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La Musica come strumento educativo e culturale

Scritto da Veronica Socionovo il . Pubblicato in .

Ignoto è il momento in cui la musica ha avuto origine; è certo, però, che in tutte le culture si sono manifestate forme di espressione musicale. Nonostante i differenti scenari e racconti, in tutta la mitologia di ogni civiltà il momento della creazione è sempre accompagnato da un suono, e sono divinità od esseri soprannaturali a donare quest’arte all’uomo. Il suono accompagna l’uomo fin da quando si trova nel grembo materno, ancor prima di nascere, e avvolge nel suo mistero l’origine dell’uomo e dell’umanità stessa.

Per gli antichi, l’arte di combinare suoni non aveva il solo fine di creare armonie piacevoli all’orecchio e ai sensi, ma costituiva la via maestra per la conoscenza, per apprendere l’ordine e l’armonia delle cose della natura e dell’universo. Polibio racconta come gli Arcadi ricevessero dai loro legislatori regolamenti diretti a ispirare l’interesse per la musica: sin dall’infanzia la gioventù arcadica si radunava per cantare inni religiosi in onore degli dèi e degli eroi locali. Solo i Cineti si sottrassero a tali prescrizioni e, non a caso, furono ricordati per le atrocità commesse.

Platone, seguendo le orme di Damone, maestro di musica di Socrate, sosteneva che la musica influenzasse profondamente le forme di governo e l’educazione dei cittadini. In essa si riflettono tutte le regole fondamentali per la formazione morale e intellettuale dell’individuo. L’uomo virtuoso, infatti, non è colui che eccelle solo nell’arte musicale, ma colui che vive in armonia con se stesso e con la società, incarnando così l’ideale di giustizia e misura. La musica, pertanto, trascende la mera dimensione sensoriale e si collega a una sfera umana più profonda, finalizzata allo sviluppo personale e alla cura dell’anima.

Il sistema musicale greco e romano derivava da quello egizio: i sacerdoti egizi avevano inciso su tavole modelli di melodia e armonia, risalenti a tempi antichissimi, esposti nei templi. Questi costituivano una testimonianza dell’importanza religiosa della musica. Nelle scuole pitagoriche, come nei templi egizi, i principi più profondi dell’arte musicale erano segreti, riservati a pochi iniziati. Questo sistema musicale si ritrova, con varianti esteriori, in Arabia, Persia, India, Cina.

Nella Cina imperiale la musica era considerata strumento per invocare entità superiori, onorare gli antenati e ispirare amore per la virtù. Confucio la definiva la disciplina più efficace per migliorare la società, tanto da divenire colonna portante del sistema educativo. La musica era custodita da leggi rigide, poiché si riteneva che il suo decadimento avrebbe compromesso l’ordine stesso dell’impero.

Tutte queste civiltà condividono la visione della musica come scienza regolata, non soggetta all’arbitrio del gusto, bensì ancorata a un ordine matematico. Pitagora raccomandava di non giudicare l’armonia solo tramite l’udito, ma attraverso la consapevolezza del principio numerico che la governa. La musica antica è dunque “celeste”, ordinata dagli dèi per affinare l’anima umana: essa placa le passioni, modera gli impulsi, e crea equilibrio tra la parte sensibile e quella intellettuale dell’anima.

A rafforzare questa concezione si aggiunge l’etimologia stessa della parola “musica”, che contiene il riferimento alle Muse, figlie di Mnemosyne, la Memoria. La memoria, madre delle Muse, ha il compito di custodire e trasmettere la conoscenza, i valori e i principi essenziali dell’umanità. Le Muse, attraverso poesia e canto, diffondono nell’antichità la verità e il sapere, confermando il legame inscindibile tra musica, memoria e cultura.

In questo contesto si colloca il pensiero di Fabre d’Olivet, filosofo e linguista francese, che nella sua opera La Musique expliquée comme science et comme art (1812), afferma che la musica è “la scienza degli effetti prodotti dall’armonia dei suoni sull’essere umano in relazione al suo stato fisico, morale e spirituale”. D’Olivet distingue la musica vera, “scienza sacra del Verbo”, dalla semplice pratica estetica. Per lui, la musica è forma primordiale del linguaggio, espressione delle leggi universali del cosmo e strumento capace di elevare l’anima verso una risonanza con l’armonia celeste. Questo approccio integra la dimensione metafisica con quella antropologica: la musica come ponte tra corpo, anima e universo.

