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“Il bello, la musica e il potere”, un saggio stimolante
di Antonello Cresti e Roberto Michelangelo Giordi

Con “Il bello, la musica e il potere”,
una riflessione critica sulla società contemporanea 

_____________ a cura di ANNALINA GRASSO *

L’arte e il potere sono due elementi che hanno sempre avuto una relazione complessa nel mondo occidentale. Sin dalle prime civiltà antiche, l’arte è stata utilizzata come uno strumento di espressione e comunicazione per trasmettere messaggi politici e sociali. Allo stesso tempo, il potere ha spesso influenzato la produzione artistica, determinando ciò che è considerato accettabile o inaccettabile nell’ambito dell’arte.

“Il bello, la musica e il potere”, il saggio scritto da Antonello Cresti e Roberto Michelangelo Giordi  (edito da Edizioni Mariù e pubblicato nel Luglio 2023) fornisce l’occasione per riflettere nuovamente sul rapporto tra arte e potere in Occidente.
Il libro è il frutto dell’ingegno di due raffinati artisti che raccontano, in forma di dialogo, il declino della nostra società, nella quale funzionalità e logiche commerciali sembrano aver definitivamente soppiantato la Bellezza. Molteplici i temi affrontati dai due autori: la minaccia dell’intelligenza artificiale, il dispotismo dei mezzi di informazione, il degrado estetico delle nuove espressioni musicali, il ruolo della tecnologia nel processo creativo.
Un aspetto fondamentale del rapporto tra arte e potere riguarda il modo in cui l’arte può essere utilizzata per legittimare il potere stesso. Le opere d’arte possono essere commissionate da regnanti o governanti per celebrare le loro imprese o giustificare la loro autorità.
Ad esempio, gli antichi faraoni egizi commissionavano statue gigantesche di se stessi per simboleggiare la loro divinità e supremazia sul popolo. Questo tipo di rappresentazioni artistiche serviva a rafforzare l’autorità dei faraoni e a stabilire un legame tra loro e gli dei.

Nella storia dell’Occidente, si possono trovare numerosi esempi di artisti che hanno lavorato al servizio del potere politico. Durante il Rinascimento italiano, ad esempio molti artisti erano protetti da famiglie nobili o dal clero e dipendevano dai loro mecenati per ottenere finanziamenti ed esposizioni delle proprie opere d’arte. In cambio della protezione finanziaria, gli artisti erano spesso chiamati a creare opere che glorificassero i loro mecenati o che trasmettessero un messaggio politico specifico.
Ad esempio, Leonardo da Vinci dipinse un ritratto di Lisa Gherardini, meglio conosciuto come Monna Lisa, su commissione di Francesco del Giocondo per celebrare la sua famiglia. Quest’opera d’arte è diventata uno dei ritratti più iconici al mondo e testimonia la relazione tra arte e potere nel Rinascimento.

Tuttavia, non tutti gli artisti sono stati vincolati dal potere politico. Alcuni hanno cercato di ribellarsi contro le convenzioni sociali e politiche attraverso la loro arte. Nel corso della storia occidentale, molti movimenti artistici sono emersi come una forma di protesta contro il potere costituito. L’arte moderna del XX secolo è stata particolarmente influenzata da queste reazioni contro l’establishment politico e sociale. Artisti come Marcel Duchamp con il suo famoso “ready-made” intitolato “Fontana” (1917), che consisteva in un orinatoio firmato e presentato come opera d’arte, hanno sfidato le norme tradizionali dell’arte e l’autorità culturale.

Negli ultimi decenni, l’intreccio tra arte e potere si è evoluto ulteriormente con lo sviluppo delle tecnologie digitali e dei social media. Oggi, gli artisti possono utilizzare Internet per diffondere le proprie opere in modo indipendente dai canali tradizionali dell’establishment artistico o persino bypassare i filtri delle autorità governative che controllano ciò che può essere esposto o diffuso. Ciò ha aperto nuove possibilità per gli artisti di esprimere critiche politiche e sociali senza dover dipendere dalle istituzioni tradizionali.

