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Turchia, elezioni presidenziali: Erdogan si riconferma alla guida del Paese per altri 5 anni 

«Elezioni più strane di sempre» commenta Kilicdaroglu candidato di opposizione, preoccupato per le sfide che attendono il Paese

Il presidente Erdogan è stato rieletto per un altro mandato” questa la notizia diffusa dai quotidiani e dalla tv di Stato turca che comunica la conferma della vittoria al ballottaggio del presidente Recep Tayyip Erdogan con il 52% di voti in favore. Erdogan resterà alla guida del Paese fino al 2028. 

Queste elezioni sono segnate da un’altissima partecipazione, circa l’85% della popolazione si è recata alle urne, oltre 64 milioni di turchi hanno espresso la propria preferenza compresi i residenti all’estero e gli aventi diritto al voto. 

Al primo turno, il 14 maggio scorso l’affluenza ha superato l’87% di partecipanti e già in quella occasione Erdogan aveva riscosso la percentuale maggiore di preferenze; circa il 49%, mentre il rivale Kilicdaroglu circa il 45% di preferenze. Al turno del 28 maggio il presidente uscente, recatosi alle urne con la moglie Ermin, a Uskudar, sulla sponda anatolica di Instanbul, aveva donato ai bambini che accompagnavano i genitori alle urne, dei soldi. 

Un fatto curioso visto da alcuni come un modo per guadagnare sostenitori che ha destato non poche perplessità e altri lo hanno paragonato a un gesto di uso comune in Turchia, benchè fosse strana la circostanza. 

«Le operazioni di voto oggi sono importanti per la vita della democrazia» aveva dichiarato in quella circostanza alla Trt, la televisione di Stato sottolineando che è la prima volta nella storia del Paese che si arriva al ballottaggio.

Sinan Ogan, politico della destra nazionalista ha invece ottenuto solo il 5%.

Kemal Kilicdaroglu, ha commentato la sconfitta come un evento nefasto per il Paese, affermando di essere piuttosto «preoccupato» affermando che queste elezioni sono state le «più ingiuste di sempre». 

Una sfida al fulmicotone tra i due candidati che fino all’ultimo hanno inviato i rispettivi supporter a verificare che non ci fossero dei brogli, con Kilicdaroglu che invitava la popolazione ad andare alle urne per “liberarci dal regime autoritario” e accogliere la democrazia e la libertà. 

Erdogan dal canto suo invitava “i fratelli a restare uniti e proteggere i seggi fino all’ultimo, per difendere la volontà della Nazione” 

Il portavoce del Partito Repubblicano turco, maggior partito di opposizione in merito ai controlli serrati e ai discorsi rivolti alla popolazione da Erdogan, ha esortato il presidente a non dichiararsi già vincitore, pur accettando i risultati delle votazioni, ma invitandolo a evitare di fare “discorsi da balcone” per evitare di confondere le acque. 

«Inizia il secolo della Turchia» afferma il rieletto presidente da un autobus utilizzato per la campagna elettorale, fuori dalla sua abitazione di Istanbul, anche questa una novità assoluta, una volta confermato l’esito del ballottaggio, rivolgendo poi un messaggio di ringraziamento al popolo che «ancora una volta ci ha dato fiducia dandomi la responsabilità di governare per i prossimi cinque anni. Solo la Turchia ha vinto oggi». Concludendo le dichiarazioni con un ironico «bye bye Kemal» mentre la folla fischiava, e sparava in aria per le strade della capitale in festa. 

Mentre Erdogan guarda già alle elezioni locali del 2024, puntando a riconquistare Istanbul e Ankara che aveva perso cinque anni fa, i sostenitori del presidente celebrano sparando in aria e suonando i clacson delle automobili per le strade di Istanbul. Tuttavia, la Turchia rimane un paese profondamente diviso e la vittoria di Erdogan non è riuscita a ricomporre le divisioni interne.

