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Il ruolo dei media al tempo delle guerre ibride

Informazione e disinformazione nella lunga transizione uni-multipolare *

Raffaele Panico

Il seminario inizia con un’immagine molto forte, da medioevo, della peggiore inquietante Inquisizione, è una citazione tratta da una TV panaraba delle cosiddette petrol-monarchie del Golfo. In Occidente tale monito non è stato mai ascoltato dal 2011, rimosso semplicemente non considerato. E non si fa altro che festeggiare i vari D Day, lo Sbarco in Normandia, in Sicilia e ad Anzio contro i nazisti, il Terzo Reich e ci ritroviamo in una sorta di Quarto Reich. A ben vedere si preferisce così, è il tabù della guerra e della pace dovuto alla intossicazione da informazione. E la percezione della guerra anzi delle guerre subisce una curvatura spazio-temporale. Il resoconto “main stream” a volte diventa decisivo per lo sviluppo delle fasi delle guerre a partire dagli ultimi tre decenni e ha costituito una vera e propria arma al servizio di una delle parti in causa.

Proviamo a fare “Il Pastone” che era un pezzo in voga nel secondo dopoguerra, e solo nella stampa italiana, nato da esigenze di carenza di carta per stampare i giornali, si doveva così condensare tutto in un pezzo, bisognava leggere tra le righe il pastone, qui citato solo per riassumere una panoramica d’assieme con l’accezione positiva.  

È lontano il Vietnam, lontana la Cambogia di Pol Pot, la battaglia d’Algeri… l’Afghanistan dove i sovietici erano contrastati dai cosiddetti ribelli di allora; lontano il decennio di guerra Iraq-Iran… nell’insieme del contesto Guerra Fredda, la Guerra Calda continuava. Con la caduta del Muro di Berlino, quest’anno ricorre il trentennale, la chiusura del capitolo della Guerra Fredda apre contemporaneamente un nuovo corso, quello delle guerre ibride, dopo la fine dell’Unione sovietica. Iniziate le guerre civili che insanguinarono la Federazione jugoslava, iniziava un nuovo corso con la guerra “umanitaria” della NATO, per il Kosovo e, via via, si approdava alla guerra globale al terrore dell’amministrazione Bush, nel 2003 dopo la prima Guerra del Golfo – per il Kuwait, in Iraq e in Afghanistan, a pieno titolo guerra preventiva e a copertura ideologica di rivoluzioni colorate, sino ad arrivare con la cosiddetta Primavera araba all’attuale tragedia in Libia e in Siria. Le guerre ibride vedono l’utilizzo di armi anche pesanti e mezzi aerei ad alto impatto distruttivo, come nel XX secolo, ma con una pervasività per l’utilizzo delle nuove tecnologie, in particolare di quelle mediatiche che banalizzano da un lato la tragedia e la morte, o ne rimuovono di peso passaggi fondamentali. Così il Web diventa il centro della battaglia della guerra ibrida. Un capitolo a parte andrebbe considerato su come i media, nel volgere di poche settimane se non giorni, riescano a ribaltare personalità e capi di Stato come Saddam Hussein, Gheddafi o Bashar Assad, quest’ultimo premiato ufficialmente dall’Italia e Francia e poi considerato un pericoloso dittatore. Saddam, che combatteva contro l’Iran dal 1979 fino all’89 tollerante con i cristiani, con il ministro Tareq Aziz cristiano, un regime in fondo vicino all’Occidente dal 2003 diventa il cattivo, mostrato in divisa militare da eliminare. E il giornalista che si occupa di storia, di culture e civiltà di geopolitica che fa? O opera con il discernimento e coraggio per vocazione del suo mestiere o, se il caso, si adagia al vecchio detto che sembrava appiccicato solo agli italiani – quel “tengo famiglia, devo fare mangiare moglie e figli, ho bisogno dello stipendio”, incollato all’italiano tipo proprio dai vincitori del secondo conflitto mondiale, quelli che ricordano i vari D-Day con i vari sbarchi e le varie Dresda bruciata al fosforo, o Napoli distrutta sotto le fortezze volanti anglo-americane. Si ricordano certo che contro i nazisti sono poi riusciti giusto a de-nazificare, ma non si avvedono che una certa ragionevolezza e proporzione storica e geopolitica è fondamentale, dopo aver creato il vuoto nell’anima dell’intera Europa che conta oltre 50 paesi e nazioni dall’Atlantico agli Urali. E non si accorgono sembra, che se la de-nazificazione è riuscita ieri, oggi la de-radicalizzazione non sembra funzionare, come non funziona più l’Onu come già la Società della Nazioni negli anni Trenta. Temi importanti come la propaganda e la contropropaganda politica che serviva alla denigrazione del nemico, ma oggi assistiamo ad altra cosa all’oscuramento della notizia. I giornali non fanno più informazione ma sono solo supporto alla pubblicità e fanno marketing. L’America oggi si ritira dagli scenari prima occupati, come negli anni Venti dopo la Presidenza Wilson, ma un fatto è essenziale a fare differenza: è tornata la Russia, allora uscita nel 1917 dalla guerra mondiale e con Lenin e poi Stalin, dopo l’impero zarista, era la superpotenza proscritta, fuori dagli schemi almeno fino al 1939, dopo il Patto di Monaco 1938 tra i 4 grandi Inghilterra, Francia, Italia e Germania, scoprendo poi essere la superpotenza risolutiva che ha distrutto ben il 90% dell’esercito nazista e non celebra D-Day ma il giorno 9 Maggio 1945 della Grande guerra patriottica e il Battaglione degli Immortali, dato che ha perso 26 milioni di cittadini la Russia e che ha messo, manu militari, fine ai giochetti transatlantici.   

Roma, presso la Sala Tatarella, Palazzo dei gruppi parlamentari, Camera dei Deputati  nella mattinata di ieri 22 ottobre 2019 hanno partecipato:   

Vision & Global Trends. International Institute for Global Analyses – in collaborazione con Pino Cabras, deputato del Movimento 5 Stelle – ha organizzato il seminario di studio con lo scopo di riflettere sul ruolo dell’informazione, in particolare sul suo crescente asservimento alle logiche di potere e sugli strumenti per contrastare tale deriva. Hanno partecipato: Manlio Di Stefano, sottosegretario – MAECI, Pino Cabras, deputato Movimento 5 Stelle – Commissione Esteri, Camera dei Deputati Tiberio Graziani, presidente – Vision & Global Trends, Giorgio Bianchi, fotoreporter, documentarista, saggista, Alberto Negri, giornalista, saggista,  Franco Oliva, saggista Luciano Cerasa, giornalista d’inchiesta, autore di Balle planetarie Filippo Romeo, analista – Vision & Global Trends Lisa Caramanno, analista – Vision & Global Trends, Padre Jean-Marie Benjamin, saggista, compositore, regista, già funzionario Unicef, Fabio Mini, generale di C.A. in ausiliaria, già Capo di Stato Maggiore dell’AFsouth (NATO) e Comandante della KFOR Ennio Remondino, inviato di guerra, Giulietto Chiesa, Pandora Tv, Thierry Meyssan, saggista, presidente e fondatore di Réseau Voltaire in collegamento via skype.

 

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