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“Organizzare Italia” pubblica il primo rapporto italiano sulla disorganizzazione

Il 22 febbraio scorso durante la conferenza stampa (presso FENAPI) sono stati presentati i primi dati relativi al fenomeno della disorganizzazione e la sua incidenza su benessere, produttività e soddisfazione personali.

Organizzare Italia, azienda che da anni si occupa di formazione delle competenze organizzative, ha presentato il primo rapporto italiano intitolato “Organizzato o disorganizzato, come ti senti?”, che ha visto al centro della ricerca l’analisi della disorganizzazione percepita e vissuta dagli italiani.

Si stratta di un’indagine che ha coinvolto 300 persone alle quali è stato sottoposto un questionario online di 23 domande per investigare se le persone si sentano organizzate o disorganizzate, e come questo abbia ripercussioni sulla vita. Dalle risposte degli intervistati sono emersi risultati interessanti.

Ad esempio, la gestione del tempo e i troppi impegni sono il problema principale. In molte risposte è emerso che le persone hanno giornate troppo dense di impegni, e riguardo a questo c’è una buona consapevolezza.

Molti perdono dei micro-tempi, meno di 10 minuti, ma questo accade di frequente con la conseguenza di trasformarsi in un problema costante. Esiste un desiderio forte di imparare ad organizzarsi meglio, per avere più tempo per sé e migliorare la qualità della propria vita.

La disorganizzazione personale non è sentita come un problema sociale. Per alcuni, anche se la percezione è varia, è come se la disorganizzazione fosse solo un problema personale, quindi c’è una scarsa consapevolezza di quanto l’organizzazione sia fondamentale in un contesto sociale, mentre la nostra ipotesi sostiene il contrario: l’organizzazione influisce sulla vita di relazione, privata o professionale, delle persone.

Ciascuna persona nello svolgimento delle proprie attività svolge un ruolo, che raramente è avulso da un contesto sociale, ed è per questo che essere organizzati diventa essenziale per le relazioni. L’organizzazione personale non riguarda quindi solo la sfera individuale, perché ciascuno fa sempre parte di un gruppo, di una comunità, di un sistema sociale.

Il desiderio di imparare per cercare una soluzione ai problemi organizzativi è forte. Attraverso un importante numero di domande è risultato che le persone sono disponibili ad imparare ed esprimono la volontà di risolvere il problema.

Comprano strumenti per l’organizzazione che però non portano ad una soluzione piena. Questo perché eliminano il disordine, ma non portano organizzazione. Il problema è quindi risolto solo al primo livello.

Non si tratta infatti della stessa cosa, perché solo quando si crea organizzazione ci si trova nell’asse positivo, quello della soluzione.

Quattro i profili tipologici che sono stati delineati. Un primo gruppo di disorganizzati consapevoli, persone che sentono di essere disorganizzate, vorrebbero migliorare la propria organizzazione e hanno risposto con coerenza dichiarando di perdere tempo a cercare le cose, di fare fatica a portare a termine i compiti nei tempi previsti e di mancare scadenze o appuntamenti.

Un secondo gruppo di disorganizzati doc (veri) composto da persone che dicono di essere disorganizzate, alle quali piacerebbe imparare ad organizzarsi meglio, ma che danno risposte e assumono comportamenti non sempre coerenti.

Un terzo gruppo di ordinati, che riescono a gestire spazi e tempi ma solo a proprio uso e consumo, generando ordine e non organizzazione perché viene a mancare la possibilità di condivisione del metodo organizzativo.

Infine, un esiguo numero di persone, gli organizzati, persone che non pensano di essere disorganizzate o non vogliono migliorare la propria organizzazione. Questo ristretto numero è composto da persone che ricevono ospiti volentieri a casa, che hanno uno spazio di lavoro che gli dà piena soddisfazione e che riescono a stare dietro ai propri impegni ritagliando dalle loro giornate un tempo tutto per sé.

Questa indagine ha rivelato spunti interessanti, infatti  è importante quanto ha affermato Fabiola Di Giov Angelo, curatrice della ricerca e membro del CDA di Organizzare Italia: “la ricerca ci consegna uno strumento capace di dare la misura della richiesta sociale di organizzazione, in ogni ambito, e un compito da proseguire che ci conduce verso un cambiamento culturale”.