Stando a quanto sostenuto da Faith Altaylii, noto analista locale, a pesare maggiormente su queste elezioni presidenziali sono stati i siriani: “visto il margine sono stati i siriani a decidere chi governerà la Turchia” aveva scritto su Twitter ritenendo che la vittoria di Erdogan viene dai circa 1,5 milioni di profughi a cui ha concesso la cittadinanza, come dichiarato in commento a un video di Fox News. 

In tanti sono i capi di Stato che si sono congratulati con il presidente Erdogan per la vittoria, tra questi il presidente Usa Joe Biden che commenta la notizia su Twitter: “Non vedo l’ora di  continuare a lavorare insieme come alleati della Nato su questioni bilaterali e sfide globali condivise”. Anche Orban e Vladimir Putin si sono complimentati con il presidente turco per il rinnovo del quinquennio. 

Pakistan, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Qatar e Azerbaigian hanno espresso soddisfazione per l’esito del ballottaggio.

Parlando dei problemi del Paese, ci sono tanti punti da affrontare, primo tra tutti la situazione interna piuttosto complessa e una economia incerta. Ciò che desta più preoccupazione è proprio quest’ultima, un tempo un caposaldo della popolarità del presidente turco, ora è diventato un problema molto serio, con una infazione galoppante e una continua svalutazione della lira turca.

A questo si aggiunge l’aumento dei prezzi al consumo di bevande non alcoliche e cibi, che sfiora corda l’89% mentre i trasporti sono al 106%, anche a causa del rialzo dei prezzi dei costi dell’energia e delle materie prime provocato dal confitto tra Russia e Ucraina. 

La politica economica di Erdogan è stata piuttosto fallimentare considerando che per cercare di tenere bassi i tassi di interesse ha mosso pressioni sulla Banca centrale turca al fine di poter, erroneamente, contenere l’inflazione. Il risultato? L’esatto contrario: l’inflazione è salita vertiginosamente toccando circa il 70% di aprile, il più alto livello del 2022, mentre a novembre dell’anno precedente era intorno al 21,3%.

A questo si aggiunge la conseguente perdita del potere d’acquisto nonostante le numerose misure tampone adottatte dal governo per aiutare la popolazione, in particolare quella più povera.

Altro problema è quello dei migranti siriani che ormai hanno raggiunto circa i 4 milioni, un milione dei quali, come avrebbe promesso Erdogan, tornerà di propria volontà in patria, ma la condizione “sine qua non” per il presidente Bashar al-Assad è che le truppe turche si ritirino dalla Siria. 

Ai problemi interni al Paese, si aggiungono anche quelli sul piano internazionale, soprattutto per quanto riguarda il difficile rapporto con l’Occidente in particolar modo per la ferma opposizione all’ingresso della Finlandia e della Svezia nella Nato, di cui la Turchia è membro dal 1952.

La ferma opposizione è legata all’accusa mossa contro i due Paesi rei di essere riparo per terroristi, in riferimento soprattutto ad appartenenti al PKK (Partito del lavoratori kurdisti) in guerra contro lo Stato turco e all’organizzazione Feto, collegata al predicatore Fethullah Gulen, sospettato di essere il mandante del golpe del 2016. Contro queste organizzazioni Svezia e Finlandia non avrebbero “mosso un dito” e la Svezia avrebbe espresso in più occasioni il proprio sostegno alle forze curde siriane che controllano il Nord-Est della Siria.

Tuttavia Ankara è riuscita, almeno in parte a ricucire i rapporti con l’Alleanza Atlantica grazie al ruolo da mediatrice per cercare di mettere la parola “fine” al conflitto russo-ucraino. Fondamentale il ruolo della Turchia per gli accordi sull’esportazione del grano ucraino. 

Successi che hanno ottenuto il plauso e il sostegno sia da Bruxelles che dalle maggiori capitali europee aumentandone notevolmente il prestigio a livello internazionale, nonostante rimangano ancora delle ferite aperte con l’Europa e gli Stati Uniti. Con questi ultimi le criticità sono da ricollegare con il supporto fornito ai curdi siriani delle Unità di protezione popolare.

 

Gianfranco Cannarozzo