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Per una “Nuova Scuola”

Una delle note dolenti della scuola italiana è rappresentata dai bassi stipendi con cui viene retribuita la classe docente; questo problema, noto da sempre, è stato evidenziato dall’annuario statistico della Ragioneria generale dello Stato.

Nella scuola, lo stipendio medio è di 28.000 euro circa contro i 138.000 euro della magistratura; certamente l’amministrazione della giustizia è un compito gravoso che va ben retribuito, ma è inconcepibile la distanza che separa chi emette una sentenza da chi prepara le nuove generazioni alla vita civile e al sapere.Quello dell’insegnante, storicamente, era un lavoro (se non anche una aspirazione o una vocazione) a cui ambivano le persone più preparate, quasi un punto di arrivo molto importante e riconosciuto dalla società e ciò consentiva anche di dare una preparazione eccellente degli studenti.  Oggi la scuola non costituisce più il centro per l’istruzione degli studenti, ma è divenuta una fabbrica di posti, un ammortizzatore sociale per assunzioni di massa pronto a essere utilizzato anche come potenziale bacino di voti.  L’insegnamento è diventato un parcheggio per i meno preparati che non riescono ad entrare nel mondo del lavoro o delle professioni; tutto ciò è disastroso per un paese, perchè senza un’istruzione adeguata, non si può competere con i paesi più evoluti e si crea, inoltre, una generazione futura con una preparazione mediocre.

Vari governi nel passato si sono cimentati, inutilmente, nel tentativo di  riformare la scuola; nell’ormai lontano anno 2000 il Ministro della Pubblica Istruzione, Luigi Berlinguer, ci rimise la poltrona perché osteggiato dai professori e dai sindacati che  si rivoltarono contro la sua riforma che avrebbe dovuto introdurre fasce stipendiali diverse, sulla base dei risultati di un concorso interno, chiamato “concorsone”  o addirittura concorsaccio.

Qualche anno dopo ci riprova  il sottosegretario del MIUR  Valentina Aprea con il suo disegno di legge che introduceva una specie di cursus honorum della professione di  docente, basato su una gerarchia scolastica articolata su tre livelli: docente ordinario, docente esperto e docente senior ove, ad ogni progressione di livello, corrispondeva  una progressione economica. Ultima in ordine di tempo è arrivata “La Buona Scuola” del Governo Renzi, per garantire agli studenti un’offerta formativa più ricca, rivolta alla tradizione (musica, arte) ma anche al futuro  (lingue, competenze digitali, economia).

Nessuna di queste riforme è stata mai applicata integralmente; per motivi di vario genere, le riforme scolastiche in Italia, rimangono sulla carta senza incidere in nessun modo sul tessuto vivo della scuola italiana che, sostanzialmente, rimane un ammortizzatore sociale in cui gli stipendi dei docenti sono i più bassi in Europa … peggio c’è solo la Grecia !

Con  queste premesse, è difficile individuare margini di manovra necessari per una politica retributiva che dia agli insegnanti il giusto riconoscimento del loro ruolo.

Come si può porre un freno a questa situazione indecorosa?  Una risposta viene formulata dal prof. Giuseppe Bertagna – illustre pedagogista ed esperto di problemi della formazione – che propone di differenziare le funzioni e di conseguenza gli stipendi. Ciò in quanto  non tutti gli insegnanti svolgono le stesse funzioni: c’è  chi è esperto, chi è alle prime armi, chi è senior, chi fa il tutorato per i nuovi docenti; in questo modo  alcuni avranno uno stipendio europeo e altri no.

Neppure la crisi ha introdotto la differenziazione di servizi e stipendi, anzi si è allargata la platea di insegnanti trattati in modo uguale. Invece bisognerebbe puntare più sulla qualità che non sulla quantità dei docenti; i nuovi ingressi nella scuola andrebbero programmati tenendo conto degli effettivi vuoti di organico degli istituti.  Con qualche docente in meno e qualche euro in più nella busta paga, avremmo professori meno poveri e più motivati.

LIDIA D’ANGELO