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Josemaría Escrivá de Balaguer, il santo dell’ordinario

San Josemaría Escrivá è conosciuto come il santo della vita ordinaria; così lo definì il papa Giovanni Paolo II in occasione della canonizzazione avvenuta il 6 ottobre del 2002.

Nato a Barbastro, in Spagna, nel 1902 in una devota famiglia cristiana, conobbe la sofferenza fin da bambino con la morte di tre sorelline, il fallimento dell’azienda paterna e il conseguente trasferimento in un’altra città dove la famiglia lottò per sopravvivere.

A 15 anni sentì nel cuore che Dio aveva una missione per lui e decise di diventare sacerdote. Durante un ritiro spirituale ebbe la visione di una istituzione della Chiesa per diffondere un messaggio a lui molto chiaro: ogni persona può diventare santa nella vita ordinaria.

Nel 1928 fondò l’Opus Dei ossia l’Opera di Dio il cui pensiero principale è che tutte le persone possono incontrare Dio nella vita di tutti i giorni. Nel 1930 chiamò altresì le donne a far parte dell’Opera, incoraggiando anche loro ad acquisire formazione umana e professionale, in tempi nei quali la figura femminile non veniva presa in tanta considerazione.

Ebbe l’intuizione che tutti gli aspetti della vita quotidiana possono essere santificati e che il lavoro quotidiano, la vita in famiglia, le relazioni di amicizia sono tutti luoghi in cui il cristiano è chiamato ad amare e servire Dio, tutti ambienti in cui è chiamato a santificarsi.

Sintetizzava il destino dell’uomo sulla terra con queste parole: santificare il lavoro, santificarsi nel lavoro, santificare gli altri per mezzo del lavoro. Queste tre proposizioni intendevano che la santità personale (santificarsi nel lavoro) e l’apostolato (santificare con il lavoro) si realizzavano attraverso la propria attività, destinata ad essere santificata in quanto tale. Mostrava in tal modo come fondere in un’unità di vita la preghiera e la quotidianità, costituita principalmente dal lavoro.

L’intuizione della chiamata universale alla santità senza la necessità di cambiare lo stato di vita cioè senza prendere i voti, anticipò di trent’anni le dichiarazioni del Concilio Vaticano II che nella Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici riproporrà queste considerazioni a tutta la cristianità.

Nel 1928 fu un’ispirazione senza dubbio rivoluzionaria: nell’Opera le persone di ogni nazione, razza e condizione sociale possono sforzarsi di essere sante nella quotidianità della loro vita.

Escrivá dedicò tutta la sua vita allo sviluppo dell’Opus dei: cominciò giovane sacerdote nella Spagna anticlericale degli anni ’30, dove si bruciavano chiese e conventi. La guerra civile spagnola portò con sé una persecuzione religiosa ancora più feroce: migliaia di sacerdoti vennero uccisi, san Josemaría fu costretto alla clandestinità, trascorse del tempo in un manicomio fingendosi malato di mente e poi nascosto nel consolato dell’Honduras, da dove continuò ad assistere spiritualmente come sacerdote molte persone. Lasciò la Spagna unendosi ad un gruppo di contrabbandieri e si rifugiò ad Andorra.

Finita la guerra civile che lasciò il Paese devastato, iniziò la Seconda Guerra Mondiale, con la distruzione umana che ne seguì.

La crescita dell’Opera fu lenta ma continua fin quando, con la fine della guerra, nel 1946 Escrivá e i primi tre membri, tutti i sacerdoti, si trasferirono a Roma per chiedere l’approvazione della Santa Sede: il fondatore pensava che l’Opus Dei sarebbe stato per ogni tipo di persone e per tutti i tempi. Rimase a Roma per il resto della vita dove si adoperò perché i membri sempre più numerosi, si formassero nella dottrina cristiana per poi tornare nei loro Paesi e diffondere il messaggio dell’Opera.

Negli anni ’70 l’Opus Dei era presente in più di 30 Paesi di tutti i continenti. Dal punto di vista del diritto della Chiesa cattolica si presentava come una prelatura personale: è questa una figura giuridica delineata dal Concilio Vaticano II, caratterizzata da una certa flessibilità. Si tratta infatti di un’istituzione che fa parte della struttura gerarchica della Chiesa ma ha la peculiarità che i suoi fedeli continuano a far parte anche delle Chiese locali e delle Diocesi in cui hanno il domicilio.

La prelatura personale si differenzia quindi dagli istituti religiosi, dagli istituti di vita consacrata, dai movimenti e dalle associazioni di fedeli; si presenta come unità organica composta da laici e sacerdoti che cooperano a un compito pastorale e apostolico di ambito internazionale. È retta da un pastore, un prelato nominato dal Papa, che la governa secondo il diritto generale della Chiesa e secondo statuti i propri; poi vi sono i sacerdoti secolari e i fedeli laici.

San Josemaría, il primo prelato, chiamato “Padre” dai membri dell’Opera, si dedicò con dedizione paterna a quella che chiamava “la battaglia della formazione”: si prodigò con lezioni e conversazioni quotidiane perché i “suoi figli e figlie” avessero una solida formazione dottrinale, ascetica e apostolica. Compì lunghi viaggi di catechesi durante i quali incontrava numerosi gruppi di fedeli per dire che qualunque fosse la loro occupazione e ovunque si trovassero, potevano essere buoni figli di Dio.

Morì improvvisamente, nel mezzo di una consueta giornata di lavoro, per un infarto, il 26 giugno del 1975 e fu sepolto nella chiesa di Santa Maria della Pace, sede centrale dell’Opus Dei a Roma.

Ha lasciato un’eredità spirituale molto ricca tra cui diversi scritti – Il Santo Rosario, È Gesù che passa, Amici di Dio, Colloqui con mons. Escrivà, Via Crucis- e raccolte di pensieri Cammino, Solco, Forgiaper “amare il mondo appassionatamente”. In questa omelia, pubblicata separatamente, sono riassunti i messaggi principali dell’Opus Dei e della predicazione di Escrivá.

Veronica Tulli

Foto © OpusDei

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