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Unità dell’Italia, e non solo Bellissima espressione geografica modellata dagli elementi della natura la Terra e il Mare

Napoli e i “napolitani”, pensiamo ai fratelli Imbriani citati al termine di questa presentazione dall’Autore, hanno sempre mostrato interesse per altre città d’Italia e per regioni fuori dallo Stato unitario. Fuori ma a vicende alterne dalla lontana prima unificazione di Cesare Ottaviano Augusto, poi con la grande estensione degli Stati regionali italiani ben oltre i confini geografici tanto lungo la catena alpina orientale che occidentale (pensiamo alla antica Casa Savoia dei primi re d’Italia, al Regno del Sud ricordato borbonico ma anche nei secoli Normanno, Svevo, Angioino… e alla Repubblica di Venezia)  nella storia bimillenaria dei confini della Madrepatria dai tempi della prima Unità, durante le fasi della formazione dell’Italia, non solo la Bellissima espressione geografica – non doveva ricordarcelo il Metternich ! – modellata dagli elementi della natura Terra e Mare, dalla catena delle Alpi fino alla dorsale degli Appennini e le grandi e piccole Isole. Formazione geopolitica in regioni già Augustee con il passaggio delle consegne istituzionali da formazione Repubblica a Roma imperiale.

Raffaele Panico

 “Questioni di Identità” è una collana editoriale diretta da Carlo Silvano che pone l’accento sull’identità culturale delle comunità erose dall’emigrazione e da altri simili fenomeni sociali, e nella presentazione così scrive: “Se da un lato i flussi migratori generano un ulteriore impoverimento delle aree di partenza – private di potenziale forza lavoro -, dall’altra portano linfa a comunità che necessitano di risorse umane. In questa collana si raccolgono soprattutto documenti e testimonianze di quanti hanno vissuto lontano dalla propria patria, per contribuire a costruire un mondo dove tutti si sentano a “casa propria”. Carlo Silvano ha poi editato nel 2019 “Breve storia di Nizza e di altri territori italofoni” Con un saggio su Caterina Segurana di Achille Ragazzoni e la Presentazione dell’avvocato Agostino La Rana Vicepresidente Associazione culturale “Nizza italiana” datata da Napoli febbraio del 2012.

La pubblicazione ha ottenuto il patrocinio morale del Circolo di lettura “Anna Gnesa” di Pollena Trocchia (Napoli), affiliato all’Associazione culturale “Nizza italiana”. Anna Gnesa (1904-1986), scrittrice svizzera di lingua italiana, si impegnò soprattutto come insegnante ed ambientalista. Anna Gnesa pubblicò “Questa valle” (1974, ristampato nel 1999) e “Lungo la strada” (1978, ristampato nel 2001).

Carlo Silvano “Breve storia di Nizza e di altri territori italofoni”: carlo.silvano@poste.it https://carlosilvano.blogspot.it/ ISBN: 978-88-31645-48-5 Youcanprint Self-Publishing

Riportiamo alcuni stralci:

[…] “affrontare questi argomenti, questi drammi, è importante non solo per una questione di giustizia, ma anche perché non si può parlare delle cosiddette pulizie etniche subite dagli italiani, ad esempio in Istria e Dalmazia, e chiudere gli occhi sulle tragedie che oggi altri popoli sono costretti a subire”.

Pensiamo ai conflitti dell’Europa orientale nel Donbass e a Lugansk, o la trentennale guerra tra Armenia e Arzebaigian per la regione autonoma del Nagorno-Karabakh. E l’Italia che fa? Sonnecchia, volge lo sguardo altrove, mentre dovrebbe farsi interprete della maggiore espressione di integrazione europea compiuta come avviene nella nostra italiana Regione del Trentino Alto Adige dove cittadini della Repubblica italiana di lingua italiana, tedesca arrivati con Maria Teresa d’Austria e ben accolti da Noi e gli antichi ladini o romanci come Noi da sempre autoctoni, sono liberi di pensare e vivere con propri usi costumi di chiari sentimenti europei.  

 Nel redigere queste belle pagine Carlo Silvano scrive: “Credo che dalla conoscenza dell’italianità di quelle città, isole e regioni che vengono descritte nelle pagine che seguono, potremo un po’ tutti trovare non solo un maggior orgoglio nell’appartenere alla nazione italiana, ma anche un maggior vigore per impegnarci nelle nostre realtà quotidiane in difesa delle persone più deboli. Per dare il mio contributo allo studio e alla tutela delle regioni irredente, con alcuni amici ho fondato l’Associazione culturale “Nizza italiana”, di cui, in appendice a questo volume, è stato inserito l’Atto costitutivo e lo Statuto, che, tra i suoi fini, annovera appunto la promozione dell’identità storico-culturale e linguistica italiana, sviluppando nei confini geografici italiani il sentimento d’italianità e alimentando i legami socio-culturali dei connazionali all’estero con la madre patria”.

Così nell’introduzione Carlo Silvano a Villorba, scrive il 20 marzo 2012.

Volumi pubblicati CARLO SILVANO, a cura, “Una memoria per gli emigranti” (Ogm 2007). OLIVO BOLZON, “Diario. Un prete della diocesi di Treviso racconta la propria esperienza come spazzino nella città di Colonia nel 1964” (Ogm 2007). OLIVO BOLZON – MARISA RESTELLO, a cura, “Memoria di realtà intraviste” (Edizioni del noce 2008). AA.VV., “Lungo le sponde del torrente Giavera” (Studio editoriale Carlo Silvano 2011). CARLO SILVANO, “Breve storia di Nizza e di altri territori italofoni” (Edizioni del noce 2012). Ringrazio quanti a vario titolo hanno reso possibile la pubblicazione di questo volume, che dedico ai miei familiari e agli iscritti all’Associazione culturale “Nizza italiana”. Un grazie particolare a Giulio Vignoli e ad Achille Ragazzoni per i loro preziosi consigli. Avv. Agostino La Rana Vicepresidente Associazione culturale “Nizza italiana” Napoli, febbraio 2012

Riportiamo ancora uno stralcio significativo del saggio corredato da numerose note bibliografiche.

