Skip to main content

La giornata internazionale contro l’infibulazione

Il 6 febbraio scorso si è celebrata in tutto il Mondo la Giornata mondiale contro le Mutilazioni genitali femminili (Mgf). L’iniziativa risale al 2012 e si deve alla risoluzione 67/146 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che, unitamente alla proclamazione della Giornata, ha chiesto di intensificare gli sforzi globali per porne fine. Il quinto sui diciassette propositi che dal 2015 fanno parte degli obiettivi di Sviluppo sostenibile, è sulla parità di genere e riguarda l’eliminazione delle pratiche dannose per l’emancipazione di tutte le donne e ragazze. L’Agenda Onu si è posta come obiettivo l’eradicazione della pratica entro il 2030 ma con questo ritmo il fenomeno sarà dimezzato solo nel 2074.

Linfibulazione consiste nell’ablazione parziale o totale della clitoride e delle piccole labbra. La vulva viene in seguito ricucita lasciando un’apertura per urina e sangue mestruale. La Mutilazione è naturalmente irreversibile.

Essa rende impossibili i rapporti sessuali fino alla defibulazione, cioè fino a quando la vulva viene scucita direttamente dallo sposo prima della consumazione del matrimonio. La successiva reinfibulazione serve per ripristinare la situazione prematrimoniale di purezza di puerpere, vedove e divorziate.

I pregiudizi alla base delle Mgf sono fondamentalmente di quattro tipi. Riguardano la sfera sessuale, l’aspetto sociale, le norme igieniche ed estetiche, e l’aspetto religioso.

  • Dal punto di vista sessuale si vuole soggiogare la donna e la sua sessualità;
  • Le ragioni sociologiche sono legate ai riti di iniziazione delle adolescenti all’età adulta, integrazione sociale delle giovani che se non infibulate non trovano marito mantenimento della coesione nella comunità;
  • Le motivazioni igieniche ed estetiche si basano sul principio secondo cui alcune culture considerano i genitali femminili osceni e causa di infezioni. Inoltre legano alla pratica la fertilità della donna;
  • Secondo l‘aspetto religioso, molte culture credono che questa pratica sia prevista da testi sacri per rendere pura la donna, ma ciò è infondato sia per quanto riguarda il Corano che i testi del Cristianesimo.

Si fa risalire questa pratica alla cultura dell’antico Egitto (quindi in epoca precedente la scrittura del Corano). Probabilmente all’origine vi era la volontà di controllare la vita sessuale delle schiave. In seguito quella maschile di sottomettere la donna ha permesso che si diffondesse assimilandola a un rito di iniziazione per segnare il passaggio all’età adulta.

L’Organizzazione mondiale della sanità ha classificato le Mutilazioni in quattro tipi:

  • Circoncisione cioè l’asportazione della punta della clitoride, con fuoriuscita di sette gocce di sangue simboliche;
  • Escissione del clitoride ossia l’asportazione e taglio totale o parziale delle piccole labbra;
  • Infibulazione, asportazione della clitoride, delle piccole labbra, di parte delle grandi labbra vaginali con cauterizzazione, cui segue la cucitura della vulva, lasciando aperto solo un foro per permettere la fuoriuscita dell’urina e del sangue mestruale;
  • Il quarto gruppo comprende una serie di interventi di varia natura sui genitali femminili

Queste pratiche sono eseguite in età differenti a seconda della tradizione: in alcuni Paesi si praticano sulle neonate, in altri sulle bambine, in altri ancora sulle adolescenti. Le conseguenze sono pesanti per le bambine, le ragazze e le donne che le subiscono, sia dal punto di vista psicologico sia dei rischi gravi e irreversibili per la loro salute.

I rapporti diventano dolorosi e difficoltosi, spesso insorgono cistiti e infezioni vaginali. L’asportazione totale o parziale degli organi genitali femminili esterni è praticata con lo scopo di impedire alla donna di conoscere l’orgasmo derivante dalla stimolazione del clitoride.

Ulteriori danni si hanno al momento del parto poiché il bambino deve attraversare una massa di tessuto reso poco elastico a causa delle mutilazioni. In quel momento il feto non è più ossigenato dalla placenta e il protrarsi della nascita toglie ossigeno al cervello, rischiando di causare danni neurologici. Nei Paesi in cui è praticata l’infibulazione, inoltre, è frequente la rottura dell’utero durante il parto, con conseguente morte della madre e del bambino.

L’Organizzazione mondiale della sanità ha stimato che 3 milioni di bambine siano a rischio ogni anno. Nel Mondo il numero di donne che convivono con una Mutilazione genitale è di diversi milioni. Gran parte delle ragazze e delle donne  che subiscono queste pratiche si trovano in ventinove Paesi africani, mentre una quota decisamente minore vive in Paesi a predominanza islamica dell’Asia.

Si registrano casi di Mutilazioni genitali femminili anche in Europa, Australia, Canada e negli Stati Uniti, soprattutto fra gli immigrati provenienti dall’Africa e dall’Asia sud-occidentale: si tratta di episodi che avvengono nella più totale illegalità, e che quindi sono difficili da censire statisticamente. Ad eseguirle sono essenzialmente donne: levatrici tradizionali o vere e proprie ostetriche. Le Mgf sono spesso considerate un servizio di elevato valore, da remunerare lautamente. Lo status sociale e il reddito di chi le compie è direttamente connesso all’esito di questi interventi.

Anche l’Unicef ha condannato questa pratica senza mezzi termini. Ha dichiarato le Mutilazioni genitali femminili una palese violazione dei diritti della donna. Sono discriminatorie e violano il diritto delle bambine alla salute, alle pari opportunità, a essere tutelate da violenze, abusi, torture o trattamenti inumani, come prevedono tutti i principali strumenti del diritto internazionale. Le ragazze che le subiscono sono private anche della capacità di decidere sulla propria salute riproduttiva. Sono umilianti ed estremamente dolorose. Le bambine che vi sono sottoposte possono morire per cause che vanno dallo shock emorragico per le cospicue perdite ematiche a quello neurogenico provocato dal dolore e dal trauma, oltre alla eventuale infezione generalizzata. Per tutte, l’evento è un grave trauma.

Veronica Tulli

Foto © Immezcla

Condividi:

agenda Onu, condizione della donna, mutilazioni