Skip to main content

Economia circolare: Italia un passo avanti rispetto ai competitor europei

Dal Rapporto sull’economia corcolare in Italia è emerso che nonostante non sia stato raggiungo l’obiettivo del disaccoppiamento tra consumo di risorse e crescita, il nostro Paese insieme alla Francia siede sul podio nella classifica delle 5 principali economie europee; nell’Unione europea nel 2020 il tasso di utilizzo circolare della materia ha raggiunto il 12,8% mentre nel nostro Paese il 21,6%.

La Fondazione per lo sviluppo sostenibile con il supporto di varie organizzazioni operanti in diversi settori economici e alcuni gruppi di imprese ha creato il Circular Economy Network, uno strumento atto a prumuovere lo sviluppo dell’economia circolare in Italia.

Questo si basa su cinque principi fondamentali che sono:

  1. Promozione raccolta e divulgazione di studi e ricerche in merito all’economia circolare;
  2. Definizione di indicatori chiave di circolarità e analisi di performance nazionali;
  3. Analisi delle principali criticità e le barriere da rimuove con eventuali soluzioni;
  4. Elaborazione di strategie e policy che possano essere poste all’attenzione dei politici, promuovendo una interlocuzione tra imprese e istituzioni;
  5. Valorizzare e diffondere buone pratiche delle migliori tecniche;

Questo si inquadra in un momento storico molto particolare per il nostro Paese e non solo, dopo lo scoppio della pandemia da Coronavirus che ha pesantemente danneggiato l’economia globale, si è verificato un non sottovalutabile rialzo dei prezzi di diverse materie prime, nonché il ritardo di alcune forniture causando non poche difficoltà, a catena per diverse imprese. Problemi aggravatisi con lo scoppio del conflitto russo-ucraino.

Tali problematiche sono riconducibili sia alla “congiuntura” (fase di ripresa rapida dopo un calo profondo), ma anche dovuti a una tendenza di fondo non trascurabile: una domanda sempre crescente in netta contrapposizione con il crescente consumo delle materie prime di cui non possiamo disporre in quantità illimitata.

Il disaccoppiamento della crescita economica dal consumo delle materie prime “vergini“ è l’obiettivo strategico dell’economia circolare e una delle basi decisive del Green Deal europeo. La conversione verso modelli di produzione e di consumo circolari è sempre più una necessità non solo per la sostenibilità ecologica, ma per la solidità della ripresa economica, la stabilità dello sviluppo e la competitività delle imprese.

I numeri contenuti nel Rapporto che per primo applica le norme della Carta di Bellagio, il sistema di monitoraggio della qualità e dei progressi europei sull’economia circolare, approvata dall’Agenzia europea per l’ambiente in collaborazione con l’Istituto superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale, mostrano come le maggiori difficoltà dell’economia (non solo) italiana siano legate a politiche che hanno sottovalutato le potenzialità e la necessità strategica di un robusto rafforzamento del Paese nel campo dell’economia circolare. Nel 2021 il rimbalzo dell’economia è stato molto più positivo delle aspettative, con una crescita del PIL italiano del 6,6% rispetto al 2020. Ma, inserita nel vecchio modello di economia lineare, questa crescita è andata a sbattere contro il muro della carenza di materie prime.

L’Italia, in una situazione generale piuttosto negativa è riuscita a limitare i danni e a migliorare alcuni indicatori di circolarità rispetto ad altri Paesi dell’Unione, come la riduzione pro capite dell’uso di materie prime che si attestano intorno al 36%. Un dato che pone il Belpaese sul podio rispetto ai suoi competitor. Per quanto lasituazione sia positiva sotto questi aspetti, siamo piuttosto arrettrati in tema di ecoinnovazione e investimenti. 

Ma cos’è nello specifico l’economia circolare? 

Studiata per la prima volta negli ani ’70 questa rappresenta un modello di business in grado di generare competitività coniugando innovazione e sostenibilità,che differisce dal classico “estrarre, produrre, utilizzare e gettare”, per essere attuato necessita di un approccio differente da parte delle imprese, che ne ricavano una riduzione dei costi, miglior utilizzo dell’energia, diminuzione dell’emissione di CO2 ed una ottimizzazione della catena di fornitura. Per le sue caratteristiche la Commissione europea nel 2020 aveva presentato il piano d’azione per una nuova economia circolare e nel marzo di quest’anno, un nuovo pacchetto di misure atte ad accelerare la transizione verso tale economia per cercare di raggiungere l’obiettivo dell’Ue di neutralità climatica entro il 2050, come previsto dal Green Deal, includendo il potenziamento dei prodotti sostenibili, la responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde, la revisione del regolamento sui prodotti da costruzione e una strategia sui tessili sostenibili. 

L’economia circolare ha innumerevoli vantaggi, il primo riguarda senza dubbio la gestione dei rifiuti, quando si parla di prodotto di origine biologico può essere reintegrato nell’ecosistema una volta terminato il proprio ciclo di vita, mentre quando si tratta di rifiuto di altra natura, questo potrà essere lavorato e riciclato per avere una seconda vita.

Consente anche di ridurre lo sfruttamento delle risorse naturali soprattutto di origine fossile, maggiormente sfruttato dal settore industriale, riducendo, di conseguenza, l’emissione di CO2 nell’atmosfera.

Un modello economico più sostenibile rappresenta inoltre una grande opportunità per il tessuto sociale e apre le porte a nuove possibilità di lavoro.

Non è però tutto rosa e fiori, nonstante potrebbe diventare un modello economico di tutti i Paesi, presenta alcune note dolenti. Il riciclo ad esempio non è infinito per tutte le materie prime  e non tutte possono essere riciclate: la carta ad esempio dovo un certo numero di cicli deve essere smaltita, mentre altre come l’amianto necessitano di procedure speciali.

Altro problema il risparmio sarebbe solo a lungo termine. Il procvesso di lavorazione di alcune materie per poterli riutilizzare, in alcuni casi supera il costo stesso della materia e quindi alle aziende converrebbe sostituirli piuttosto che recuperarli.

A questo si aggiunge la mancanza di incentivi, punto dolente soprattutto in Italia.

Da questo si evince che la transizione a un’economia circolare, con i suoi vantaggi e svantaggi, non è un obiettivo facilmente perseguibile, almeno non senza una comune azione da parte dei Paesi e delle aziende produttrici.

Gianfranco Cannarozzo

Lascia un commento