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“Il segreto di Italia” e le stragi partigiane

HO VISTO UN FILM …. Novembre del 2014 

Lo voglio rivedere. Nonostante la tragedia che talvolta sciabola la mente dello spettatore, con l’evidenza buia ed insanguinata per come l’uomo possa cancellare di essere figlio di Dio. Si tratta di una pellicola insolita, il Segreto di Italia.
Non vi si trovano stars sponsorizzate, lucidate, con salamini di labbra semichiuse e libri scritti non da loro, ma attori veri, che si immergono nelle vite che devono vivere e fanno vivere.

La storia è anch’essa vera e riguarda un periodo doloroso della nostra Nazione, la fine della seconda guerra mondiale, ma in un paesino del Veneto, dove idealmente il conflitto dovrebbe essere meno catastrofico e che invece travolge tutti, dipingendo però a luce chiara natura e sentimenti umani anche nel martirio.

La critica mossa ad Antonello Bellucco, il regista, nome di spicco in film televisivi come le Tre Rose di Eva ed altri, è stata di aver ancora una volta chiamata a protagonista la resistenza ed i partigiani, cento volte fulcro in romanzi inclini al pensiero di Luciana Peverelli o nei desiderata di una società-bene intellettualoide e postsessantottina, ma egli ha in proposito un punto ‘osservazione più equilibrato. Prima della visione l’artista presenta brevemente la sua opera con parole semplici e dirette, e ne spiega l’origine ; si tratta di una vicenda storica narrata per addolcirla alternando passato a quotidiano, che ha come soggetto una ragazzina quindicenne dal viso di pesca e l’incanto di una campagna a primavera, lieta di svegliarsi nella stagione e nel primo amore. E’ Italia, lieta nel suo momento, fra genitori amorevoli ed un giovane compaesano che le gira intorno, un mondo indisturbato nonostante la presenza dei militi tedeschi ed un podestà teso a non cacciarsi nei guai. Che purtroppo arrivano quando la famiglia accoglie la vedovella fascinosa di un eroe, la quale è incantata dalla freschezza di Italia ma anche dalla fiorente persona del suo corteggiatore. Ciò si lega al nucleo della vicenda e della tragedia quando i partigiani, andati via i tedeschi, rimettono in ordine – secondo loro – la vita nel paese.

Non lo voglio raccontare: dico solo che non si tratta di gelosia, ma di altri sentimenti luminosi che non saranno traditi, o di bestiale odio, come grida il partigiano spia ad un suo cinico collega anche se la fedeltà al suo credo lo spezza fin nell’età tarda, quando una festa rimette insieme i protagonisti dispersi. Qui è l’inizio dell’accaduto, confermato poco prima del buio in sala, da testimoni oculari. La giovanissima donna che impersona Italia giovane è una promessa, una scoperta, l’attrice che impersona Italia matura è Romina Power, scelta per accondiscendere al suo desiderio di tornare sulle scene, ed è una riscoperta ed una conferma di geni paterni e materni e di naturale bravura.

Ho pensato, alla fine della pellicola, che regista ed attori sono seguaci di Madonna Verità, che con coraggio rivelano che non qualche Entità lontana, ma l’uomo è agente di tutte le cose, buone e no, e gridano che la politica è spesso la scusa per sfogare la propria bassezza, la spocchiosa crudeltà dell’ignorante, in ogni tempo, sia essa cornice di una guerra o di un’appropriazione di cariche e ricchezze d’altri dei quali si è invidiosi, il cui modo di raggiungimento toglie ogni limite, ogni decenza, rende non-umani.

Il regista Bellucco espone e non calca la mano: dà a conoscere senza forzature, dall’alfabeto dei particolari offerti ora con grazia ora con durezza; è lo spettatore infatti che trae le conclusioni anche andando talvolta contro se stesso e le sue convinzioni tratte da cattivi maestri e cattivi testi, lungo il sapiente scorrimento delle scene.

Non c’è la scipita equazione fra fascista cattivo e partigiano angelicato, qui ci sono uomini, contadini , piccoli e grandi esseri chiamati dalla falce della guerra a svelare la loro autentica natura che dal sangue produce soma o pestilenza, e che dal dolore, dalla tortura, dalla persecuzione grida a noi tutti di ritrovare la nostra essenza, le nostre fibre vitali lontane da corrotti, sfruttatori, mafiosi, abulici servitori del potere.

 

                                                                                                              Marilù Giannone