Skip to main content

Le Confraternite e le Corporazioni

Uno sguardo d’insieme sulla storia

Corporazioni nei tempi recenti ha un suono quasi ostile, il ricordo di un assetto della società italiana stabilito da Bottai, nel Ventennio, ed è un grande errore ritenere sia lo studioso sia la sua iniziativa come deplorevoli, anzi !  Nessuno, perso nel buio di una cultura marginale e superficiale, ha notato che l’uomo da sempre si è associato ad altri e da sempre ha cercato di darsi un regolamento affinchè un’organizzazione da lui tracciata avesse buon fine. Che qualche aspetto di una corporazione avesse un carattere incompreso o politicamente inquadrato, questo lo si deve semplicemente al fatto che si è posto un adeguamento con la società del tempo.

Sarebbe impossibile, nonostante il perdurare secolare della sua costituzione, che, ad esempio, la Confraternita dei Fratres Arvales si fosse mantenuta costante negli aspetti fino ad oggi. Essa faceva parte delle riforme di Numa Pompilio che, come nota Plutarco, la lasciò come la conobbe, basata sull’esecuzione e mantenimento di riti agricoli e naturalistici più che remoti. Una delle tante Corporazioni, e religiose, visto che fino al Cristianesimo riti, feste, e fondamenti religiosi erano numerosissimi. Insieme agli Arvali, infatti, che avevano il numero canonico di dodici, come le cadenze dei mesi, dei quali onoravano le divinità protettrici, nella Roma antica vi erano i Luperci, ai quali veniva demandata la celebrazione della fecondità, che avevano il numero doppio di 24, per la ripartizione nei due aspetti, raccolto in Luperci Fabiani, di una tribù, e Luperci Quinziali, di un’altra, retti tutti da un Magister.

Ad essa dissimile come raccolta era la Confraternita degli Auguri, dediti all’interpretazione magico-rituale del volo degli uccelli : Giulio Cesare fu avvertito da uno di essi, stimatissimi ed onorati sempre, del prossimo agguato che lo uccise, ed un Augure fu consultato in segreto secoli dopo da Papa Leone I°, perchè si potesse compiere un sortilegio adatto ad impedire ad Attila di prendere Roma.

Anche i Salii erano 12 più 12, Quirinales e Palatini, addetti a preservare religiosamente le tribù ed i colli a loro affidati, e che a Marzo ed Ottobre si riunivano tutti e celebravano danzando il tripudium ( danza nella quale si battevano tre volte i piedi ). Con altri compiti, terribili, in quanto a loro spettava la dichiarazione della guerra, – e qui racconta Livio – erano i Feziali, che avevano come base l’ordine preciso di esercitare la diplomazia come ambasciatori: il loro Capo, il Pater Patratus (padre nel suo esercizio naturale) scagliava in casi estremi il giavellotto nel campo del nemico, e dopo erano guai. Numa non si limitò a confermare tutti questi: predispose una divinità per ogni gruppo dei sacerdoti maggiori, i Flamini, affini, e questo è in corso di studio, ai Bramini indiani: Marte, Quirino, Giove. i Flamines avevano compiti e consuetudini assolutamente speciali, legate alle proprietà del dio di obbedienza.

Associazioni e Confraternite politiche sono menzionate nei graffiti murali di Pompei, con il consiglio di votarne il rappresentante per amministrare la città, ed erano meno note di quelle a carattere religioso: probabilmente l’origine era civile, nella costituzione in tribù della cittadinanza di Roma, delle quali volevano mantenere la ripartizione. In età di Augusto le Corporazioni, fondate anche sui mestieri, sono ridotte in gran parte, dato che erano diventate numerosissime, creando confusione, e poi in linea di massima gli imperatori le tuteleranno, come Costantino, anche se con ordinamenti e leggi severe, demandando ai “Maiores” l’onere di guidarle. Visto che, già per Legge di Numa, tutti i lavori e le attività avevano lo stesso pregio, ognuno aveva la sua Corporazione di riferimento. L’èlite delle confraternite era riservata a coloro che frequentavano la corte imperiale, quindi un po’ dopo Augusto.

