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Una fertile ferita il dolore come via per la creatività

Scritto da Veronica Socionovo il . Pubblicato in .

Esplorando il Potere  del Dolore attraverso  la MitologiaNel cuore dell’esperienza umana e naturale, la creazione non si manifesta mai come un atto isolato o privo di conflitto. Come una lumaca che, nel suo incontro rituale, trafigge il proprio partner con il gypsobelum per favorire la riproduzione, ogni atto creativo nasce da una ferita, un momento di frattura che prepara il terreno per una nuova vita. La scienza, la filosofia, la psicologia e la mitologia ci raccontano una verità comune: la sofferenza, lungi dall’essere un ostacolo, è una via di passaggio, un mezzo necessario per trasformare il dolore in qualcosa di profondo e universale.

Attraverso un’analisi che intreccia biologia, psiche, e simbolismo, esploreremo come il dolore, lontano dall’essere solo una condanna, possa rivelarsi il catalizzatore per la crescita e la creatività. La sofferenza non è un incidente: è un’opportunità, una porta che si apre verso una comprensione più profonda dell’esistenza e della nostra capacità di creare. Questo percorso trasforma la ferita in uno strumento di trasformazione e di rinascita, proprio come il gypsobelum della lumaca o la musica di Orfeo, che nasce dalla perdita, ma non finisce mai nel silenzio.

l giardino nascosto, avvolto nel silenzio, si anima di un movimento lento, quasi meditativo. Due lumache si avvicinano, tracciando spirali perfette, un rito di danza che sembra senza fine. Ma, nel cuore di questo incontro amoroso, si compie un gesto inaspettato: uno dei corpi estrae un pugnale calcificato e trafigge l’altro. Questo strumento, chiamato gypsobelum, non è un’arma nel senso comune del termine, ma un atto che porta con sé significati biologici, erotici e simbolici, un segno di una trasformazione che va oltre la semplice funzione riproduttiva.

Il gypsobelum, un dardo calcificato che alcune lumache ermafrodite utilizzano durante il loro accoppiamento, ha un ruolo fondamentale nel processo riproduttivo. Non serve a trasferire lo sperma, come si potrebbe inizialmente pensare, ma a iniettare una sostanza chimica che altera il tratto riproduttivo del partner, favorendo così la conservazione dello sperma di chi lo ha scagliato. La scienza ha finalmente svelato la funzione di questo gesto, ma la sua bellezza e complessità vanno oltre la mera spiegazione biologica. Come osservò il naturalista Marcel Rolland all’inizio del Novecento, il gypsobelum non è solo un meccanismo funzionale. Il professor Louis Germain, infatti, ipotizzò che questo gesto avesse una valenza simbolica, un atto eccitante che non serviva soltanto a “trasferire” la vita, ma a “svegliare” il desiderio, mettendo in moto un processo di creazione che richiede una frattura, una lacerazione.

Apre una riflessione profonda sulla natura della creazione, che non può prescindere da un momento di sofferenza. La ferita diventa il catalizzatore per la nascita, il punto di passaggio attraverso cui l’essere si trasforma, attraverso cui qualcosa di nuovo emerge. L’atto della lumaca, che penetra l’altro con il suo dardo per favorire la riproduzione, trova il suo parallelo nell’esperienza umana di ogni artista, che deve essere toccato da una ferita per poter creare. La creazione, dunque, non è solo il frutto di una mente che si esprime, ma di un corpo che è stato segnato da qualcosa di più grande, qualcosa che ha incrinato l’armonia iniziale, per poter dare vita a una nuova verità.

L’arte, in questo senso, è il risultato di un incontro profondo con il dolore, che non va visto come un ostacolo ma come una via di accesso a una comprensione più profonda della realtà. Ogni atto creativo nasce dalla frattura, dalla lacerazione di ciò che prima sembrava completo. La sofferenza, in questo contesto, non è una condanna ma una condizione necessaria per entrare in contatto con una parte nascosta di sé, una parte che solo attraverso la ferita può esprimersi. In fondo, come affermava Carl Gustav Jung, la creatività nasce dall’incontro con l’Ombra, quella parte di sé che contiene il dolore, la parte rimossa, ma che, se accolta, porta all’evoluzione.