“Questi appunti sono indirizzati a quanti, a vario titolo, sono interessati a conoscere l’italianità della città di Nizza, che, insieme alla sua Contea e alla Savoia, fu ceduta alla Francia come prezzo per ottenerne l’appoggio militare nel cammino dell’unificazione della nostra Penisola. Altri brevi capitoli di questo volume sono invece dedicati alle regioni italiane definite irredente, ovvero quei territori che, pur essendo geograficamente italiani e avendo una storia e un passato culturale che li accomuna, anche per un lungo periodo, alla nostra nazione, rientrano attualmente nei confini politici di altri Stati. In particolare, per regioni irredente si intendono la città di Nizza col suo territorio, la Savoia e la Corsica (Francia), il Canton Ticino e alcune valli dei Grigioni (Svizzera), l’Istria e la Dalmazia (ex Jugoslavia) e l’arcipelago di Malta. All’estero, e purtroppo anche in Italia, ci sono luoghi comuni e stereotipi che non alimentano il senso della nostra unità nazionale, la quale, in questi ultimi venti anni, è stata anche ferocemente contrastata da partiti e movimenti politici sorti soprattutto nell’Italia settentrionale. L’intraprendenza industriale e le ricchezze morali e culturali del Bel Paese sono inficiate dalla corruzione che dilaga nelle strutture pubbliche a causa di scellerati accordi tra politici, imprenditori e mafiosi, e anche la gerarchia della Chiesa cattolica, in questi ultimi tempi, non appare credibile a larghi strati della popolazione italiana. In generale, sembra che nel nostro Paese a farla da vincitori siano i soliti furbi, che appartengono ad ogni categoria lavorativa e ad ogni classe sociale. Non meraviglia allora che ogni anno, tra i cinquantamila e i settantamila giovani italiani appena diplomati o laureati abbandonino il nostro Paese in cerca di un’occupazione all’estero, per non essere costretti a ricorrere a raccomandazioni e ad altri aiuti similari, ma, soprattutto, animati dal desiderio di trovare ambienti sociali e culturali che siano autenticamente a misura d’uomo. In un’Italia che invecchia a causa di un basso tasso di natalità, corrotta da politici accusati di ogni genere di reato, con imprenditori che portano le proprie attività produttive in Paesi dove i lavoratori non hanno diritti, e dove i cattolici – che appartengono alla maggiore religione praticata nel Paese – fanno fatica a seguire quei valori etici e morali che essi stessi indicano ai connazionali, parlare di irredentismo può non solo sembrare anacronistico, ma anche deleterio, perché, secondo il sentire comune, può mettere a repentaglio quell’unità europea e quell’armonia tra i Paesi occidentali che oggi sembrano l’unica ancora di salvezza per uscire dalla crisi economica. E come si può pensare, poi, di rammentare l’italianità di città come Nizza e Fiume o di regioni come l’Istria e la Corsica, quando tanti italiani si vergognano di essere tali? E non manca pure chi – a torto o a ragione – sostiene che se certe città e regioni non conoscono, ad esempio, la cementificazione selvaggia e i fenomeni criminosi come la mafia, lo devono proprio alla loro appartenenza politica a Stati che li hanno preservati da questi mali. Non è questa la sede per discutere tali aspetti, anche perché “la storia non si fa con i se”, ed è opportuno, invece, precisare cosa si intende per “irredentismo”. Al riguardo, ritengo che la migliore spiegazione sia quella che segue: «Il termine irredentismo indica l’aspirazione di un popolo a completare la propria unità territoriale nazionale, acquisendo terre soggette al dominio straniero (terre irredente) sulla base di un’identità etnica o di un precedente legame storico. L’irredentismo può essere inteso in un duplice modo: da un lato come il desiderio di alcuni popoli che, vivendo in una terra soggetta all’autorità di un certo Stato, vogliono distaccarsene per entrare a far parte dello Stato del quale sentono la paternità e l’origine, ovvero costituire un proprio Stato nazionale; dall’altro come la motivata pretesa territoriale di uno Stato su una 8 parte del territorio di un altro Stato. Non sempre le dispute territoriali sono in realtà irredentiste, ma spesso vengono presentate come tali per conquistare il sostegno internazionale e dell’opinione pubblica. L’espressione “terre irredente”, cioè non liberate, fu utilizzata la prima volta dal patriota e uomo politico italiano Matteo Renato Imbriani, nel 1877, ai funerali del padre Paolo Emilio; un giornalista viennese lo definì subito “irredentista” per dileggiarlo. Il termine è stato acquisito nella forma italiana anche da altre lingue». Alla luce di questa definizione, il termine “irredentista” non si identifica con quello, ad esempio, di “guerrafondaio” o “fascista”, così come si vorrebbe in certi ambienti; piuttosto, si può cogliere l’occasione per sostenere che per far sì che la madre patria diventi una sorta di calamita, così da attirare a sé le cosiddette regioni irredente, bisogna impegnarsi affinché la nostra società migliori sotto tutti gli aspetti, e offra a tutti concrete garanzie per una piena crescita morale ed economica”.

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