Il titolo stesso del libro di Cresti e Giordi, dunque, pone l’attenzione su tre elementi fondamentali per comprendere il declino della bellezza nella società contemporanea. Il termine “bello” si riferisce all’estetica e alla sensibilità estetica che caratterizzavano le epoche passate, mentre la parola “musica” rappresenta l’arte sonora che ha subito una trasformazione significativa nel corso degli anni. Infine, il concetto di “potere” indica come i meccanismi di controllo sociale influenzino la percezione della bellezza e limitino la sua espressione.

Come sostiene Marco Guzzi nella prefazione, uno dei segni più evidenti del tracollo di un’intera epoca della civiltà umana consiste nella sua incapacità di produrre opere e azioni, parole e immagini, che suscitino, nei cuori degli esseri umani, lo stupore e la commozione, la gioia e l’entusiasmo: opere e azioni cioè belle, ammirevoli, stupende. L’attuale società tecno-mercantile, estrema espressione di un lungo ciclo storico, profondamente ambiguo, è caratterizzata da una produzione illimitata di oggetti, di libri, di attrezzi vari, di agglomerati urbani, di musica, di discorsi politici, di eventi culturali, di edifici scolastici, di ospedali, di chiese, di programmi televisivi, di comunicazione telematica, sempre più brutti.

Tuttavia la bruttezza, non è sempre e solo sinonimo di insignificanza, come sostiene Giusti, anche la bruttezza, può invitare alla riflessione, per dirla kantianamente. Il termine ‘brutto’ infatti si porta dietro una lunga lista di compagni: mostruoso, grottesco, deforme, freak, degenerato. La bruttezza ha da sempre sfidato l’estetica e il gusto, complicando la definizione di bello.

Le tradizioni occidentali vedono spesso la bruttezza in opposizione alla bellezza, ma questo concetto ha dei significati positivi in altri contesti culturali. Parlando di musica, forse non piacerebbe ai due autori la riflessione del compositore Charles H. H. Parry che elogiava la bruttezza nella musica, senza la quale ‘non ci sarebbe alcun progresso in campo sociale o artistico’.

In questo breve e intenso dialogo, Roberto Michelangelo Giordi e Antonello Cresti prendono di petto questa situazione secondo loro allarmante, denunciandone tutti gli aspetti più sottili e più profondi, in un’analisi accurata, scorrevole e precisa della fenomenologia specialmente artistica e musicale del nostro presente.

Gli Autori ed il Testo

Antonello Cresti e Roberto Michelangelo Giordi sono due personalità di spicco nel mondo dell’arte e della cultura. Cresti è un famoso critico d’arte che ha scritto numerosi saggi sulla Bellezza e l’estetica contemporanea, mentre Giordi è un affermato compositore musicale noto per le sue opere innovative ed emozionanti.
“Il bello, la musica e il potere” è un saggio stimolante che offre una riflessione critica sulla società contemporanea e sul declino della bellezza. Gli autori analizzano il ruolo dell’intelligenza artificiale, dei mezzi di informazione, delle nuove espressioni musicali e della tecnologia nel processo creativo, invitando il lettore a riflettere sulle conseguenze negative che questi fattori hanno avuto sulla percezione e sull’apprezzamento della bellezza nella nostra società.

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*Annalina Grasso, classe 1988, è nata a Benevento, nel Cuore del Sannio, ove tutt’ora risiede.
Plurilaureata, con poliedrici interessi culturali ed accademici, giornalista free-lance, collabora da tempo con varie e qualificate Testate; è altresì fondatore e direttore della Rivista online ‘900-letteario.
Inoltre divulga e promuove il “Made in Italy” in tutte le sue più nobili espressioni, manifestazioni e realizzazioni.
La Consul Press su segnalazione di Fabrizio Federici, nostro amico e collaboratore   è ben lieta di questo suo recente e temporaneo approdo presso la nostra Redazione, quale piccolo porto di una base navale amica, auspicandole una lunga e continuativa buona navigazione.
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