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La marjiuana e i suoi effetti sul corpo dell’uomo

La marijuana è una sostanza psicoattiva che si ottiene dalle infiorescenze delle piante di cannabis; il termine marijuana designa più genericamente la pianta della canapa. In tutte le varietà di questa pianta sono contenute diverse sostanze psicoattive e la principale è il THC. Nel gergo comune per marijuana ci si riferisce alle infiorescenze della canapa indiana essiccate e conciate per essere fumate, anche se i cannabinoidi, essendo liposolubili, possono essere assunti anche infusi nel latte, nel burro e in altri lipidi nei quali si può sciogliere appunto il THC. Dalle infiorescenze si ricava anche una resina lavorata, l’hascisc.

Gli effetti che la marijuana induce variano a seconda del soggetto, delle circostanze psicofisiche in cui si assume, se vi è contemporanea assunzione di alcol o altre sostanze psicoattive, se il consumatore è assuefatto e a seconda della quantità dei due principi attivi THC e di CBD in essa contenuti. Quindi gli effetti della marijuana sono positivi o negativi a seconda del soggetto che la assume, della posologia utilizzata, della qualità, dei valori THC e CBD, della quantità assunta e del contesto sociale e attività svolte sotto gli effetti della sostanza.

Vediamo cosa succede dal punto di vista scientifico al corpo dell’uomo quando assume marijuana. Se si mangia a crudo il fiore della canna non ci sarebbe alcun effetto psicotropo perché l’elemento chiave che attiva i principi attivi è il calore. Quando la marijuana viene bruciata il principio attivo principale THCA  ancora silente, si attiva trasformandosi in THC. Quindi se la marijuana non viene cotta e venisse in qualche modo utilizzata sugli alimenti, non farebbe alcun male. La marijuana contiene anche CBD che ha un effetto diverso rispetto THC che agisce più a livello celebrale ed è molto più psicoattivo.

Una volta che la marijuana entra in circolo nel corpo, produce alcuni effetti di carattere biochimico. Innanzi tutto il THC comporta la dilatazione dei vasi sanguigni con conseguente passaggio di un maggior flusso di sangue: i capillari nella sclera dell’occhio diventano visibili originando il tipico fenomeno degli occhi rossi. Un secondo effetto del THC è la tachicardia o la brachicardia, ossia un aumento o un rallentamento del battito cardiaco. Altro effetto è quello della fame chimica cioè un aumento immotivato di appetito unitamente all’alterazione della sensazione del gusto. Dal punto di vista psichico il THC può influenzare l’apprendimento, la concentrazione, la memorizzazione e l’attenzione nonché l’equilibrio e i riflessi, rallentando movimenti e pensieri. Il CBD invece non ha effetti psicotropi perchè non agisce a livello celebrale ma piuttosto sul rilassamento muscolare e sulla modulazione del dolore.

Vediamo come fanno dal punto di vista biochimico queste sostanze ad agire sul corpo, producendo tali effetti. Nel momento in cui il fumo viene aspirato, le sostanze della marijuana entrano in circolo attraverso i polmoni e quindi arrivano al cuore e da lì vengono pompate in tutto il corpo, anche al cervello. Ma prima di raggiungere il cervello devono superare una barriera che lo protegge, chiamata barriera ematoencefalica, una barriera che protegge il cervello dalle sostanze nocive. Il THC e il CBD riescono a superare questa barriera mescolandosi con i gas.   In particolare il THC una volta entrato nel cervello, si avvicina ai neuroni e si lega al recettore meglio di quanto non facciano molecole prodotte dal corpo stesso.

I neuroni comunicano tra di loro rilasciando molecole messaggere. Legandosi al recettore il THC modifica il rilascio dei neurotrasmettitori, le summenzionate molecole messaggere. E modificando il rilascio di queste molecole si avranno effetti specifici in base a dove sono presenti questi recettori: per esempio se il THC si lega ai recettori presenti nell’ippocampo, gli effetti saranno relativi all’apprendimento e alla memoria. Se arriva nel cervelletto, interferirà con l’equilibrio e la coordinazione motoria. Se invece si attivano i recettori presenti nell’ipotalamo, nello stomaco e nell’intestino, sopraggiunge lo stimolo della fame chimica: legandosi il THC a questi recettori, creerà l’ormone della fame che farà aumentare l’appetito e la sete e modificherà il gusto.

Infine il THC si può legare ai recettori del sistema cardiovascolare vale a dire cuore arterie e vene; in questo caso indurrebbe una modifica del battito cardiaco. Il CBD invece ha effetti antidolorifici e ansiolitici ed è per questo che viene spesso utilizzato anche in medicina. Il suo meccanismo di azione a livello biochimico non è ancora chiaro.

Diversi studi confermati dall’OMS hanno dimostrato come il consumo massiccio e prolungato di marijuana, soprattutto durante l’adolescenza, può portare problemi legati all’ apprendimento e alla memorizzazione perché fino a 21 anni il cervello è in fase di crescita. Quindi la sua assunzione in fase adolescenziale può portare allo sviluppo di problemi nel cervello. Tra l’altro se un adolescente fa uso di cannabis in un ambiente dove ci sono stati casi di psicosi è più probabile che sviluppi problemi psicologici quindi aumenta la probabilità dell’insorgere di psicosi.

Per quanto riguarda invece la possibilità di overdose, non sono mai stati registrati casi di morte dovuti all’assunzione di cannabis: non si può morire per overdose da cannabis. Infatti i recettori dei cannabinoidi, non sono presenti nelle aree del cervello che controllano le funzioni cardiovascolari e respiratorie; quindi il THC non può produrre arresti cardiaci.

Un uso eccessivo però può portare ad una intossicazione acuta che si manifesta con forte stato ansioso, con possibili attacchi di ansia e di panico, paranoia, allucinazioni ricorrenti dovuti alla distorsione delle percezioni sensoriali, nausea e vertigini. L’intossicazione acuta comunque si risolve nel giro di qualche ora.

Veronica Tulli

Foto © NBC News

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