A questa visione si ricollega Mircea Eliade, studioso delle religioni, secondo cui la musica rituale non è semplice ornamento ma veicolo del sacro. Nei riti tradizionali, la ripetitività musicale consente di ricapitolare e ri-creare il cosmo, facilitando il passaggio dal tempo profano al tempo sacro: una dimensione ciclica, “un eterno presente”, che ristabilisce l’ordine universale e riequilibra l’anima. La musica si fa simbolo archetipico, capace di attivare immagini e significati profondi dell’inconscio collettivo, legati ai miti originari.

Questo legame tra musica e tempo sacro si riflette in numerose tradizioni mitiche. Nei Veda indiani, la musica (śruti) mantiene l’ordine cosmico (ṛta); nei riti egizi, accompagna la rinascita dell’anima; nel mito greco di Orfeo, attraversa i mondi per redimere. In ciascun caso, la musica diviene “atto cosmico” che rompe la linearità del tempo storico per reintegrare l’individuo nel ritmo eterno della creazione.

Infine, accanto alla dimensione simbolica e religiosa, la musica ha riconosciute funzioni educative e psicologiche. Già nell’antichità, si attribuiva alla musica il potere di formare il carattere, sviluppare la disciplina interiore e promuovere l’armonia sociale. Anche in epoca contemporanea, diversi pedagogisti hanno riconosciuto nella musica un potente strumento di formazione dell’identità e di coesione sociale. Paolo Ricca, ad esempio, ha evidenziato come il canto collettivo e la pratica musicale comunitaria favoriscano non solo l’acquisizione di competenze espressive, ma anche la trasmissione di valori condivisi, il rafforzamento dell’identità culturale e il senso di appartenenza a una tradizione. L’esperienza musicale, soprattutto se vissuta in gruppo, permette di superare barriere individuali e linguistiche, attivando un processo educativo inclusivo, capace di generare rispetto reciproco e spirito di collaborazione. In questo senso, la musica assume una funzione formativa non secondaria, agendo sia sul piano emotivo e relazionale, sia su quello etico e civico.

La psicologia contemporanea ha ampiamente confermato gli effetti benefici della musica sullo sviluppo cognitivo, affettivo e relazionale dell’individuo. Numerose ricerche nell’ambito della psicologia cognitiva e delle neuroscienze hanno dimostrato che l’ascolto e la pratica musicale stimolano la memoria di lavoro, la concentrazione, la capacità attentiva, oltre a favorire una maggiore plasticità cerebrale. In particolare, la musica è riconosciuta come un efficace regolatore emotivo, capace di modulare gli stati d’animo, ridurre l’ansia e migliorare l’umore, incidendo direttamente sull’equilibrio psicofisiologico dell’organismo.

Queste proprietà hanno trovato applicazione sistematica nella musicoterapia, disciplina che si fonda sull’utilizzo strutturato della musica e del suono in contesti clinici, educativi e riabilitativi. Attraverso interventi mirati, la musicoterapia si propone di favorire la comunicazione non verbale, l’espressione emotiva e la consapevolezza corporea, risultando particolarmente efficace nel trattamento di disturbi neurologici, dello spettro autistico, psichiatrici, nonché nei percorsi di sostegno per pazienti oncologici, anziani con demenze e soggetti con disagio relazionale.

In questo contesto, la musica assume un valore terapeutico non solo per i suoi contenuti simbolici, ma anche per la sua struttura ritmica e melodica, che agisce sulla fisiologia del soggetto, sul respiro, sul battito cardiaco e sulla regolazione neurovegetativa. L’esperienza musicale facilita inoltre processi di crescita personale, di rafforzamento dell’autostima e di costruzione dell’identità, mostrando un potenziale educativo che si estende ben oltre l’ambito artistico-estetico.

La musica è molto più di un’arte: è una forma di conoscenza, una pratica spirituale, una scienza dell’anima. È linguaggio archetipico e memoria vivente, capace di unire il visibile e l’invisibile, il passato e il presente, l’ordine naturale e il sacro. In un’epoca in cui la frammentazione culturale e il disorientamento esistenziale sono fenomeni diffusi, riscoprire la funzione formativa e unificante della musica appare quanto mai urgente. Essa rappresenta la via per l’armonia interiore e collettiva, un linguaggio che può ancora oggi trasmettere memoria, consapevolezza e umanità.

Veronica Socionovo ©

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