Il concetto di sofferenza come motore della creatività non è nuovo e si ritrova anche in molti degli scritti di Sigmund Freud. La sublimazione, secondo Freud, è il processo mediante il quale le energie pulsionali, spesso dolorose o conflittuali, vengono trasformate in espressioni artistiche o culturali. Piuttosto che eliminare la sofferenza, l’individuo è chiamato a trasmutarla in qualcosa di superiore, qualcosa che possa essere espresso attraverso la creazione. La ferita, quindi, non solo non viene cancellata, ma diventa l’elemento che permette all’individuo di trasformarsi e di generare qualcosa di nuovo. E in questo processo di trasformazione, l’arte gioca un ruolo fondamentale: non è mai un balsamo che guarisce, ma un atto che incide, che lascia un segno indelebile nell’anima. La creazione, come il seme che germoglia nella terra arata, nasce dalla frattura, dal dolore che diventa la base su cui costruire un nuovo mondo.

Questo concetto di creazione come frutto di una ferita si ritrova anche nel mito. La figura di Orfeo, il poeta e musicista che si avventura negli Inferi per riportare in vita la sua amata Euridice, è un perfetto esempio di come la sofferenza diventi la condizione necessaria per l’espressione artistica. Orfeo, purtroppo, perde la sua amata per sempre, ma proprio da questa perdita nasce la sua arte. Il suo dolore diventa la sua forza, il punto da cui la sua musica prende vita. In questo mito, la ferita, pur essendo un’esperienza dolorosa, è anche l’ingresso a un mondo più profondo, un mondo di creazione artistica che nasce dalla trasformazione del dolore in bellezza.

Anche nel simbolismo cristiano, la ferita diventa un segno di rinascita. Il costato trafitto di Cristo, da cui sgorgano acqua e sangue, rappresenta il sacrificio che porta alla salvezza. La sofferenza, dunque, non è solo una punizione, ma una porta che si apre a qualcosa di più grande, alla possibilità di una trasformazione radicale. Questo simbolo del sacrificio che porta alla salvezza si ritrova in molte altre tradizioni religiose e culturali, come nel mito di Chirone, il centauro che guarisce proprio perché ferito. La ferita, in questi contesti, non è mai un elemento negativo, ma un catalizzatore che permette alla creazione, alla salvezza, alla conoscenza di emergere.

Il dolore, dunque, non è solo un’esperienza tragica da cui fuggire, ma una porta che si apre verso una nuova possibilità. La ferita, come un solco tracciato dalla zappa nel terreno, diventa il luogo dove la creatività può germogliare. Ogni atto creativo, che sia letterario, musicale, pittorico o cinematografico, nasce dal contatto con il dolore, dal riconoscimento della frattura che permette all’individuo di entrare in contatto con un altro livello della realtà. La sofferenza diventa, quindi, il terreno fertile da cui può nascere la creazione, che non cancella il dolore ma lo integra in un nuovo linguaggio, che può parlare a tutti, che può raggiungere l’anima di chi lo incontra.

La creazione come trasformazione del dolore è un tema che attraversa non solo la filosofia, la psicologia e la mitologia, ma anche l’esperienza quotidiana dell’individuo. Ognuno di noi, in un modo o nell’altro, deve confrontarsi con il proprio dolore, con le proprie ferite, con le proprie fragilità. Ma è proprio in questo confronto che emerge la possibilità di una nuova vita, di una nuova visione. La terapia, ad esempio, è un processo che aiuta l’individuo a integrare il dolore, a riconoscerlo come una parte fondamentale del proprio essere, non qualcosa da eliminare, ma qualcosa da trasformare. La creazione, in questo contesto, diventa una forma di resilienza, una modalità di trasformare il trauma in qualcosa di positivo, di vitale.

Il gypsobelum della lumaca, in questo senso, diventa una potente metafora della creatività. La ferita che essa infligge non è fine a sé stessa, ma è la condizione che permette la creazione di una nuova vita. L’artista umano, come la lumaca, deve attraversare la propria ferita per poter generare. La creatività non nasce mai da una condizione di serenità, ma da un atto di lacerazione, da un passaggio attraverso la sofferenza che apre una porta verso una nuova possibilità. L’arte non consola, non guarisce, ma segna un incontro profondo con il dolore, che, trasformato, diventa una forza generativa, capace di produrre qualcosa che va oltre la singola esperienza dell’artista, che tocca l’universale, che parla a tutti.

Ogni creazione è, quindi, il frutto di un passaggio attraverso la frattura, attraverso la lacerazione che porta a una nuova vita. Il dolore non è solo una condanna, ma una possibilità, il punto in cui qualcosa di nuovo può finalmente nascere. La creatività, come ogni atto che implica una trasformazione, non elimina il dolore ma lo integra in un linguaggio che può parlare a tutti. Ogni ferita è una possibilità di trasformazione, e ogni creazione nasce da quel punto di incontro tra l’essere e il suo dolore, dove si svela la potenza della rinascita.

Veronica Socionovo

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