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I Colori degli Etruschi, alla Centrale Montemartini di Roma

L’opera imperdibile  del NTPC, Nucleo Tutela Patrimonio Cultura dei Carabinieri

Mercoledì 11 luglio a Roma, presso la ex Centrale ACEA sono stati esposti i tesori di terracotta etruschi ritrovati dall’impegno pluriennale dei Carabinieri Nucleo Tutela Patrimonio Culturale. Sembra dominio di tutti oggi che nei musei e nei luoghi espositivi d’Italia una gran parte degli oggetti preziosi conservati provenga dai recuperi attuati dall’Arma a contrasto di furti più o meno volgari perpetrati da Stati Europei e da vari altri del mondo.

L’ampia preparazione dei comunicati stampa sottolinea che infatti, quando fu promulgata la legge per fermare queste sottrazioni di veri e propri capitali di arte e di valore, il 1970, i più importanti paesi d’Europa e gli Stati Uniti non la firmarono, e questo fa pensare. L’ostilità contro la protezione dei tesori italiani, dal 1993, ha avuto come esito una perdita di oltre 7000 miliardi di dollari, secondo gli stessi Tutori dell’Ordine; non solo, ma è stato notato uno sconvolgimento pari ad una catastrofe per gli scavi clandestini che confusero i reperti relativamente alle zone, agli usi, ai tempi.

Le voglie di primeggiare di Paul Getty o di altri magnati europei puntavano sul mercato di Ginevra o su tombaroli prezzolati per costituirsi una collezione che privava tutti di una larga parte di storia, come alcuni paesi esteri che elencavano gli oggetti sottratti come “lasciti di collezionisti” o “doni di privati”.

Da molti anni l’Arma dei Carabinieri ha riportato le opere d’arte al loro posto originario: un esempio è il celebre vaso di Euphronios ritrovato negli S.U., ma l’opera iniziata con il Gen. Conforti non si è mai fermata. Infatti il flusso di esportazioni illecite si sarebbe arrestato mediante la concessione (D.L.42 /2004) di un prestito di reperti d’arte al fine di un’esposizione per quegli Stati che ancora hanno qualche oggetto “dimenticato”, lasciando la proprietà a quello italiano.

E’ già qualcosa ma è stato lungo il periodo durante il quale gli stranieri, coerenti con la storia passata, hanno fatto man bassa del capitale artistico nazionale. Quanti oggetti di valore, quanta bellezza non ritornerà? Si deve ancora essere acquiescente verso chi ha nel tempo solamente danneggiato uno Stato ed un popolo? Oltre che della moneta, non si è signori neanche delle proprie testimonianze di secoli di civiltà ?

Questo è il senso della mostra “Il colore degli Etruschi” e questa è la ragione per la quale l’inaugurazione è stata effettuata dal Luogotenente Sebastiano Antoci del NTPC oltre che dall’ Archeologo Daniele Maras del Mibac e dai suoi colleghi, che hanno offerto ai visitatori un intero settore della Montemartini . Il luogo dispone alla vista molti inediti della pittura parietale, della coroplastica, bronzi e parti ornamentali di architetture etruschi, una ricca esposizione della civiltà più antica d’Italia, madre della civiltà di Roma che ha diffuso ovunque la sua voce. Il progetto è di Alfonsina Russo, Leonardo Bochicchio, Claudio Presicce e Rossella Zaccagnini, Sovrintendente del Museo di S.Severa, che lo scorso anno, forse trascinata dall’emozione di accogliere gli scolari in visita, avrebbe sostenuto che Ercole è il dio dei migranti.

Ma gli Etruschi restano nonostante tutto: i furti, i danni, i sans papier che bivaccano nelle tombe come a La Celsa ed a spasso per i ruderi del Viterbese, restano indomiti e sereni nei loro colori smaglianti e nelle figure in cammino.

L’esposizione rivela infatti che erano un popolo che si dava legge, che costruiva, che amava la musica e l’arte, che lasciava pari dignità ad uomini e donne, li dipingeva a colori chiari se signore, ocra rossa se signori, a braccetto nella danza, con lo stivaletto dalla punta in sù e la tebenna svolazzante. Rosso, nero, bianco, ocra gialla e verde, questi sono i colori, con qualche tratto di blu sbiadito, in corteo nelle fasce decorative di un tempio o quando rilevavano le fatiche d’Ercole, storia di moda.

 Scambiavano le loro conoscenze con Greci e Fenici, dall’arte alle scienze: ottimi artigiani del tessuto e della pelle, pittori e scultori dal taglio curiosamente attuale, fino a quando la pittura vascolare greca dette qualcosa in più alla loro fantasia ed alla religione che nei vecchi libri ancora pregni di invidia per il grado di conoscenza etrusco, si ritenevano ctonie e mortuarie. E’ certo che queste informazioni parziali siano dovute agli scavi senza regole che hanno distrutto ambienti di vita quotidiana , alla propaganda romana dopo l’anno 180 aC., all’Editto di Teodosio che ammetteva la distruzione di costruzioni “pagane”, alle religioni sopraggiunte ostili alla libertà delle donne che dava la taccia di “debolezza” agli Etruschi. 

I reperti provengono per la maggior parte da Cerveteri o dalla Tuscia, ma c’è traccia di un “prelievo” anche da Veio (Campetti), la vera antenata di Roma. Tito Livio ce la descrive come la Normale di Pisa per la popolazione elitaria dell’Urbe, che spediva i suoi rampolli a raffinarsi colà.

La “perla” della mostra è la firma su un affresco del pittore “Mur..”(?) di un certo Sathara, inteso come padrone non di schiavi; il pittore dunque farebbe parte di un gruppo di artisti di un uomo potente che li organizzava. Esisteva probabilmente una forma di corporazione, forse simile ad una di quelle dettate da Romolo quando organizzò i cittadini romani, ripartendoli in gruppi di lavoro (i vasai, i fabbri, i tessitori, i panettieri, ecc), interrompendo l’uso ariano non etrusco della ripartizione in tre classi.

Un vero e proprio mondo di conoscenza si ramifica all’infinito grazie a questa mostra che ottiene così il triplice scopo di risvegliare l’interesse per le civiltà italiche, appagare il valore della longevità dell’arte nazionale, e rendere ancora noto a tutti che l’opera generosa dell’Arma dei Carabinieri tutela la vita spirituale dello Stato oltre a proteggere i cittadini dalla privazione della salute, del patrimonio, del giusto riconoscimento identitario.

Marilù Giannone

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