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# restiamo a casa ! …. e che Dio ci aiuti

# Restiamo a Casa 

…….RIFLESSIONI dagli ARRESTI DOMICILIARI
da parte di un  VECCHIO LIBERO PENSATORE *

Oggi è il 4 Aprile di questo diabolico anno bisestile, è il mio 24esimo giorno di clausura forzata
Ho 77 anni, sono un giovane della classe 1943, mese di marzo, nato in tempo di guerra ed ora in guerra contro un nemico invisibile; faccio parte di quel 23% circa della nostra popolazione, quella che in questa guerra è a maggior rischio, ha una età che va dai 65 anni a oltre i 90 e quasi tutta è reduce da una guerra mondiale che ha visto arrivare, ci è nata e cresciuta dentro, ma che ora, difficilmente, riuscirà a sopravvivere a questa.

Vivo a Parco Leonardo, nel comune di Fiumicino, dal mio balcone vedo il nido e l’asilo, alcuni tratti dell’autostrada che da Roma va verso l’aeroporto, la linea ferroviaria, i parcheggi delle abitazioni, in lontananza la torre di controllo dello scalo. 
Il panorama è muto, non c’è movimento, non c’è vita, sembra di essere in uno di quei film futuribili, che talvolta sono stati programmati, la città è morta, la popolazione sembra assente, non esiste più, solo talvolta si vede qualcuno passare, qualche cane abbaia, le auto sono tutte parcheggiate nelle aeree delle abitazioni, sono ferme da giorni, sembra che siano abbandonate al loro destino.

L’aeroporto Leonardo da Vinci è un punto di arrivo e di partenza, ma non si vedono gli aerei che scendono silenziosi in fase di atterraggio né si ode in lontananza il rombo dei motori di qualche aereo in partenza.Poche auto si muovono lungo l’autostrada, ma non si vedono più i pullman, anche la ferrovia è silenziosa. 

Ora solo tre treni, nelle ore del giorno, vanno o vengono da Roma, prima erano otto e, in alcune ore della giornata, potevano essere anche nove, una FrecciaRossa attraversava l’Italia, e portava il suo carico nei nostri grandi gioielli, Firenze, Bologna, Venezia.
I treni veloci segnalavano il loro passaggio per avvisare le persone in attesa lungo la banchina, ora tutto tace, e quei fischi, quei sibili un po’ ci facevano compagnia, ma un altro silenzio ci dà una grande tristezza.

E’ primavera, è il risveglio della natura, per i piccoli del nido e dell’asilo era la gioia, riconquistare il giardino, correre, gridare, litigare, piangere, stare all’aria aperta non chiusi in un’aula, quelle grida, le canzoni, i richiami delle maestre ci mancano. Tutto intorno a noi ci manca, dobbiamo stare in casa, nelle nostre quattro mura e il comandamento che tutti dobbiamo osservare è: # restiamo a casa
E’ facile dirlo, emanare queste disposizioni, limitare la libertà degli individui, ma il comandamento interessa tutti, giovani e anziani, donne e uomini, lavoratori e pensionati, studenti ed insegnanti, sani e disabili, solo poche categorie di lavoratori ne sono esclusi.

E’ proprio quel 23% della nostra popolazione che, oltre a essere quella a maggior rischio, si rifiuta di accettare il comandamento, i giovani hanno un futuro un po’ incerto forse, ma gli anziani hanno molto passato dietro le spalle e poco futuro e, quel futuro, se la salute li aiuta, lo vorrebbero vivere intensamente e non dentro un’abitazione dove spesso sono soli o con un animale domestico.
Il tempo passa ed ogni giorno, alle ore 18,00, il Dipartimento della Protezione Civile aggiorna la situazione del Coronavirus, nel comunicato stampa di oggi ci sarà un numero in più, di un mio caro che non ha visto arrivare il nuovo giorno, è morto nella notte. 
Era un giovane della classe 1928, mese di ottobre, aveva 91 anni, certo qualcuno penserà che con tanti più giovani di lui che se ne vanno anche per lui doveva accadere. Ma il discorso vale per lui come per tutti gli altri.

Dietro a quei numeri, che sono letti dal Capo Dipartimento Angelo Borrelli, che se salgono o scendono possono influenzare le scelte medico sanitarie nel Paese o nella Regione dove si è verificata la morte, ci sono delle persone, uomini o donne, di tutte le età che lasciano familiari, amici, conoscenti, che ora non li possono nemmeno salutare, che ora non sono a conoscenza della loro morte e che, quando sarà tutto finito, le cercheranno, entusiasti per aver vinto questa guerra, sperando di averle tra loro, di riabbracciarle, e solo allora sapranno che non sono più tra noi, che non ce l’hanno fatta.

Già il dopo, la fine della guerra, quanti saranno quelli che ci hanno lasciato, quelli che sono sopravvissuti alle cure intensive, quelli che hanno sviluppato i loro anticorpi? Continueremo a tenere la distanza di un metro dal vicino, non ci abbracceremo più, non ci baceremo più. 
Cosa ci attende dopo questa terribile esperienza?

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PS Era il 6 maggio del 2010, nel panorama  di Parco Leonardo spuntò un arcobaleno, dal balcone della mia abitazione scattai le foto, erano le 7,47. 
Voglio sperare ed augurare che il prossimo 6 maggio, dieci anni dopo, torni l’arcobaleno.

*Roma, 4 Aprile MMXX, ore 21
______ALESSANDRO RICCI

 

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