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GLI ALFIERI DEL GRUPPO STORICO ROMANO

AGGREGAZIONE ED ERUDIZIONE: LA TRADIZIONE DI ROMA CAPUT MUNDI SUGLI SCUDI

Il gladiatore è secondo i critici cinematografici romani senza santi in paradiso un film da curva sud. La Roma è la squadra di calcio per cui batte il mio cuore di tifoso sin dall’età della ragione. Certe volte il cuore, si sa, non sente ragioni. Specie quando si tratta dell’egemonia dello spirito sulla materia. Che in pratica significa fare le cose con il cuore. Senza pensare a un riscontro d’ordine pratico e utilitaristico. A raccogliere l’eredità dell’egemonia dello spirito sulla materia ed ergo dell’antica Roma, con il richiamo all’autorità sugli scudi, è il carattere di squadra del rugby. Uno sport praticato davvero da atleti duri nella lotta ma leali nell’animo. Consapevoli che, se da una parte i calciatori fanno coi piedi cose che ai rugbisti non riescono nemmeno con le mani, il carattere cementa i valori ereditati dalla tradizione. Valori costeggiati dalla serie tv Roma prodotta da HBO. Con John Milius, il miglior regista vivente, seppur negletto, nelle vesti d’invisibile e decisivo factotum. I fatti della pentola li sa il coperchio. E i fatti della Città Eterna, connessi alle giornate antiche care ad Alberto Angela, li (ri)vivono palmo a palmo gli alfieri del Gruppo Storico Romano. Ho trascorso con loro ore gradevoli. E mi sono fatto una mia idea. 

Gli alfieri del Gruppo Storico Romano, specie il capofila Sergio, sono istintivamente estranei agli autocompiacimenti di chi, per citare Nick Nolte alias Jack Cales in 48 ore, si sloga una spalla a forza di darsi pacche. Ovviamente l’Ubi Maior, Minor Cessat è d’obbligo. Anche l’altro adagio latino Tot Capita, Tot Sententiaie. Buono per tutte le stagioni. Le gerarchie rientrano nell’ordine naturale delle cose. Ed ergo pure, e ci mancherebbe altro, in un’associazione culturale nata nel 1994 per rievocare coi fatti, non solo ed esclusivamente a chiacchiere, i riti, gli usi, i costumi degli antichi romani. Soprattutto degli armigeri. Lo stesso vale per il modo di dire romanesco collaudato dal sottoscritto ventiquattro anni or sono insieme all’amico Gianni Pau sfasciato a Grottarossa, come me, e cresciuto a Prima Valle: ogni capoccia è un tribunale. 

È naturale avere teste diverse e modi diversi d’intendere la missione della rievocazione: l’audacia di Orazio nello sbarrare il passo a Tarquinio, i consoli romani fedeli alla parola data, gli anziani che consigliavano il re avvezzo a coltivare la terra, la gloria della repubblica, la futura città di Taranto scesa in guerra contro la futura Caput Mundi, l’abitudine di Catone il censore di mettere sugli attenti i proseliti persino sulla porta di casa propria, del destino dei salvatori della Patria, gli addestramenti militari delle prime lance, dei legionari e dei gladiatori.

La scuola insegna moltissimo. L’università della strada di più. Gli intellettuali afferrano le cose che leggono sui libri senza afferrare secondo Woody Allen la realtà oggettiva. L’autocritica di Woody Allen (quint’essenza dell’intellettuale provvisto per sua fortuna del  valore terapeutico dell’umorismo) cade a proposito ed è una benedizione per un critico cinematografico come che svolge anche i compiti connessi al senso dell’aletheia scandagliando argomenti vari riguardanti cronaca, politica, storia ed economia. 

 

Lo scrittore Cesare Marchi, autore del libro Siamo tutti latinisti, sarebbe andato matto per il Gruppo Storico Romano. Che ha molta arte e meno parte. Uno dei suoi alfieri più prestigiosi è il decano Angelo alias Senaca. A novanta primavere siede sulle sponde della saggezza con la medesima compitezza del rimpianto regista Ermanno Olmi. Le grandi anime emanano una luce particolare anche quando la materia della carne sembra prevalere sullo spirito. Angelo mangia in comitiva con gli altri alfieri del Gruppo Storico Romano e apprezza le battute di spirito. Ha definito taglienti le mie in merito all’egemonia dell’appartenenza a conventicole pusillanime e materialiste sulla competenza di chi preserva lo spirito del passato nel presente. Ovviamente gli ho spiegato che mi riferisco alla grettezza che alberga nel mondo del giornalismo in cui a raccogliere i frutti sono gli incompetenti con le spalle coperte che fanno cattiva informazione. Angelo conosce gli aforismi di Ennio Flaiano sui giornalisti schiavi dei potenti. Ma padroneggia alla perfezione da ex professore di greco, latino e musica il significato della parola aletheia, la forza significante delle locuzioni tipo pro domo sua, l’armonia delle parole piene, il disaccordo di quelle vuote. 