Tutte le associazioni sociali e religiose avevano i loro beni, le loro amministrazioni, i loro fidecommissi. Differenziate dall’intero Populus romanus, che era un’entità di diritto, e non un’ entità dei singoli, e quindi appartenenti allo ius publicum, le associazioni o collegia gestivano scopi funerari, commerciali ed altri simili, per mezzo di un rappresentante, l’actor, ed erano legati alla Lex Julia de Collegiis. Verso la fine dell’Impero l’appartenenza ai collegia era obbligatoria come diveniva obbligatorio, per non deprivarli, che il figlio avesse lo stesso impiego del padre. Dove non c’è buonsenso, purtroppo, con queste prese di posizione assolutistiche, non c’è beneficio: molte scomparvero. Un carattere più economico ebbero le corporazioni sotto i Bizantini, dette scholae, molto più chiuse ed autoritarie di quelle romane : avevano un proprio statuto, i propri maestri, i socii ed i discipuli, o apprendisti per ciascuno: l’obbligo era quello di essere iscritti ad un’arte, cosa che ricorda Firenze o Milano del dopo anno Mille. Lo scopo era, naturalmente, a carattere commerciale , come le altomedievali “honorantiae civitatis”.

L’espansione di scholae, nel sec. XIII, in campo politico, determinò, com’è ovvio supporre, la fine delle corporazioni bizantine e, forse, i primi embrioni dei partiti politici moderni, e, notare bene, esercitarono la loro indiscussa e poco scrupolosa influenza eleggendo magistrati e membri di governo . I secoli dopo vedranno che principi e sovrani le sottoposero ad un rigido controllo, pur senza ostilità, poichè le considerarono utili per le entrate fiscali. Non si crede, da ciò, che il mondo sia cambiato di molto . Com’è logico pensare, ben presto questi pseudopartiti, nati anche a Roma precedentemente ed in modo più celato, con la scusa delle diverse e combattute interpretazioni del Vangelo e/o religiose, si scontrarono fra loro anche con esiti cruenti (vedi le Catacombe di S. Valentino) e tutti ne reclamarono progressivamente, dopo il secolo suddetto, la definitiva chiusura: un esempio è l’azione di Pio VII che ne lasciò solo due, Salute e Pubblica Sicurezza. Verso il Settecento finale le Corporazioni derivate dai primordi storici e rimaste nel tempo erano quelle delle opere di misericordia, come i Sacconi Rossi che Gregorovius nomina, oppure le differenti associazioni religiose costituite da monaci e sacerdoti, tutte governate da un vescovo e curate da una regola, come quelle date loro da santi o autorità della cultura e del potere dei vari alti gradi religiosi.

D’altronde fino al 1860 tutto ciò che impegnava ricerca, studio, attività di ogni tipo era strettamente osservato da un prelato o un’alta carica del Vaticano, ne fa burlesco cenno il Belli, e perfino l’Università nel suo insieme era, specialmente a Roma, controllata da ogni sorta di personalità cattoliche.

Dalla corruzione del basso medioevo presero comunque le ragioni diverse autorità e più o meno tutti i sovrani per far scomparire le confraternite attraverso una lenta evoluzione nelle Corporazioni della fine dell’ottocento. Adesso, per questi gruppi aventi una simile struttura, si comincerà a parlare di Corporativismo nel secolo successivo.

Se si osserva in controluce questo spaccato storico delle Associazioni si può solo lodare Roma per avere tenuto nelle proprie mani un ordine purtroppo spesso gravemente e rovinosamente compromesso, non è solo nel bello e nel buono che si ammira la Capitale, ma anche nell’energia intelligente .

Marilù Giannone