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I veri “Innovatori” sono i “Conservatori”

Scritto da Redazione il . Pubblicato in .

I veri Innovatori sono i Conservatori 
Tradizione ed Innovazione come alleate del pensiero lungo

UN’ANALISI di MATTIA CARLIN *

In un’epoca dominata dalla retorica della discontinuità, della rottura e dell’”innovazione a ogni costo”, affermare che i veri innovatori siano, in realtà, i conservatori può apparire quantomeno provocatorio, se non apertamente contraddittorio.
Eppure, questa affermazione, a un esame più attento, non solo acquista senso, ma si rivela portatrice di una verità profonda e spesso trascurata: l’innovazione autentica, quella che cambia davvero le cose in meglio, non nasce dal rifiuto del passato, ma dalla sua comprensione e dalla sua valorizzazione.

Il termine “conservatore” è oggi spesso caricato di accezioni negative: immobilismo, nostalgia, resistenza al cambiamento. Tuttavia, nella sua accezione più nobile, il conservatorismo è l’atteggiamento di chi riconosce il valore di ciò che è stato costruito nel tempo,  assumendosi la responsabilità di trasmetterlo, proteggerlo e, quando necessario, riformarlo senza distruggerlo.
In questo senso, il Conservatore non è “Nemico del Cambiamento”, ma il suo garante più attento e rigoroso: sa che non tutto ciò che è nuovo è buono, e non tutto ciò che è vecchio è da buttare. L’innovazione, per lui, non è un atto di rottura, ma un gesto di continuità, una forma di rispetto nei confronti di chi ci ha preceduto e di chi verrà dopo di noi.

Blaise Pascal: l’innovatore conservatore

Una figura esemplare di questo equilibrio tra progresso e radicamento è Blaise Pascal (1623–1662), uno dei più grandi pensatori della modernità. Matematico e fisico geniale, fondatore della teoria delle probabilità e precursore dell’informatica (con la costruzione della Pascalina, una delle prime calcolatrici meccaniche), Pascal fu anche un uomo profondamente religioso, animato da un senso tragico della condizione umana. 
Nei suoi Pensieri, raccolta postuma di riflessioni filosofiche e teologiche, Pascal afferma che la grandezza dell’uomo consiste nel riconoscere la propria miseria. Questo non è un invito alla rinuncia, ma un ammonimento alla responsabilità: il progresso tecnico-scientifico, senza un fondamento etico e spirituale, rischia di smarrire la misura dell’umano. Pascal è dunque un innovatore che non perde di vista il mistero e i limiti della natura umana. È questa umiltà, e non l’arroganza di chi pensa che tutto sia manipolabile, che lo rende un pensatore profondamente moderno, anzi post-moderno.

Burke, Newton, Einstein: progresso come eredità

La stessa logica è alla base del pensiero di Edmund Burke, filosofo e politico anglo-irlandese del Settecento, considerato uno dei padri del conservatorismo. In risposta alle derive della Rivoluzione francese, Burke scrive che nessuna vera riforma può essere disgiunta dal rispetto per le istituzioni storiche. L’ordine sociale, per Burke, è un patto non solo tra vivi, ma anche con i morti e con i non ancora nati. Riformare sì, ma senza distruggere: questo è il cuore della sua visione. 
Lo stesso principio anima, in modo meno esplicito ma altrettanto chiaro, il lavoro di scienziati come Isaac Newton e Albert Einstein. Entrambi hanno rivoluzionato la visione del cosmo: Newton con la meccanica classica, Einstein con la relatività. Eppure, nessuno dei due ha cercato il caos o la rottura fine a sé stessa. Al contrario, la loro missione era dare ordine, comprendere, armonizzare. Newton parlava di “scoprire le leggi di Dio nella natura”, mentre Einstein cercava una “teoria del tutto” capace di unificare il reale. Anche nei momenti di maggiore audacia teorica, il loro sguardo rimaneva rivolto alla coerenza e alla bellezza dell’universo. Non innovavano per distruggere, ma per comprendere meglio ciò che era.

Conservare per durare

Nel mondo contemporaneo, segnato da accelerazioni tecnologiche vertiginose, cambiamenti climatici, crisi politiche e sociali, la tentazione della tabula rasa è forte. Si confonde spesso la velocità con la profondità, la novità con il valore. In questo contesto, il pensiero conservatore — nel senso più alto del termine — è più che mai necessario. Esso ci ricorda che non si può costruire nulla di solido senza fondamenta, che ogni innovazione significativa ha bisogno di tempo, radici, memoria.

Essere conservatori, oggi, non significa rifiutare il nuovo, ma chiederne il senso. Significa porre domande scomode, come: “Perché cambiamo?”, “Cosa perdiamo nel processo?”, “Chi ne beneficia davvero?”. L’innovatore autentico è colui che si assume queste domande, e le affronta con la serietà di chi sa che ogni progresso ha un costo umano, culturale e morale.

Conclusione: l’arte del pensiero lungo

In definitiva, l’affermazione “I veri Innovatori sono i Conservatori” non è una provocazione gratuita, ma una chiamata alla responsabilità del pensiero lungo. In tempi di cambiamento frenetico, abbiamo bisogno di figure che sappiano innovare con rispetto, cambiare con misura, creare senza distruggere. Figure come Pascal, Burke, Newton ed Einstein ci insegnano che la vera innovazione è figlia del dialogo tra passato e futuro, e non della loro contrapposizione. 
Solo chi conosce e custodisce ciò che vale, può trasformarlo senza snaturarlo. Solo chi conserva con intelligenza può innovare con profondità.

 

*Mattia Carlin  – Professore di Estetica,  
Direttore Dipart.to Turismo Arte e Cultura
presso l’Università MEIER di Milano

VENEZIANO DOC, già Console Onorario 
ed attualmente Vice-Presidente U.C.O.I,
nonchè spesso gradito Ospite e Firma su
questa nostra Testata, a lui è stato dedicato
un precedente articolo in data 10.09.2025

 

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