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Roman Polanski compie 90 anni. Un film per omaggiarlo: J’accuse. L’ufficiale e la spia

di Anna Lina Grasso

Allievo di Lodz e ammiratore di Carol Reed e Orson Welles, Roman Polanski che quest’anno compie 90 anni, ha sempre dichiarato di detestare il cinema amatoriale (Nouvelle Vague). Per dirla con Deleuze, le sue non sono dunque immaginipercezione, ma immagini-azione finalizzate a costruire un racconto organico al centro del quale porre lo spettatore e a rappresentare il reale come qualcosa di inafferrabile, guardabile ma non visibile. In questo senso Polanski è un erede di Orson Welles, Siodmack e Hitchcock, creatori di punti oscuri e di vuoti di senso nella visione.

Tra i suoi ultimi film più belli, con visioni aspre sulla natura umana, e dall’impianto classico c’è L’Ufficiale e la Spia.

“L’Affare Dreyfus” è l’affare per eccellenza e rappresentò una fase della storia francese molto importante, tanto che vennero coniate delle nuove parole tra cui Dreyfusard, che significa favorevole a Dreyfus, e Antidreyfusard, “contrario a Dreyfus”. In tutta la Francia questo episodio divenne un grosso fattore di scontro, tanto che si crearono i Dreyfusard e gli antidreiyfusard. Questa importante divisione poteva verificarsi anche all’interno delle stesse famiglie (magari il padre di famiglia era favorevole a Dreyfus, mentre i figli erano contrari). Questo fatto di cronaca giudiziaria si è caricato di una grandissima serie di significati, anche politici, che sono sfociati in un tentativo di colpo di Stato.

Al regista Polanski e allo sceneggiatore, Robert Harris, interessa principalmente l’aspetto umano della vicenda, tanto che questo prevale decisamente su quello storico e politico. Il film è diviso in quattro blocchi. Il primo blocco tratta dell’indagine, del giallo, in cui vengono principalmente mostrati i caratteri dei personaggi coinvolti. Rispetto al caso reale, che quando esplose divenne di interesse nazionale, il film è un po’ troppo generico, un po’ marginale. Ci saranno delle dichiarazioni nella fine del film che faranno capire come si concluderà la vicenda ma la fine non verrà mai mostrata. Il film, uscito nel 2019, è la riproduzione cinematografica dell’omonimo romanzo del 2013 scritto da Robert Harris, anche co-autore della sceneggiatura del film.

A livello cinematografico, non è stato facile per il regista polacco rappresentare il colonnello Picquart. Picquart è effettivamente un uomo tutto di un pezzo. Polanski utilizza questo personaggio anche per mettere in evidenza le due grandi passioni di Picquart, la lettura e i concerti. Quando Picquart viene arrestato, la sua amante dice che approfitterà di questo tempo senza di lui per leggere. Nella stessa scena, vediamo Picquart vestito in divisa, con cappotto e cappello, e seduto sullo sgabello del pianoforte e Pauline Monnier in camicia da notte con un ginocchio scoperto (scena che ricorda il quadro “Conversazione Platonica” di Felice Casorati). Polanski inserisce la donna nel film per dare almeno una debolezza a Picquart. Nel finale del film di Polanski, quando i due amanti si incamminino in un viale alberato e non si sposano, si ha l’impressione che Polanski riveli che in realtà la signora è una invenzione. Se Dreyfus era stato degradato, condannato e poi reintegrato; Picquart non è mai stato radiato dalla’esercito perché era “solo” in aspettativa. Che lui ci tenesse che fosse vero, è testimoniato dal fatto che Picquart scrisse una lettera ad un giornale perché non aveva citato esattamente il suo grado militare, dicendo che lui era Tenente Colonnello in sospensione, ma era comunque nei ranghi dell’esercito. La richiesta di Dreyfus era giusta, egli chiede inoltre di fare una legge. L’ormai generale Picquart gli dice che la legge non passerebbe in parlamento perché le cose sono cambiate, esponendo una ragione di tipo politico. Sembra proprio che Picquart, una volta entrato nelle stanze del potere, si sia un pò ammorbidito.

Nell’ultimo colloquio tra Picquart e Dreyfus è significativo anche quello che si dicono i due tra di loro. Dreyfus, anche se si vede rifiutato ciò che chiede, è sempre grato a Picquart e gli dice “ è bello che voi site stato scelto come ministro”. Il generale ammette che era arrivato a quei livelli solamente grazie a Dreyfus. La battuta finale è di Dreyfus (ed è il cuore del film): “No, non è merito mio. Siete diventato ministro perché avete fatto il proprio dovere.”

Anche in questo film, l’oscurità indica il male e la luce indica il bene. In quasi tutto il film si vedono interni oscuri o in penombra e la luce di solito è schermata, come quando Picquart va a trovare Sander che è a letto, è quasi tutto immerso nell’oscurità perché la luce è schermata da una tenda. Lo studio del ministro della guerra, che si vede tre volte, è sempre nell’oscurità e la luce è trattenuta fuori. Lo studio del ministro della guerra lo vediamo illuminato bene solo quando Picquart diventa ministro e riceve Dreyfus. Inoltre, lo riceve in una zona più interna della stanza ma si vede comunque tutto bene. Questo vuol dire che, sotto il comando di Picquart, tutto è illuminato dalla luce. Il servizio di statistica è sempre in penombra, addirittura non si può aprire la finestra.

Polanski è riuscito magistralmente a fondere il realismo costruttivo con le sue esigenze. Nell’arredamento del tempo prevaleva il nero. In tutta la sequenza iniziale della degradazione, il cielo è completamente nuvoloso. Non c’è la luce del sole. La luce è schermata dalle nuvole e l’unica scena in cui è presente la luce del sole è nella passeggiata finale di Picquart con Pauline Monnier, in cui il viale con gli alberi, come un corridoio, serve da cannocchiale.

Le linee di fuga convergono sui personaggi. Il colore caratterizza i momenti buoni (come il famoso incontro tra Picquart e Clemanceu, Zola, Leblois e tutti gli altri personaggi positivi). La luce, l’arredamento e molti altri elementi servono a sottolineare uno stato d’animo. Nel cinema l’abito fa il monaco: come si veste un attore non è mai casuale.

Attraverso la figura di Picquart (magistralmente interpretato da Dujardin) Polanski ci ricorda come siano necessari uomini che siano capaci di andare al di là delle proprie convinzioni quando si trovano di fronte a un’ingiustizia, costruendo un film solido e traslucido e un episodio storico denso d’implicazioni per la Francia e l’Europa sino alla vigilia della prima guerra mondiale.

Roman Polanski