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L’Accademia della Crusca e la fake news

L’Accademia della Crusca, antica istituzione linguistica con sede a Firenze, nell’era della digitalizzazione, ha costruito un vero e proprio spazio virtuale dove oltre ad essere dati chiarimenti e analizzati problemi linguistici, si discute anche sulla possibilità di inserire, nel vocabolario, neologismi e accettare regionalismi.

Ha fatto molto clamore la decisione presa dall’Accademia della Crusca di rendere “lecito” l’uso di alcuni verbi intransitivi, quali scendere e salire, come transitivi. In realtà si tratta di una fake news.

Vittorio Coletti, a gennaio, in merito alla questione, aveva scritto:

“È lecita allora la costruzione transitiva di sedere? Si può rispondere di sì, ormai è stata accolta nell’uso, anche se non ha paralleli in costrutti consolidati con l’oggetto interno come li hanno salire o scendere (le scaleun pendio). Non vedo il motivo per proibirla e neppure, a dire il vero, per sconsigliarla. Ma certo è problematico definirla transitiva perché la prova di volgere il verbo al passivo (accertata invece ormai per salire, specie nel linguaggio alpinistico col valore di scalare: la cima è stata salita da…) non sembra per ora reggere (la mamma ha seduto il bambino sul seggiolino ma *il bambino è stato seduto sul seggiolino dalla mamma) come del resto non regge per altri verbi in costruzione transitiva non passivabile (per es. si può dire ho dormito un lungo sonno ma non *un lungo sonno è stato dormito da me).

Diciamo insomma che sedere, come altri verbi di moto, ammette in usi regionali e popolari sempre più estesi anche l’oggetto diretto e che in questa costruzione ha una sua efficacia e sinteticità espressiva che può indurre a sorvolare sui suoi limiti grammaticali”.

I lettori avevano interpretato male la considerazione dell’accademico, e dato per scontato che quelle espressioni, analizzate da Coletti, fossero già entrate nell’italiano. Claudio Marazzini, intervistato dall’agenzia stampa AGI, ha chiarito il fraintendimento.

“Coletti ha guardato con simpatia a una spinta innovativa che trasferisce un modo di dire popolare, accettandola nell’eccezione della quotidianità e delle situazioni familiari. Naturalmente se viene trasportato nella grammatica della scuola nascono dei problemi perché l’insegnante sarà comunque chiamato a correggere quelle forme nell’italiano scritto e formale”. 

L’Accademia intendeva che alcune espressioni sono accettate nell’uso parlato, ma non nell’uso scritto. Marazzini ha chiarito dicendo che la lingua scritta, a differenza della parlata, non nasce spontanea, ma è regolata. Mentre il linguista può scegliere quali espressioni adoperare, il grammatico non gode di tale libertà e quindi anche i maestri non devono tollerare l’uso di queste espressioni in un tema. Tutti gli utenti che si erano preoccupati, ora possono tirare un sospiro di sollievo.