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Quella tragedia umana che sconvolse l’Italia degli anni ’80

«Quei nidi di vespe sfondati sono case, abitazioni, o meglio lo erano». Alberto Moravia

Una normalissima e stranquilla serata domenicale sta per cambiare in maniera improvvisa e drammatica. É il 23 novembre del 1980 e ci troviamo in Irpinia.

Intorno alle ore 19:34 per 90 secondi, la terra cominciò a tremare in maniera sempre più violenta, raggiungendo la magnitudo 6.9 della scala Richter e colpendo un’area che andava dall’Irpinia al Volture (Campania centrale e la Basilicata centro settentrionale) causando la morte a circa 2.940 persone8.848 feriti e 280.000 sfollati.

Non fu subito chiara l’entità del danno, a causa del blocco delle telecomunicazioni i telegiornali parlarono solo di “terremoto in Campania“. Questa impossibilità di comunicare e lanciare l’allarme diede vita a una polemica per il ritardo dei soccorsi.

Lo stesso presidente della Repubblica Sandro Pertini, tornato da quelle zone martoriate, denunciò alla televisione l’intempestività dei soccorsi, che impiegarono diversi giorni, circa cinque, per coprire tutte le zone colpite.

Ponti crollati, zone impervie e isolate, soccorsi non organizzati e coordinati, sono le cause del ritardo. Se poi consideriamo che la zona Irpina è sismica e che nel corso dei secoli sono stati molti i terremoti di magnitudo elevata, il più recente nel 1962, il patrimonio edilizio era fortemente provato.

Questa mancanza di organizzazione fondò le basi per la nascita di un sistema più efficace di intervento. Grazie all’intuizione del commissario straordinario del Governo, Giuseppe Zamberletti, nascerà la Protezione Civile.

Non fu meno tragica la ricostruzione, uno dei peggiori esempi di speculazione. Tante furono le inchieste della magistratura. Che svelarono come nel corso degli anni, il numero dei comuni colpiti andò ad aumentare, passando da 339 a 687.

Furono destinati contributi pubblici che fecero gola alla criminalità organizzata. Non mancò l’interesse politico locale. Molti volevano rientrare tra i beneficiari del fondo e questo portò ritardi nella ricostruzione. In alcune zone, mai del tutto completate.

Sono passati 40 anni da quella tragica notte e il ricordo è vivo come una ferita mai del tutto rimarginata. Dalle televisioni alle istituzioni, agli enti locali, sono tanti i pensieri per quei momenti e per tutte le persone coinvolte.

La Rai ha inserito nel proprio palinsesto numerosi programmi sull’argomento, come alcuni servizi di “Storie italiane“, o lo speciale “La Scossa“. L’invito ai comuni dalla Prefettura di Avellino, di dedicare un minuto di silenzio alle 19:34. L’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV) lancia il sito terremoto80.ingv.it, che offre un viaggio, una testimonianza fotografica.

Un giovane regista di Sant’Angelo dei Lombardi, Giuseppe Rossi, ha girato un docufilm intitolato “90 secondi“, documentario che grazie alle testimonianze raccolte vuole diventare memoria storica di quanto accaduto in Irpinia.

Anche l’Arma dei Carabinieri ricorda i suoi sette caduti «Nonostante decine di Caserme fossero rimaste distrutte o danneggiate dal sisma, nonostante 29 parenti di Carabinieri fossero stati travolti e uccisi dalle abitazioni crollate, si legge in una nota, l’Arma era presente. I Carabinieri non ebbero il tempo di piangere i loro congiunti morti: sopraffatti dal dolore, guidati dai richiami dei sopravvissuti, scavavano anche a mani nude per soccorrere i loro concittadini».

Il presidente Sergio Mattarella nel suo messaggio, l’ha ricordato come «l’evento più catastrofico della storia della Repubblica italiana» aggiungendo come il senso di comunità fu fondamentale per la ripartenza «La Repubblica venne scossa da quel terremoto che aveva colpito aree interne e in parte isolate del nostro Paese, ma tutto il Paese seppe unirsi e, come accaduto in altri momenti difficili, l’impegno comune divenne la leva più forte per superare gli ostacoli».

Parole che fanno riflettere soprattutto in un periodo così altrettanto drammatico, come quello che stiamo attraversando. Forse, dovremmo ritrovare quel senso di comunità, che oggi sembra essere venuto meno.

Gianfranco Cannarozzo

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