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Un contributo alla conoscenza di Giuseppe Ungaretti

Giuseppe Ungaretti è una delle figure più rappresentative della poesia contemporanea, un poeta per il quale in modo speciale la poesia è stata un tutt’uno con la vita. Questo breve articolo vuole fornire un contributo alla sua conoscenza, cooperando al dialogo tra letteratura e spiritualità.

L’uomo-Ungaretti ha realizzato in concreto il suo essere con Dio, il suo essere con se stesso, il suo essere con gli altri e il suo essere nel mondo; sono questi gli ambiti in cui gli atti acquistano il loro valore morale e portano l’uomo al suo perfezionamento. In alcune sue liriche si è riferito a questi ambiti: al suo rapporto con Dio e allo sviluppo della percezione di se stesso e delle sue esperienze; sviluppo che lo porterà ad accogliere dalla fede l’essenziale: il mistero di Cristo.

Negli autentici valori poetici della sua opera si può rinvenire una sostanza umana che in qualche modo si schiude a Dio. In effetti il suo itinerario spirituale lo ha condotto ad invocare Dio con la ferma fiducia che, per i meriti di Gesù Cristo, egli darà all’uomo la grazia di cui ha bisogno per la salvezza. L’esperienza di Ungaretti è una chiara testimonianza di come l’uomo sia naturalmente chiamato ad essere religioso, creato da Dio per poter godere della sua vita intima e che l’uomo, creato per Dio, cerca naturalmente Dio.

La testimonianza del poeta è ancora più efficace se pensiamo al momento storico di profonda crisi economica, culturale e soprattutto valoriale: l’odierna cultura post-moderna occidentale ha sviluppato una razionalità soggettivistica e antimetafisica che vede con scetticismo le capacità naturali della ragione umana e ha per di più proposto come valori da realizzare nella vita dei veri e propri vizi: questa anti-cultura rende molto difficile per le nuove generazioni l’accesso naturale a Dio; la scienza è diventata istanza ultima di risposta alle domande trascendenti.

Se osserviamo con profondità l’uomo del XX secolo, lo vediamo sottoposto a pressioni contrastanti: da un lato è spinto a porre la sua fiducia nel progresso tecnico che dà risposte immediate ed appaganti, dall’altro lato intuisce che non vi sono risposte definitive a quesiti veri. L’uomo oggi è dunque percorso da un’inquietudine esistenziale che manifesta il suo bisogno di salvezza, di liberazione e di pace, sperimentando la sua strutturale incapacità di placare la sua esigenza di infinito.

In questo contesto possiamo affermare che Ungaretti si è servito della poesia per rinnovare la società in crisi con un atto di fede, di fiducia nell’uomo e nei valori eterni e immortali. L’origine della poesia è il contatto dell’uomo con Dio, ha scritto nella sua autobiografia. La testimonianza di Ungaretti dimostra che se l’uomo resta senza speranza, se si chiude all’impulso fiducioso verso il futuro, fallisce il suo essere uomo; nella sua esperienza ascensionale ha dimostrato che il mistero di Cristo è l’unico possibile centro di speranza che l’uomo non risulti assurdo e che solo nel mistero di Cristo ha senso il mistero del dolore umano.

Per quanto riguarda il contesto letterario e culturale in cui è vissuto Ungaretti, esso è stato caratterizzato dalla polemica nei confronti della tradizione e dello status borghese, dal rifiuto dei modelli del passato, manifestando invece l’esigenza di un rinnovamento radicale, più stanziale, più rivolto all’uomo. In particolare il contesto storico fu drammaticamente segnato dalle due guerre mondiali e dalla crisi culturale e valoriale che è poi seguita allo sviluppo scientifico e tecnologico della società.

L’iter umano-poetico-religioso di Ungaretti si è sviluppato in tre complessi lirici: l’Allegria è il primo libro di poesie ove il poeta, alla ricerca di un paese innocente (Girovago), sia simbolicamente che esistenziale mente, sperimenta la caducità delle cose create e incomincia a porsi il problema di Dio. Nella condivisione del dolore della guerra con gli uomini i suoi fratelli (Fratelli), arriva a definirsi uomo di pena (Pellegrinaggio). Ma fin da ora si evidenzia la sua apertura alla speranza lì dove, riconoscendosi immagine passeggera/ presa in giro immortale (Sereno), vuole illuminarsi (Perché?), abbandonato nell’infinito (Un’altra notte). Con una Preghiera ancora incerta e vaga, come ancora incerta e vaga è la sua fede, Ungaretti chiude il suo primo complesso lirico.

Il secondo complesso di poesie sono quelle raccolte nel Sentimento del tempo, sicuramente la sua opera più problematica, ove la maturazione di pensiero sui problemi umani e religiosi che sta affrontando, la presa di coscienza dell’umana fragilità, lo portano a invocare Dio. Approfondendo Pascal intuisce che tra il tutto di Dio e il nulla dell’uomo c’è la mediazione in Cristo che è il Dio-Uomo. Si colloca in questi anni la conversione del poeta: l’orrore del vuoto e il senso di assenza per la mancanza di chi possa riempirlo, lo inducono a ricorrere alla mitologia e alla categoria della memoria, nel tentativo di recuperare lo stato di felicità originaria frantumato da un’oscura colpa, di cui il poeta riconosce l’esistenza.

Ma è di fronte al mistero della morte che sboccia in lui il sentimento dell’eterno: riconoscendosi uomo ferito(La Pietà), si rivolge a Dio, Persona ormai presente, per ottenere risposte a interrogativi esistenziali: Non sarei degno di tornare in me?… Dio, coloro che ti implorano non ti conoscono più che di nome?… Di noi nemmeno più ridi… La tua legge qual è? (La Pietà). Allora stanco di urlare senza voce invoca da Dio una traccia di giustizia, la purificazione dalle sue povere emozioni, la liberazione dall’inquietudine (La Pietà).

L’ultima raccolta è Dolore in cui Ungaretti raggiunge la maturità umana e cristiana dell’uomo che si apre totalmente alla fede e alla speranza in Cristo, accettando il dolore, quello personale provocato dalla morte del fratello del figlioletto, quello universale della guerra e delle deportazioni in massa. In particolare nella lirica Mio fiume anche tu – opera centrale che esprime la chiave del rapporto Dio – speranza – si precisano gli attributi della divinità: Santo che soffri/ per liberare dalla morte i morti/E sorreggere noi infelici vivi. Il poeta non chiede più il soccorso ma celebra la propria partecipazione nel dolore: d’un pianto solo mio non piango più. Ungaretti è ora abbandonato con speranza al mistero pasquale di morte e risurrezione di Cristo che salva l’uomo dalla sua condizione di peccato e di dolore; spera che Cristo, avendo preso con il suo dolore sulle proprie spalle tutto il peso del male, garantisca la sua misericordia fino alla fine.

Veronica Tulli

Foto © InfoCilento

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