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Questioni di Politica: quale sarà il Governo Italiano ?

Pollicino fra gli orchi e gli orchetti del bosco

di Diplomaticus

Il nuovo Governo, se ci sarà, quando ci sarà, come sarà, è ancora da cartomanzia, avrà problemi di politica interna e di politica estera e, fra questi ultimi, di politica europea. Al momento non se ne parla ma è prevedibile che saranno il banco di prova delle difficoltà connesse al rilancio dell’idea d’Europa preconizzato dal primo vertice franco-tedesco dopo la riconferma della Merkel alla guida della Germania.

Per quanto sia forte, comune e persistente l’idea che un governo nazionale sia importante, sta di fatto che il sistema europeo condiziona pesantemente tutte le possibili scelte dei governi nazionali. In realtà, nonostante le molte critiche di questi ultimi anni, la politica europea è una comune base di riferimento o, se vogliamo, d’impedimento, per lo sviluppo di politiche nazionali. Le scadenze europee che attendono il nuovo Governo sono molto importanti e, forse, addirittura decisive per le sorti dell’Europa. Almeno apparentemente, l’asse franco-tedesco si riconferma come il possibile motore dell’Unione. Ma quale Unione?

La crisi finanziaria, l’immigrazione crescente e il rigore auspicato da molti ma contestato da altri, hanno fatto sì che oggi, l’Europa si trovi divisa in tre tronconi. Da una parte, l’asse franco-tedesco, con “appese” Italia e Spagna, da un’altra i Paesi del Patto di Visegràd (Polonia Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria) e, da un’altra ancora, i Paesi del Nord (Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi, Svezia) e, probabilmente, i Paesi baltici (Estonia, Lettonia e Lituania).

La situazione economica italiana, fra tutte, resta ancora delle peggiori. Difficile, quindi, che l’attenzione europea si concentri sul nostro Paese, se non per la preoccupazione che il nuovo Governo, che uscirà, con un difficile equilibrio, dalla vittoria di partiti anti sistema e più svogliati dall’idea europea, possa generare un ulteriore anti europeismo, latente nell’Unione. Alla diffidenza verso il nuovo Governo si accompagnerà, peraltro, l’interesse a rabbonirlo per evitare altri strappi nel tessuto già liso dell’Unione.

Il compito che attende i nuovi governanti italiani sarà molto difficile, per l’inerzia dimostrata in un lontano passato e per l’incapacità evidente, negli anni più recenti, di esprimere una qualunque idea di Europa, a parte le lamentazioni sul fenomeno dell’immigrazione.

L’Italia è un pezzo importante dell’Europa. Bisogna partire da questo assunto per avere il coraggio di assumere una posizione negoziabile seria. Al contrario, sino ad ora si è andati a rimorchio degli altri e, segnatamente, della Francia. Nel contesto europeo l’Italia è drammaticamente isolata, sia con Francia e Germania, che non ci hanno invitato al loro recente vertice, sia con i Paesi di Visegràd, nonostante la criticata visita della Meloni al premier ungherese Urban, sia con i Paesi del Nord dai quali ci dividono interessi e prospettive diversi. Neppure con la Spagna e con la Grecia esiste un mini-asse d’intesa che ci permetta di uscire da un isolamento nel quale ci hanno cacciato le nostre vicende politiche interne.

Ricostruire un sistema di alleanze e di credibilità europea, al di là delle consuete affermazioni di fede europeistica, non sarà facile. In realtà, manca qualunque idea di come si possa contribuire al rilancio dell’Unione. Un punto, però, sembra essenziale: in un mondo, dove si sta accendendo una guerra tariffaria di proporzioni planetarie, i singoli Paesi, per quanto importanti possano essere, contano meno che zero. Il mondo è diviso in blocchi d’interesse economico e strategico fondamentali. Un Paese isolato, che non sia la Svizzera, rischia di essere stritolato dalla competizione internazionale. L’Italia ha la fortuna d’essere inserita in un contesto europeo, anche come socio fondatore, contesto nei cui confronti Trump ha avuto la condiscendenza, al momento, di non imporre dazi. Non dimentichiamo, a parte le chiacchiere sulla sovranità, che il mercato internazionale per noi è vitale.

Le questioni europee che si sono dibattute, si fa per dire, durante la campagna elettorale, sono state quelle della revisione dell’Accordo di Maastricht, il 3%, la questione dei flussi migratori e quella dell’euro, questioni classiche, nel nostro dibattito politico, ma di poca sostanza realistica. Le questioni vere di cui parlano Francia e Germania sono ben altre: come può l’Occidente europeo contrastare la spinta isolazionista degli Stati Uniti, l’espansione crescente del colosso russo, la competizione planetaria della Cina? Come far fronte in materia di bilancio comunitario, alla defezione finanziaria del Regno Unito, con la Brexit? L’Europa ha perduto in mezzo scolo il suo smalto ed ora occorre tinteggiarla di nuovo. A fronte di questi macro problemi c’è il mega silenzio della politica estera italiana.

Ci sono tre questioni fondamentali da affrontare nei prossimi mesi, a parte la ristrutturazione del bilancio europeo, problema che c’interessa molto da vicino. La prima è quella se vogliamo o no un Ministro comunitario dell’economia che dovrebbe agire con un mandato e con dei poteri tutti da definire. La seconda è quella della nostra partecipazione a un esercito europeo. Il tema della difesa è fondamentale perché, senza l’ombrello atomico americano, l’Europa può contare solo sulla forza nucleare francese, piuttosto limitata, e che non è in alcun modo paragonabile a quella del deterrente nordamericano. La terza è quella della necessità di una politica estera comune, dove gli orgogli e le presunzioni nazionalistiche e “sovranistiche” dei vari Ministeri degli Affari Esteri hanno sino ad ora precluso una qualunque voce, forte e unitaria, dell’Europa.

Poi, da ultimo, ma non ultima, ci sarebbe un’altra questione, quella dell’Unione bancaria europea, C’interessa? Scrive un mio amico: «…a proposito di “fumo”, in esso sono andati 3,4 miliardi nostri per la perdita di valore (5,2%) delle azioni MPS (sottoscrizione del Tesoro a 6,4 euro). I privati hanno perso il 70% in 4 mesi. Non capisco perché continuino a chiamare la banca Monte dei Paschi, invece di quello che è effettivamente: C…o in culo: CIC.»

Nel citare questi problemi da affrontare mi chiedo se si sia coscienti, nel nostro Paese, dell’importanza di queste prospettive politiche. Se l’Europa non si attrezza con un vero e proprio Direttorio politico, con una sua politica estera, di bilancio e di difesa, il processo di disgregazione latente sarà inevitabile. Non credo che sia nel nostro interesse di medio termine.

Al momento, è come la storia di Pollicino in mezzo agli orchi. Pollicino però, era intelligente e riuscì a cavarsela.