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Il Maestro di Leonardo da Vinci: l’evento “Verrocchio, maestro di Leonardo” a Palazzo Strozzi

Il 9 marzo si è aperta a Firenze, a Palazzo Strozzi, un’ esposizione di quadri, sculture e disegni di Verrocchio, allo scopo di spiegare la genesi artistica di Leonardo da Vinci, suo allievo, che oggi, 2 maggio 2019, viene celebrato nel cinquecentesimo anno del suo transito.

La manifestazione è ricchissima di opere riguardanti anche altri frequentatori e studiosi del maestro  Andrea di Cioni Verrocchio, ma essa è soprattutto mirata a decantare le evidenze del magistero di questi sul suo eminente allievo: 120 opere offrono un excursus esaustivo del pensiero e delle espressioni del periodo, degli impegni sociali, della fiducia filiale di Leonardo verso chi seppe trarre alla luce le potenze del suo genio.

Dopo la rincorsa ad una Storia dell’Arte “alternativa” che andasse alla ricerca di artisti minori o poco conosciuti, accantonando i Grandi Maestri per non indulgere alla “poco democratica” esaltazione di un “leader”, l’equilibrio ritrovato nella cultura attuale ha focalizzato lo studio su altri  nomi dell’Arte Italiana ed ha così messo in evidenza Maestri che hanno dimostrato come l’eccellenza artistica e letteraria è un acme trovata da più voci, tutte diverse, tutte notevoli, tutte collegate, tutte madri di un Genio. Così è avvenuto per molti inarrivabili personaggi, soprattutto, ma non solo, in quel ricco e difficile momento sociale e storico che si chiama Rinascimento.

Se si guarda bene, sono diversi anni che le opere critiche di Vittorio Sgarbi lo esprimono, e recentemente il pensiero filosofico di Marcello Veneziani, quando spiega cosa è la “dea” Comunità. Si tratta infatti di idee e concetti che vengono condivisi, discussi, ma dimostrati univoci nei protagonisti di un percorso storico, e dunque scambiati, accettati o respinti, elaborati : attività non solo intellettuali che rivelano il Pensiero di un dato tempo.

Una delle più belle ed esaustive dimostrazioni della formazione creativa di un Genio come Leonardo da Vinci viene offerta per celebrare il miglior artista e scienziato italiano, per la cinquecentesima ricorrenza della sua morte, dal questa mostra ” Verrocchio, il Maestro di Leonardo”, esposizione ricca quel che basta di esempi e capolavori per chiarire come è impossibile separare o contrapporre, come voleva la cattiva critica artistica ottocentesca, diversi grandi artisti, inseparabili, invece, e lodevolmente attivi a perfezionarsi ed a perfezionare il loro linguaggio per raggiungere un’unità di alte opere. Nel corso di questo lavoro ben presto emergono le personalità eminenti, ma si leggono anche le matrici, come una genitorialità scritta o dipinta.

Andrea di Francesco Cioni, il Verrocchio, come si vede nell’esposizione,  forma nella sua scuola molti valenti artisti senza perdere nulla della sua indiscutibile grandezza. Nella sua bottega si  trovano pittori e scultori i quali, pur trascorrendo la loro vita spesso in luoghi lontani da essa, non hanno mai perso quel filo conduttore che li rende fratelli: la Madonna realizzata con gli occhi abbassati, presagio doloroso del trauma che la ferirà, lo studio realistico delle mani curato fino al più piccolo particolare, la sua posizione e la figura del Bambino, gli sfondi, la riproduzione di panneggi e paesaggi, la scelta dei colori. Sulla base degli insegnamenti di Verrocchio l’elaborazione differente nella resa materiale e nella maggiore o minore cura di altri corollari, come l’ornamento di alcune parti o alcune variazioni sul tema, si possono riconoscere gli allievi che, divenuti maestri e capiscuola, capillarizzano nell’unico corpo della Storia del Quattrocento i pensieri di questo scultore, architetto, pittore, uno dei numerosi gioielli italiani voluti dal Mecenate de’Medici.

Andrea di Cioni non dà nulla di stabilito; invece, sperimenta, creando una Madonna inquieta, o dà importanza alla presenza ed alla leggibilità dei simboli nelle sculture, come si può vedere da alcuni particolari degli elmi, arricchiti da citazioni del mondo classico come la Medusa, girali naturalistici, o dell’età medievale, come la presenza di un drago sull’armatura o sul cimiero, (fino al Monumento a Bartolomeo Colleoni) come di seguito gli allievi migliori, fra i quali Leonardo, rammentano nelle sculture. La preziosità dei particolari è data dalla lunga esperienza di orafo nella bottega di Verrocchio, dal quale Andrea di Cioni prende il secondo cognome, come prende la morbidezza della resa scultorea da Desiderio da Settignano: qui un’altra dimostrazione che nessuno è genio da solo, ma è figlio di altri maestri.

Le mani cesellate della Dama col Mazzolino sono ritrovabili nei disegni preparatori o di esercizio di Leonardo da Vinci, come gli sfondi di colline azzurre dei quadri che addirittura lasciano studiare anche scientificamente l’evanescenza di un colore di particolari lontani al Da Vinci, e così il serpeggiare di un fiume, che non ha soltanto il significato del percorso vitale contrastato, visto come accesso iniziatico a dimensioni superiori, ma è una nota di riconoscimento del luogo dove la figura ritratta ha vissuto o si è trovata. Realismo e voce dell’intelletto: la riga chiara porta la luce al piano di veduta: ciò che sarà unione di natura e storia qui è comunicazione fra di loro, contrappunto fra cielo e bambino nella Madonna di Volterra, conclusi in una intuibile losanga che richiama al grembo generatore, e, nelle sculture, la realizzazione di forme che facciano trascorrere la luce vitale su di esse, siano panni o arti, siano storie bibliche della Porta del Battistero, siano visi che essa vivifica nelle espressioni: tutto ciò è con certa frequenza ritrovabile in Leonardo, ma anche nell’allievo meno espanso Francesco Ferrucci. E’ arduo spesso riconoscere le varie mani in un’opera, cosa che denota l’assoluta stima degli apprendisti verso il maestro. Se Ferrucci rimane sempre con Verrocchio, Perugino, come Leonardo, porta l’arte del Maestro nella sua terra e, con il Pinturicchio, a Roma. Ma è Leonardo che, pur non oscurando mai la scuola del grande Andrea, finisce per risplendere nel mondo per le caratteristiche sue proprie impegnate ad unire scienza ed arte, fede e architettura militare, amore, come la Gioconda, e caricatura, accesa distorsione dei tratti di soggetti così ben incisi e perfezionati di Verrocchio fatta da uno spirito umano assai più acuto ed osservatore del proprio e dell’altrui “motus animi” mediante una profonda conoscenza . In tutto ciò, e con il massimo dell’ammirazione per il Verrocchio, Leonardo da Vinci ha esteso all’infinito il linguaggio umano scritto e figurato più vicino alla somma Divinità: l’arte.

Marilù Giannone