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«L’Europa non nascerà di getto, come città ideale. Essa si farà; anzi si sta già facendo, pezzo per pezzo, settore per settore»

Robert Schuman: l’uomo di pace considerato il padre dell’Europa moderna

Francia, 1990, è un corso la causa di beatificazione di un personaggio lontano dagli ambienti ecclesiastici, da parte del vescovo Pierre Raffin: il politico Robert Schuman. Salito successivamente agli onori della Chiesa nel 2004 come Servo di Dio, un titolo che viene assegnato esclusivamente alle persone che si sono distinte per “santità di vita”.

Robert Schuman era nato a Lussemburgo il 29 giugno del 1886, in una famiglia che possiamo dire rappresentava le contraddizioni della politica europea del tempo. Suo padre, Jean Pierre, era francese, divenne tedesco nel 1870 quando l’Alsazia e la Lorena furono annesse alla Germania e così il piccolo Robert nacque tedesco per poi diventare cittadino francese alla fine della Grande Guerra quando quei territori tornarono sotto la giurisdizione francese.

Un fatto che lo segnerà tutta la vita e sarà per lui lo spunto per immaginare in futuro una Europa unita e solidale. Il giovane Robert parlava correttamente il francese e il tedesco, oltre che il lussemburghese, una peculiarità che gli permise di capire meglio l’Europa e il dramma che vivevano molte delle sue popolazioni. Studente brillante, si laureò giovanissimo in giurisprudenza e ad appena ventisette anni aprì a Metz,nel 1912, il suo studio di avvocato. Scoppiata la Prima Grande Guerra nel 1914, venne riformato per motivi di salute e proprio in quegli anni che stavano sconvolgendo l’Europa, preparò la bozza di ciò che diventerà il suo progetto per una Europa unita, ma i tempi ancora non erano maturi.

Nel 1918, con la fine della guerra e la sconfitta della Germania, entrò in politica divenendo consigliere comunale di Metz, ancora per poco sotto la giurisdizione tedesca, infatti, dopo l’armistizio, l’Alsazia e la Lorena, un anno dopo, a distanza di quasi cinquant’anni, tornarono nuovamente alla Francia, e questa volta nelle elezioni del 1919, venne eletto alla Camera dei deputati francesi per i territorio della Mosella, dimostrando un grande impegno per risolvere le gravi questioni sociali ed economiche del territorio.

Una esperienza che gli sarà utile all’inizio allo scoppio del Secondo Conflitto mondiale quando la Francia subì una cocente sconfitta militare e la conseguente occupazione della nazione, dimostrando tutte le debolezze della presunta grandeur dell’epoca. In questo doloroso frangente, Schuman venne confermato sottosegretario per i rifugiati dal governo collaborazionista del generale Pétain, ma l’appoggio al governo filo tedesco non poteva certo durare e così, dopo pochi mesi, cominciò a spostarsi verso le regioni occupate dai soldati del Reich per assistere gli sfollati.

In realtà, proprio in quel periodo cominciò a collaborare con la nascente resistenza e per questo venne ben presto arrestato dalla polizia politica tedesca, la Gestapo, e imprigionato prima nella sua Metz e poi trasferito al campo vicino a Neustadt in Germania. Con grande coraggio riuscì ad evadere dalla prigione nel 1942 e pochi mesi dopo era la zona ancora libera della Francia governata da un altro generale, Charles De Gaulle. Alla fine della guerra la situazione dell’intera Europa era spaventosa: fabbriche distrutte, infrastrutture inesistenti, case bombardate con milioni di sfollati, senza contare le nascenti lotte sociali sempre più numerose, ma con le casse statali pressoché vuote.

In un contesto così drammatico Schuman venne nominato il 24 giugno del 1946 ministro delle Finanze sotto la presidenza della Repubblica di Vincent Auriol e l’anno successivo divenne primo ministro, un incarico che resse fino all’anno successivo il 26 luglio del 1948, ma cinque anni dopo veniva chiamato ancora da Auriol, come ministro degli Esteri e in questo periodo portò avanti da protagonista i negoziati che segnarono grandi novità nel panorama europeo e mondiale, come Il Consiglio d’Europa per i diritti umani nel 1949 e lo stesso anno l’adesione alla Nato, infine, nel 1950, si inaugura il Trattato della Ceca, l’accordo per l’acciaio e il carbone tra Paesi come la Francia, la Germania, i Paesi Bassi, il Belgio, il Lussemburgo e l’Italia.

Nel discorso di inaugurazione della nuova realtà commerciale, sotto l’ispirazione di un altro grande europeo, Jean Monnet, il 9 maggio del 1950 presentò una sua proposta per la creazione di un primo mattone per l’edificazione quella che diventerà decenni dopo l’Unione europea creando finalmente un ambiente di pace vera e duratura tra Paesi che si erano combattuti per secoli.

Un discorso di una attualità straordinaria. Leggiamo tra l’altro: «La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano» – e ancora – «La fusione della produzioni di carbone e di acciaio assicurerà subito la costituzione di basi comuni per lo sviluppo economico, prima tappa della Federazione europea, e cambierà il destino di queste regioni che per lungo tempo si sono dedicate alla fabbricazione di strumenti bellici di cui più costantemente sono state le vittime». E infine: «La creazione di questa potente unità di produzione, aperta a tutti i Paesi che vorranno aderirvi e intesa a fornire a tutti i Paesi in essa riuniti gli elementi di base della produzione industriale a condizioni uguali, getterà le fondamenta reali della loro unificazione economica».

Nel 1958 venne eletto – all’unanimità – primo presidente dell’Assemblea parlamentare europea, carica che tenne fino al 1960 e alla fine del suo mandato venne proclamato dall’Assemblea “padre dell’Europa”. Ritiratosi a vita privata nella sua casa di Scy-Chazelles nella regione della sua Mosella dove moriva il 4 settembre del 1963. Oggi in suo ricordo abbiamo la Fondazione Schuman, molti premi e borse di studio donate in suo nome dal Parlamento europeo, dalle università più prestigiose, oltre a tante strade, piazze ed edifici che portano il suo nome.

Vogliamo concludere questa breve biografia con una sua frase ancora dal celebre discorso tenuto Parigi, il 9 febbraio 1950, che racchiude tutto l’ideale dell’Europa Unita, con una stringente attualità: «L’Europa non nascerà di getto, come città ideale. Essa si farà; anzi si sta già facendo, pezzo per pezzo, settore per settore. L’esercito europeo segna una di queste fasi».

Gianfranco Cannarozzo

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