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La Porta Alchemica e la Sedia del Diavolo

Nella città di Roma alcuni misteri, recintati in piazze centrali, 
sono mimetizzati nei quartieri trafficati,

Roma è rinomata in tutto il mondo come città d’arte, ma sono in pochi ad annoverare anche i suoi misteri, i misteri della Città Eterna. Se volessimo iniziare dovremmo incominciare dal suo stesso nome. Molto probabilmente Roma non è il suo vero nome, anzi il suo autentico nome è andato perduto. Era usanza dei primi abitanti di Roma nascondere  il nome vero di una città, per non farla attaccare da maledizioni. A seguito i misteri di Roma si sono infittiti, e non solo sul suo nome e nel suo ruolo di Caput Mundi della Storia Antica o delle visioni religiose prima all’interno della Traditio Romana, poi nella Chiesa Cattolica. Roma è anche una città ricca di esoterismo e occultismo.

Nella città di Roma, nascosto in un prato di Piazza Vittorio c’è l’unica testimonianza architettonica  dell’alchimia-magica, unica in tutto l’Occidente terrestre. La porta alchemica o porta magica, ultima  sopravvissuta tra le 5 porte del marchese di Pietraforte, Masiimiliano Savelli Palombara. Il nobile che aveva fama di essere alchimista e amicizie occulte, tra cui la famosa Cristina di Svezia.

La porta alchemica ha una storia che inizia con l’alchimista pellegrino Stibeum, nome latino dell’antimonio, conosciuto semplicemente come Francesco Giuseppe Borri. Il quale passò la nottata nel giardino della villa Palombara alla ricerca di un’erba in grado di produrre oro. La mattina fu visto sparire, gettare a terra poco prima delle pagliuzze d’oro, in riferimento che ciò che stava cercando lo aveva trovato, e lasciò una misteriosa carta con enigmi e simboli scritti nell’antico linguaggio degli alchimisti, detto ermetico. Per avere maggiori risposte il marchese fece incidere tali caratteri su 5 porte, nella speranza che si facesse vedere chi sapeva tradurre tale mistero e magari rivelare la vera pietra filosofale, tanto ambita nell’alchimia.

Borri passò i suoi ultimi anni alternandosi tra il carcere del Castel Sant’Angelo e la casa di Savelli, figura molto enigmatica che assomiglia molto a quello che sarà cent’anni dopo il Conte di Sangermano, il conte che dichiarava di avere duecento anni.

Nella porta alchemica sono raffigurati i simboli alchemici più famosi,  riguardanti pianeti e metalli con le rispettive analogie, motivi ermetici  ed ebraici di tipo cabalistico come “ Aureum Seculum Redivivum “ e “ Rauch Elohim “.

La porta raffigura il passaggio del cristianesimo essoterico coi nuovi modelli seicenteschi. L’attuale porta si trova a circa 50 metri da dove sorgeva il palazzo Palombara, unica porta sopravvissuta e contornata da due statue di Bes ai lati, figure di un dio nano egizio, usato per scacciare i malocchi, spostati dal Quirinale. La porta alchemica è forse l’esempio più lampante, è entrato in alcuni film e videogiochi, come Tomb Raider, famosa in tutto il mondo.

Un’altra leggenda di Roma è sulla cosiddetta Sedia del Diavolo. Anche lei come la Porta Alchemica recintata in maniera comune in un prato romano. Sono i resti del mausoleo Elio Callistio, un liberto di Adriano. La costruzione franata nel corso degli anni ha assunto la forma di una sedia e si trovava in campagna, in quanto il quartiere è stato costruito negli anni ’50. Trovandosi in una posizione opposta a San Pietro, si è ritrovata a essere meta di pellegrinaggio da parte di chi credeva che la porta avesse qualità benefiche e fosse in grado di curare malattie. Si credeva fosse opera del diavolo, per via del fatto che essendo un posto in parte appartato ha ospitato barboni e prostitute. Le prime messe nere nella vicinanza di Roma, furono consumate in quel luogo, considerato pieno di poteri curativi. Oggi l’edificio ha perso la forma di una sedia ed è contornato da palazzi, tale conformità ha fatto assumere connotati ancora più inquietanti.

Sono solo due misteri di una Roma pregna di tanti altri, ma ciò che accomuna la porta alchemica e la sedia del diavolo sono il modo in cui sopravvivono mimetizzate tra l’architettura contemporanea. Recintati in prati situati su piazzi centrali di quartieri trafficati, in maniera completamente anonima.

                                                                                                                                                              om Enrico Paniccia

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