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Libro su Napoli Del Tufo

Intervista a Vittorio del Tufo,
autore del libro “L’uovo di Virgilio”

Dentro Napoli: i luoghi della memoria, la memoria dei luoghi. Due giornalisti napoletani, Vittorio Del Tufo e Sergio Siano, già autori di numerosi volumi dedicati alla storia e alle leggende di Partenope, l’hanno attraversata per anni nello spazio, ma anche nel tempo, battendo palmo a palmo il territorio alla ricerca del cuore esoterico e misterioso di una delle città più immaginifiche e stratificate del mondo. Si sono addentrati nei misteri dell’archeologia, dell’esoterismo. della storia. dell’arte, dei culti perduti, della musica.

E hanno raccontato, con parole e immagini, i miti e le leggende custoditi dietro ogni strada, dietro ogni palazzo. Ne è venuto fuori un documento giornalistico – l‘Uovo di Virgilio – che accompagna da anni, ogni domenica, le pagine del quotidiano Il Mattino. Percorsi affascinanti tra le strade e i vicoli di Napoli, storie narrate e fotografate, miti di ieri e di oggi. Su tutto, la sfolgorante bellezza di Partenope, la città fondata, secondo la leggenda, dalla bella sirena che le ha dato il nome, e che si manterrà in vita, salda, finché il magico uovo di Virgilio sotto Castel dell’Ovo resterà integro.

Vittorio Del Tufo ci parla della sua indagine culturale, ponendo l’accento sulla straordinaria stratificazione di Napoli da ogni punto di vista: storico, architettonico, urbanistico, e immergendo il lettore in un’atmosfera di mistero e luce che caratterizza questa affascinante, contradditoria e sorprendente città, la più attenzionata di tutte. Una città abbagliante e ammaliante nella sua bellezza, col suo mare bruno e salato e la solida e possente presenza del suo vulcano, restituita dalla penna di Del Tufo e Siano.
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1/  Perché ha sentito l’esigenza di raccontare Napoli attraverso questo libro?
Perché credo che si possa dire, di Napoli, ciò che disse Balzac a proposito di Parigi: gettate una sonda e vi troverete l’oceano. Poche città al mondo presentano una tale accumulo di storia e di cultura, una tale stratificazione da ogni punto di vista: storico, architettonico, urbanistico. Il mio obiettivo è quello di individuare, attraverso i luoghi, le tracce della lunghissima cavalcata della città attraverso i secoli. Tracce che sono sotto i nostri piedi, anche se spesso non le vediamo perché siamo distratti o storditi o infastiditi dal degrado. Un esempio su tutti: Forcella, quartiere antico e nobilissimo, ricco di testimonianze di un passato ormai scomparso.

2/  Napoli è una città segnata anche dalla malinconia. Dove trova più evidente questo tratto?
Diceva Michel Leiris, grande scrittore ed etnologo francese, che a Napoli, anche in pieno giorno, è difficile farsi strada tra la folla delle ombre. Alludeva, Leiris, a quella patina misterica, luminosa e insieme malinconica, che nella città del sole ricopre luoghi e persone. Certo, Napoli è una città anche malinconica. La malinconia scorre sotto pelle, spesso è oscurata dal frastuono e dall’innata caratteristica dei napoletani di teatralizzare i propri sfinimenti, che poi sono gli sfinimenti della città.

3/  Quali aspetti di Napoli, molti ancora non riescono a cogliere?
Non saprei, Napoli è una città sovraesposta, la sua “immagine” agli occhi del mondo è una macchina che lavora sempre a pieno regime. In questo periodo Napoli sta stupendo il mondo. Ha ritrovato il ruolo che le compete tra le grandi città d’arte e cultura del mondo e ha una straordinaria proiezione turistica internazionale. Ma io credo che sia necessario fare molta attenzione agli occhi con i quali i turisti continuano a vedere Napoli. Ancora sfugge, a tanti, la complessità di Napoli. Chi viene a Napoli, almeno una volta nella vita, lo fa anche per nutrirsi di “banalizzazione”, ovvero di stereotipi. Che siano la pizza o il miracolo di San Gennaro, o Gomorra, o che siano i rifiuti non raccolti per giorni: gli eterni pastori sul nostro eterno presepe. Il turista si sente rassicurato quando trova riscontro, nella sua visita, agli stereotipi che aveva immaginato. E ritorna a casa soddisfatto, rincuorato dalla conferma degli stereotipi di cui si era (preventivamente) abbeverato. Bisogna diffidare dalle semplificazioni.

Copertina libro

4/  Quale scrittore secondo te, ha raccontato di Napoli in modo veritiero, senza lasciarsi andare né ai luoghi comuni, né a troppe lusinghe, più di chiunque altro?
Due nomi. Ermanno Rea, di cui ho amato ogni singola pagina, da “Mistero napoletano” a “La dismissione”, a Giuseppe Marotta. Quest’ultimo, più di altri, ci ha aiutato a capire quanto Napoli sia una città che va continuamente in scena, sotto gli occhi del mondo. Tutti amano rappresentarla ed essa stessa ama autorappresentarsi, di continuo. In uno dei racconti che compongono la raccolta “L’oro di Napoli”, Marotta descriveva così questo corto circuito: «Il dolore dei napoletani di tutti i ceti è purtroppo autentico, pensai. Essi inventano Napoli, si raccontano con qualche enfasi, con qualche compiacimento; ma trovano sollievo e consolazione in questo recitarsi: il giorno in cui deponessero o frantumassero lo specchio innanzi al quale si mettono a soffrire, non vorrei essere né a Napoli né vivo”. Meraviglioso.

5/  Pensa che Napoli sia ancora una città antimoderna come la descrisse Malaparte?
Malaparte definì Napoli una “Pompei mai sepolta”. E’ così: ma è anche una città in cui passato e presente dialogano ininterrottamente. Non credo che sia una città antimoderna: è sicuramente una città nella quale la modernità fa fatica ad imporsi. Troppe sabbie mobili, troppe incrostazioni del passato.

6/  Quali sono le eccellenze di Napoli oggi?
Tre esempi, in ambiti diversi: l’Academy Apple di San Giovanni a Teduccio, il teatro San Carlo, l’ospedale Cotugno. E tante altre, da valorizzare senza slogan, come accaduto in un passato anche recente, ma con sano pragmatismo.

7 /  Qual è stato il momento storico più alto, più importante, più decisivo che ha toccato Napoli?
Napoli è stata più volte capitale del Regno. La sua proiezione internazionale è sempre stata facilmente riconoscibile. E anche durante il periodo del vicereame spagnolo – quando, per oltre due secoli, sparì dal concerto delle potenze europee per diventare una provincia periferica costretta a cercare spazio nell’immenso contesto dell’impero spagnolo – la città fu al centro di grandi fermenti culturali. Basti pensare ai grandi pittori napoletani del Seicento, ma anche ai fermenti politici e religiosi: in quegli anni si posero le basi dell’illuminismo napoletano che sarebbe poi sbocciato in seguito.

8/  Come sta rispondendo la gente campana, e soprattutto di Napoli al suo libro?
C’è sempre una grande curiosità attorno a questi temi. Il successo non solo della pagina dell’Uovo di Virgilio ma delle numerose iniziative editoriali che a partire dall'”Uovo” sono sbocciate continua a testimoniare quanto stretto e profondo sia il rapporto dei napoletani con la propria storia, con la propria.

Il Mattino, L'uovo di Virgilio, Napoli, Partenope, Vittorio del Tufo