Sergio, il presidente che non è mai assente, che sente tutto e vede tutto, è un vero romano. Che taglia corto, va dritto al punto, evita l’accumulo ma apprezza le parole piene in grande abbondanza. Quando mi sono infilato un elmo ha sorriso notando che da salernitano romano toscano, ed ergo antico romano, ho le credenziali giuste nella fisionomia per marciare tra le loro fila. Insieme al signor Giampiero Salerno, che ha il physique du rôle oltre alla conoscenza non ostentata dei distinguo tra armi di un tipo e armi di un altro tipo. Giancarlo è il vice di Sergio per certi versi. Ed è un uomo d’altri. Mite ed educatissimo. Forte. La calma dei forti e l’umanità delle persone buone come il pane traspaiono da ogni poro dello spirito e della materia del compito ed erudito Giancarlo. D’altronde aggregazione ed erudizione sono le priorità degli alfieri del Gruppo Storico Romano. Gli affiliati risultano tutte persone che lavorano: nessuno di loro ha beni al sole. Far parte del Gruppo Storico Romano significa staccare la spina dallo stress del lavoro e rimettere le lancette dell’orologio all’epoca in cui Silla non sopportava che gli mettessero i piedi in pancia, Cicerone reprimeva le congiure, i soldati di Cesare erano persino ingegneri capaci di costruire seduta stante un ponte resistente alle correnti pazze per andare, vincere, tornare. Sono deciso per conto della Consul Press ad approfondire cose belle come queste ma infinite. Per cui si rischia l’accumulo. Da cui Sergio il presidente che la lunga rifugge. Si rischia di non finire mai. Ed è importante perciò buttare giù il primo articolo sul Gruppo Storico Romano. Chi ben comincia… Si sa. La mission è chiara come l’acqua. Il canto della tradizione romana, con la lupa come simbolo, non deve essere accostata nemmeno di sguincio coi deliri dei lupi grigi che accostano l’ode all’occidente alla questione ucraina e all’uragano di sangue scatenato in quella terra dall’orrore della guerra. I versi del poeta latino Tibullo giungono a fagiolo: «Chi fu il primo che inventò le spaventose armi? Da quel momento furono stragi, guerre. Si aprì la via più breve alla crudele morte. Tuttavia il misero non ne ha colpa! Siamo noi che usiamo malamente quello che egli ci diede per difenderci dalle feroci belve». 

Chiunque parla di guerra a sproposito, specie in un momento come quello che stiamo vivendo oggi nel mondo e che rimarrà mestamente alla storia, ha la “capa fresca” (espressione sannita tanto per rimanere nel tema dell’antica Roma). Non è questa la sede per mettere i puntini sulle “i” in faccende lapalissiane finanche alla gente allergica ai libri ed estranea all’università della strada. I leoni da tastiera restano una brutta razza. Forse irrecuperabile alle buone letture, allo studio della storia e all’università della strada. Dove, lontano dalla mera protezione del nido domestico, non esistono complessi e regna la consapevolezza della propria marcia in più. Insieme alla virile accettazione di quella all’indietro. Mirko Lucino è una bella persona. Non un personaggio. Suo cugino, Samuele Lucino, lo giudica giustamente l’orgoglio del loro casato. Gente che sa quanto costa il parmigiano, che si alza presto la mattina, che non ha la “capa fresca”, che conosce  il materiale di cui sono fatte le cose odierne e il materiale di cui erano fatte quelle antiche, che apprezza gli uomini d’altri tempi, persone umili che non si facevano umiliare, che studia i princìpi bio-architettonici vagheggiati dagli idealisti desiderosi di risolvere la tegola in testa dell’emergenza abitativa, che sa distinguere tra le armi della Repubblica e le armi dell’Impero, che serve in spirito l’onere e l’onore delle orazioni, che non fa le cose alla carlona. Ecce homo. Sarà Mirko Lucino la prima persona degli alfieri del Gruppo Storico Romano intervistata dalla Consul Press. Seguiranno le interviste ad Angelo detto Seneca, Sergio e Giancarlo. Le idi di marzo sono passate. Il Sei Nazioni idem. Ma la Storia prosegue. E chi l’ammazza!

MASSIMILIANO SERRIELLO

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