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Patrick Zaki, a Mansura la nona udienza

Inizia oggi a Mansura, Egitto, la nona udienza del processo al giovane studente ricercatore e attivista per i diritti umani Patrick Zaki, accusato della diffusione di notizie false dal tribunale di emergenza per reati di sicurezza dello Stato.

Secondo l’accusa infatti, Zaki, avrebbe, tramite un articolo del 2019, preso le parti dei copti, minoranza cristiana egiziana, portando all’attenzione dei lettori le persecuzioni cruente protratte a loro danni da parte dell’Isis negli anni precedenti e un paio di casi di discriminazione sociale e giuridica.

Al momento, si trova fuori dal carcere ma non può in alcun modo lasciare il Paese, dopo 22 mesi di custodia per delle accuse legate ad alcuni post su Facebook, ma successivamente informalmente accantonate.

Hoda Nasrallah, capo a guida della sua squadra di legali che sostengono l’invalidità delle accuse rivolte a Zaki, ritiene che probabilmente «per oggi è prevista solo la presentazione degli atti della difesa», dubitando che i legali possano continuare le proprie arringhe interrotte nella precedente udienza, quella del 29 novembre, fermo restando però che il giudice può pronunciare la sentenza in qualsiasi momento.

La vicenda, insieme alla ricerca costante dei responsabili della morte in seguito a tortura di Giulio Regeni, costituisce un caso di rilevanza politica che mina i rapporti tra Italia e Egitto. All’udienza, come in tutte le udienze precedenti, dovrebbero presenziare diplomatici italiani e di altri Paesi nell’ambito di un monitoraggio europeo di processi rilevanti per il rispetto dei diritti umani in Egitto.

Sul caso Regeni, i parenti del ragazzo mossero delle pesanti critiche nei confronti delle dichiarazioni rilasciate dal vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, ricevuto nella giornata di ieri dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi. Dopo l’incontro, in cui si è discusso di temi quali sicurezza energetica, immigrazione irregolare e cooperazione economica, Tajani su Twitter scrive: “ho chiesto e ricevuto rassicurazioni per una forte collaborazione anche sui casi Regeni e Zaki”.

Claudio e Paola parlano anche dell’esposto fatto contro lo Stato italiano, per evitare di vendere armi a quei Paesi che violano i diritti umani, criticando il Governo per non aver avviato una istruttoria efficace. «Siamo determinati più che mai. Perché sappiamo che Giulio ha subito un’intollerabile violazione dei diritti umani» commentano. Dalle indagini è infatti emerso che il giovane ricercatore classe 1988 ha subito diverse torture e percosse.

Secondo una nota della Ong Eipr “Patrick rischia una pena detentiva di cinque anni solo per aver esercitato il suo legittimo diritto alla libertà di espressione in un articolo intitolato Displacement, Killing and Harassment: A Week’s Journal of Egypt’s Copts e pubblicato a luglio 2019 sul sito web di Daraj”.

Sul caso Zaki in tantissimi si sono mossi per chiederne la scarcerazione: da Bologna, dove il ragazzo studiava, fino al Parlamento europeo «L’idea che Patrick debba trascorrere un altro anno così è inconcepibile», afferma Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International in Italia. «Oggi si chiude un anno di una mobilitazione dal basso incredibile, straordinaria, bellissima per Patrick. Ne inizia un altra che ha bisogno di una politica che agisca con maggiore incisività, urgenza, decisione. Perché oggi nessuno di noi può immaginare che Patrick debba trascorrere un altro anno così, è un’idea inconcepibile». E all’Italia in particolare, Noury chiede di mettere in campo «sul piano diplomatico tutte le iniziative necessarie, coinvolgendo l’Europa presto e bene. La scritta che campeggia su tanti luoghi d’Italia – “Free Patrick Zaki” – non è solo uno slogan ma un obiettivo».

Gianfranco Cannarozzo