare lo Stretto ma lui lo fa e a Teano regalo un intero regno ai Savoia.

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