Skip to main content

L’Europa all’Università Roma Tre

Lunedì 18 marzo si è svolto un convegno all’Università Roma Tre, in collaborazione con La Sapienza e Tor Vergata, chiamato: “La Primavera dell’Europa”, in quanto il tema dibattuto era appunto la prossima elezione europea.

A parte la motivazione importante di questa riunione, e l’organizzazione encomiabile e quasi da perfetto Galateo, con ampie donazioni di penne, spilline, blocchetti, ed altro, si è percepito che l’offerta di viaggi esplorativi per reperire un impiego all’estero era, in senso temporale, troppo esigua e imprecisa per potere veramente creare una base di “master” per un futuro, anche se l’idea era senz’altro attraente. Meno piacevole era, invece, la prolusione di alcuni docenti che hanno stancamente ripetuto le solite menate politiche. L’unica frase valida, meglio, una parabola, è stata quella di Sabino Cassese, purtroppo assente e quindi citato: ” Un vecchio pesce, fuori dalla tana, incontra due giovani colleghi. Uno dei due chiede all’altro:”com’è l’acqua?” L’altro gli risponde:” cos’è l’acqua?” Il vecchio tace, stupito.

Questo per chiedersi cos’è l’Europa. Ma, Cassese a parte, l’aneddoto chiarisce lo stato dei docenti di partito, abituati a nebulizzare ogni definizione sempre stata precisa. L’Europa è la casa dove siamo, fatta da tanti nomi diversi, perchè ogni Stato ha il suo nome, che non è uguale all’altro, e che dimostra che non si può essere eguali ed incerti. E’ difficile che i membri di una famiglia si chiamino tutti, ad esempio, Alberto. L’Europa è una famiglia, talvolta in lizza, talvolta in gioco, che dovrebbe seriamente sentirsi Unione di genti con la stessa storia e con lingue ed usi diversi, con tendenze comuni e no. Questo i docenti lo sanno e dovrebbero dirlo.

Ma la parabola è stata usata per incitare i giovani ad andare a votare, e per formare una dirigenza che, secondo la Prof. Claudia De Stefanis, deve riscrivere gli equilibri europei, ed è giusto, com’è bello sostenere quanto afferma il Prof. Francesco Gui, che l’Università è importante per la consapevolezza dei cittadini. Il Docente riprende l’importanza che ha il Passato, che è, infatti, anche Futuro e non identico ad esso. Nega che ciò che esclama Macron sia da prendere in considerazione:” l’Europe est puissance”, preferendo affermare che è accordo realizzato con mezzi giuridici e suggerendo il pensiero di Le Monnier quando cita Saint Simon, che indica chiaramente l’irrinunciabile azione della cultura come processo di integrazione.

Le donne, per questo, sostiene il filosofo, sono di inestimabile importanza: e la cultura può essere interpretata come natura, cosa che la donna è, e meta di benessere e comprensione fra gli uomini. L’Università opera per questo , per non lasciare fondare i rapporti europei sulla “puissance”. Allo stesso modo è di difficile accettazione l’idea di Macron, secondo il quale, come sostiene il Professore, il Rinascimento europeo è la rivincita del Nazionalismo.

L’esame dell’Europa procede, Oriana Blasi fa presente che i giovani sono poco informati ( di chi la colpa? dell’attuale governo o dei trent’anni di nomine di parte per i docenti, di libri confusi e spesso pieni di “voluti” errori, di enfasi verso il piattume ignorante ed i diplomifici?) Non si è mai avuta una vera riforma dell’Istruzione.

I colloqui sono interrotti dalla presentazione dei ragazzi del M.U.R.O., Associazione Onlus per la diffusione della cultura con esperienze sui detenuti. L’Associazione sostiene che la detenzione è da abolire: i carcerati vanno istruiti, tanto è vero che quelli che seguono un percorso culturale hanno meno recidive.

Ammirevole azione di questi giovani sorretta da prove, slides, percentuali: un lavoro perfetto e generoso.

Nicoletta Palazzo e Maria A.Ranchino, del CNR, espongono un lungo studio esaminando ogni lato delle iniziative volte a spiegare e ad ingrandire questi progetti culturali che hanno come fine la chiarezza delle scelte elettorali poichè spiegano chiaramente cosa l’Europa si aspetta. Non solo cultura umanistica, ma anche una buona base di economia , una cura attenta all’occupazione e la crescita.

Parole da attuare, però, è tanto che si pronunciano, e la buona fede delle docenti ne fanno testo come più che necessarie, ormai, per sfuggire al globalismo.

I recuperi, e qui suona la solita sinfonia, devono essere estesi a disabili e rifugiati. A proposito di essi, la docente che segue il discorso, Maria Pia Baccari-Vari, rimanda alla sua disciplina, il Diritto Romano, che è la via e la bussola per raggiungere gli obbiettivi. Cita Cicerone, La Pira, Bonfante, e con voce squillante e mani danzanti sostiene che i Romani, Padri di ogni cultura, (e qui siamo d’accordo) integravano TUTTI gli stranieri, poichè il Diritto di Cittadinanza era esteso a tutti. Sì, ma quando? non da subito, ma nella fase finale dell’Impero. E come? qualcuno dice che esistevano vari tipi di cittadinanza, uno di questi, applicate alle città conquistate, (e dunque quali migranti ? non risulta che l’attuale fenomeno di schiavismo sia stato presente nell’antichità tutta, fatta eccezione per le Americhe) era la cittadinanza “sine suffragio” per mancata alleanza: questi cittadini non erano abili al voto e dunque non del tutto cittadini. Esistevano infine condizioni ben diverse da quelle presenti, il paragone è discutibile, ma fa tanto “Papa Francesco” ed ancor più l’ipocrita e delinquenziale buonismo delle sinistre.

Romolo, si è detto, chiamava tutti a se’, secondo Tito Livio. Ma tutti chi? L’Italia non era sovrapopolata da gente venuta da fuori, che era benedetta, com’era il caso di Demarato, già presso gli Etruschi. Chi veniva da altre parti era spesso un predone, in altri casi, e dunque combattuto ed imprigionato, con buona pace della cittadinanza.

Più interessante pensare come Appiano, cioè, in Europa bisogna avere più Istruzione, più Matrimoni, più Procreazione e, diciamo anche, meno Tecnica , Mercato, Ideologia, Tecnocrazia soprattutto, che non possono sostituire l’uomo.

Ecco, è un giorno di Primavera.

Marilù Giannone