Skip to main content

L’infanzia in epoca vittoriana

Cam caminin, cam caminin, spazza camin                                                     Ovvero

         Lo spazzacamino (Dick Van Dike)

Oggi parlerò dell’infanzia dei bambini in epoca vittoriana in particolare di quelli poveri. Vediamo cosa significava nascere in diverse circostanze socio-economiche e come vivere nell’epoca vittoriana poteva ben significare andare dalle stelle alle stalle.

  1. I bambini fortunati delle classi agiate crescevano all’interno di un ambiente familiare confortevole erano accuditi ricevevano un’educazione religiosa e scolastica venivano, fatti giocare e allenare per sviluppare al meglio il loro fisico e il loro intelletto.
  2. Vi erano poi bambini abbandonati appena nati i quali accolti da istituti caritatevoli: venivano spesso messi a Bottega per imparare un mestiere insieme con quelli che privati di un padre, impegnato in guerra o morto, erano in sostanza impiegati come forza lavoro e dovevano aiutare a sostenere economicamente la madre e i fratelli.
  3. I bambini delle classi sociali più povere nonostante appartenessero a un nucleo familiare completo venivano venduti dai genitori o spinti a partire già dai cinque o sei anni a lavorare per poter portare un salario, anche se misero a casa.
  4. I bambini in campagna svolgevano un lavoro meno duro di quelli dei coetanei cittadini, ma le loro condizioni non erano tanto migliori perché le ondate delle carestie toglievano spesso il pane dal piatto di tutti; dal punto di vista igienico i bambini in campagna, mancando la promiscuità tipica dei sobborghi industriali, avevano minor numero di contagi quando si propagavano le malattie.
  5. I bambino mendicanti, invece, chiedevano l’elemosina non occasionalmente ma come occupazione giornaliera. Questi erano inoltre obbligati a fare i saltimbanchi o i servetti e venivano deportati in colonie dell’impero per popolarle e li affidate a famiglie di coloni.
  6. I piccoli delinquenti quelli costretti a rubare o a prostituirsi per sopravvivere e infine quelli che vivendo costantemente nella strada morivano travolti da mezzi meccanici o carri a cavallo mal condotti.
  7. I bambini usati nelle fabbriche per pulire i condotti delle macchine, i cosidetti Chimney Sweepers, che vivevano poco (difficilmente fino ai 12 anni), e che molto probabilmente sono conosciuti soltanto per il personaggio di Dick van Dike in Mary Poppins (vedi anche William Blake a fine articolo)

Un’infanzia breve e l’alta mortalità infantile rendeva familiare rapporto con la morte e modificò anche il rapporto con i figli di cui ci si curava meno che al giorno d’oggi in quanto di soldi ne giravano pochi non se ne spendevano più di tanti per curare i bambini a meno che non fossero usciti dall’età a rischio. Le madri a quel tempo non avevano latte surrogato come oggi ma si allungava il latte normale per provvedere alla loro alimentazione.

Le lavoratrici in fabbriche o laboratori portavano con se i propri figli in quanto non esistevano congedi per maternità, così non era infrequente che le donne si portassero i più piccoli al lavoro anche prima che potessero venire impiegati a loro volta nei luoghi di lavoro.

I bambini, una volta considerati indipendenti, venivano lasciati parecchio loro stessi liberi di scorrazzare per le vie o nei campi e capitava spesso che i bambini più piccoli di 5 anni annegassero in canali e pozzi.

I bambini operai erano stati in seguito il naturale sviluppo dei bambini che si trovavano nelle fabbriche. L’Inghilterra nell’Ottocento era in piena rivoluzione industriale e l’utilizzo della manodopera minorile, era una pratica comune soprattutto nell’industria Tessile, come ancora oggi lo è in India o in Cina. Le prime filande meccanizzate sorte in Inghilterra negli anni Settanta del Settecento costituirono i principali centri di assunzione non qualificata dei bambini e delle donne in quanto erano impiegati nella battitura e nella mondatura del cotone; dopo il settore tessile i bambini vennero assunti anche nelle vetrerie e nei tabacchifici, in seguito non c’era ramo industriale che non avesse il suo gruppo di bambini che lavorava anche 12 ore al giorno o anche di notte.

Gli imprenditori li assumevano perché con le loro mani più piccole erano in grado di svolgere compiti difficoltosi per gli adulti o semplicemente perché i bambini erano meno costosi; questi bambini operai vivevano di fatto un’infanzia molto breve costretti ad abbandonare giochi e passatempi sin da giovanissimi, forzati dai genitori a entrare nell’età adulta prima del tempo.

Le workhouses ovvero le case di lavoro

Nelle workhouses risiedevano tutti i poveri che non potevano provvedere al loro sostentamento al fine di moralizzarli attraverso il lavoro. Venivano assegnati ai bambini lavori di cucito, merletto, ricamo, fabbricazione di giocattoli, spazzole, scope e bottoni. Si creava nelle workhouses una forza lavoro disciplinata irregimentata ulteriormente dagli sforzi di sociologi e scrittori soprattutto inglesi che miravano a razionalizzare e disciplinare questo sfruttamento dei più giovani in modo che questa forza lavoro veniva poi impiegata dai commercianti e dai fabbricanti nelle proprie fabbriche o aziende che fossero.

Va ricordato in questo frangente lo sforzo critico dello scrittore William Blake che attraverso le sue poesie narrò la storia dello sfruttamento minorile (soprattutto Songs of Innocence e Songs of Experience). Queste opere, nate in un’epoca precedente all’epoca vittoriana (1794) denunciavano il male dello sfruttamento minorile.

Foto wikipedia focus.it il salotto di miss Darcy medium

Francesco Spuntarelli